Benvenuti

Questo blog è uno spazio per aiutarsi a riprendere a pensare da cattolici, alla luce della vera fede e della sana dottrina, cosa che la società moderna sta completamente trascurando se non perseguitando. Un aiuto (in primo luogo a me stesso) a restare sulla retta via e a continuare a camminare verso Gesù Cristo, Via Verità e Vita.
Ogni suggerimento e/o contributo in questa direzione è ben gradito.
Affido allo Spirito Santo di Dio, a Maria Santissima, al Sacro Cuore di Gesù e a San Michele Arcangelo questo lavoro di testimonianza e apostolato.
Un caro saluto a tutti e un sentito ringraziamento a chi vorrà contribuire in qualunque modo a questa piccola opera.

S. Giovanni Paolo II

Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata... Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità di distruggere la vita non nata...Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio... Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio viene abbandonata all'egoismo umano... e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale... Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell'individuo ma anche per quello della società... Ci alzeremo quando la libertà viene usata per dominare i deboli, per dissipare le risorse naturali e l'energia e per negare i bisogni fondamentali alle persone e reclameremo giustizia... Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto.

domenica 22 febbraio 2015

Giussani, uomo di Dio (Contributi 994)

Ricorrendo il decimo anniversario della scomparsa di Mons. Luigi Giussani, vi segnalo un articolo di Mons. Camisasca dal sito della Fraternità Sacerdotale San Carlo:

Don Giussani è stato un genio dell’umano. A questa conoscenza dell’uomo egli è arrivato attraverso molte strade. Certamente attraverso una sua capacità di osservazione e penetrazione, attraverso l’ascolto, ma anche attraverso tanti maestri: i suoi insegnanti di seminario; i grandi della letteratura, della musica, dell’arte; e anche noi stessi, perché egli ha accettato di imparare (quasi di rubare) qualcosa da chiunque. La sua conoscenza dell’uomo, che ha descritto ne Il senso religioso attraverso un’apologia della ragione e del cuore, lo ha reso capace di dire cose che possono interessare persone di ogni cultura, etnia, tradizione. È stato un uomo che cercava se stesso in ogni uomo, curioso dell’umanità di tutti e assieme un uomo che mendicava Cristo in ogni cosa. Così ne è diventato testimone. In lui ogni istante era avvenimento. Lo animava profondamente la tensione a non vivere mai nulla come scontato, come abitudine, ma come domanda a una Presenza.
L’opera dello Spirito suscita il dono di ciascuno. Don Giussani ha contribuito a suscitare il dono personale in migliaia e migliaia di uomini e donne. Non ha creato una realtà massificata, in cui tutti erano uguali, come sotto un coperchio, ma ha generato una realtà variegata, ricca delle personalità diverse che lui ha evocato e che ha condotto all’unità. Questa è veramente l’opera divina. I grandi uomini della terra sono capaci di chiamare al proprio fianco persone valide, ma non sono capaci di condurre a unità le differenze. Invece il segno profondo che ciò che è nato intorno a don Giussani è opera dello Spirito, è proprio l’unità. Egli ha creato un popolo. Questo è profondamente divino.
La potenza culturale di don Giussani era enorme. Descriveva fin dall’inizio la sua idea di cultura commentando la frase di san Paolo ai Tessalonicesi: Vagliate ogni cosa, trattenete ciò che è buono (1Ts 5, 21). Ci ha educati a fare della fede un incontro con la realtà.
Dall’incontro con Cristo per Giussani nasce una cultura nuova, chiamata ad incidere negli ambienti in cui vivono gli uomini. Essa divenne una delle tre dimensioni che, insieme alla carità e alla missione, costituì l’anima della nuova GS nata intorno a lui.
Ci ha sempre educati alla carità. Tutto infatti nasce dalla carità, dal nostro cuore che accetta di condividere la vita con quella degli altri, come Dio ha condiviso la nostra. Le opere di carità nate da don Giussani sono tantissime: scuole, centri di accoglienza, associazioni di famiglie, iniziative missionarie. Già dalla fine degli anni Sessanta aveva pensato a una missione in Brasile. Fu sicuramente un’apertura importante perché egli era convinto della necessità della missione come vero ecumenismo: condividere con altri fratelli che vivono in orizzonti lontani e diversi quello che viviamo noi.
Tutta l’esistenza di Giussani è stata dedicata a documentare il metodo della trasmissione del cristianesimo. Una sintonia impressionante con quello che fu il tentativo del Concilio Vaticano II, un concilio pastorale voluto per indicare la strada attraverso cui vivere il cristianesimo. Desiderava lanciare i giovani verso il futuro, voleva portare un cambiamento, non una rivoluzione, una novità nella continuità. Tema centrale di questo passaggio verso una tradizione rinnovata è stato l’esperienza dell’autorità. Egli ne fu un estremo sostenitore, soprattutto dopo il Sessantotto, quando essa fu duramente contestata. Era fermamente convinto che senza autorità non c’è educazione, perché educare è trasmettere qualcosa che si è ricevuto. Combatté tuttavia anche ogni forma di autoritarismo e di clericalismo, mettendo in luce il valore affettivo dell’autorità.
Don Giussani resta presente in mezzo a noi in molti modi. Attraverso il suo insegnamento, che è ben lungi dall’essere stato scoperto in modo esauriente. Attraverso l’opera di conversione di intere esistenze umane. Un insegnamento vero, autentico, mira infatti al cambiamento dell’esistenza. Resta presente, dunque, attraverso il popolo che da lui è nato. Attraverso tutto ciò che il fiume dello Spirito, incontrandosi con la storia, farà sorgere ancora dal suo dono.
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Domenica 1^ Quaresima "B" 22/2/2015 (Angelus 236)

Cari fratelli e sorelle buongiorno!
Mercoledì scorso, con il rito delle Ceneri, è iniziata la Quaresima, e oggi è la prima domenica di questo tempo liturgico che fa riferimento ai quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto, dopo il battesimo nel fiume Giordano. Scrive san Marco nel Vangelo odierno: «Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano» (1,12-13). Con queste scarne parole l’evangelista descrive la prova affrontata volontariamente da Gesù, prima di iniziare la sua missione messianica. È una prova da cui il Signore esce vittorioso e che lo prepara ad annunciare il Vangelo del Regno di Dio. Egli, in quei quaranta giorni di solitudine, affrontò Satana “corpo a corpo”, smascherò le sue tentazioni e lo vinse. E in Lui abbiamo vinto tutti, ma a noi tocca proteggere nel nostro quotidiano questa vittoria.
La Chiesa ci fa ricordare tale mistero all’inizio della Quaresima, perché esso ci dà la prospettiva e il senso di questo tempo, che èun tempo di combattimento - nella Quaresima si deve combattere - un tempo di combattimento spirituale contro lo spirito del male(cfr Orazione colletta del Mercoledì delle Ceneri). E mentre attraversiamo il “deserto” quaresimale, noi teniamo lo sguardo rivolto alla Pasqua, che è la vittoria definitiva di Gesù contro il Maligno, contro il peccato e contro la morte. Ecco allora il significato di questa prima domenica di Quaresima: rimetterci decisamente sulla strada di Gesù, la strada che conduce alla vita. Guardare Gesù, cosa ha fatto Gesù, e andare con Lui.
E questa strada di Gesù passa attraverso il deserto. Il deserto è il luogo dove si può ascoltare la voce di Dio e la voce del tentatore. Nel rumore, nella confusione questo non si può fare; si sentono solo le voci superficiali. Invece nel deserto possiamo scendere in profondità, dove si gioca veramente il nostro destino, la vita o la morte. E come sentiamo la voce di Dio? La sentiamo nella sua Parola. Per questo è importante conoscere le Scritture, perché altrimenti non sappiamo rispondere alle insidie del maligno. E qui vorrei ritornare sul mio consiglio di leggere ogni giorno il Vangelo: ogni giorno leggere il Vangelo, meditarlo, un pochettino, dieci minuti; e portarlo anche sempre con noi: in tasca, nella borsa… Ma tenere il Vangelo a portata di mano. Il deserto quaresimale ci aiuta a dire no alla mondanità, agli “idoli”, ci aiuta a fare scelte coraggiose conformi al Vangelo e a rafforzare la solidarietà con i fratelli.
Allora entriamo nel deserto senza paura, perché non siamo soli: siamo con Gesù, con il Padre e con lo Spirito Santo. Anzi, come fu per Gesù, è proprio lo Spirito Santo che ci guida nel cammino quaresimale, quello stesso Spirito sceso su Gesù e che ci è stato donato nel Battesimo. La Quaresima, perciò, è un tempo propizio che deve condurci a prendere sempre più coscienza di quanto lo Spirito Santo, ricevuto nel Battesimo, ha operato e può operare in noi. E alla fine dell’itinerario quaresimale, nella Veglia Pasquale, potremo rinnovare con maggiore consapevolezza l’alleanza battesimale e gli impegni che da essa derivano.
La Vergine Santa, modello di docilità allo Spirito, ci aiuti a lasciarci condurre da Lui, che vuole fare di ciascuno di noi una “nuova creatura”.
A Lei affido, in particolare, questa settimana di Esercizi Spirituali, che avrà inizio oggi pomeriggio, e alla quale prenderò parte insieme con i miei collaboratori della Curia Romana. Pregate perché in questo “deserto” che sono gli Esercizi possiamo ascoltare la voce di Gesù e anche correggere tanti difetti che tutti noi abbiamo, e fare anche fronte alle tentazioni che ogni giorno ci attaccano. Vi chiedo pertanto di accompagnarci con la vostra preghiera.

Dopo l'Angelus:
Cari fratelli e sorelle,
rivolgo un cordiale saluto alle famiglie, ai gruppi parrocchiali, alle associazioni e a tutti i pellegrini di Roma, dell’Italia e di diversi Paesi.
Saluto i fedeli di Napoli, Cosenza e Verona, e i ragazzi di Seregno venuti per la professione di fede.
La Quaresima è un cammino di conversione che ha come centro il cuore. Il nostro cuore deve convertirsi al Signore. Perciò, in questa prima domenica, ho pensato di regalare a voi che siete qui in piazza un piccolo libretto tascabile dal titolo “Custodisci il cuore”. E’ questo [lo mostra]. Questo libretto raccoglie alcuni insegnamenti di Gesù e i contenuti essenziali della nostra fede, come ad esempio i sette Sacramenti, i doni dello Spirito Santo, i dieci comandamenti, le virtù, le opere di misericordia, eccetera. Ora lo distribuiranno i volontari, tra i quali ci sono numerose persone senzatetto, che sono venute in pellegrinaggio. E come sempre anche oggi qui in piazza coloro che sono nel bisogno sono loro stessi a portarci una grande ricchezza: la ricchezza della nostra dottrina, per custodire il cuore. Prendete un libretto per ciascuno e portatelo con voi, come aiuto per la conversione e la crescita spirituale, che parte sempre dal cuore: lì dove si gioca la partita delle scelte quotidiane tra bene e male, tra mondanità e Vangelo, tra indifferenza e condivisione. L’umanità ha bisogno di giustizia, di pace, di amore e potrà averle solo ritornando con tutto il cuore a Dio, che è la fonte di tutto questo. Prendete il libretto, e leggetelo tutti.
Auguro a tutti una buona domenica. Per favore, specialmente in questa settimana degli Esercizi, non dimenticate di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!
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Domenica 6^ t.ord. "B" 15/2/2015 (Angelus 235)

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
In queste domeniche l’evangelista Marco ci sta raccontando l’azione di Gesù contro ogni specie di male, a beneficio dei sofferenti nel corpo e nello spirito: indemoniati, ammalati, peccatori… Egli si presenta come colui che combatte e vince il male ovunque lo incontri. Nel Vangelo di oggi (cfr Mc 1,40-45) questa sua lotta affronta un caso emblematico, perché il malato è un lebbroso. La lebbra è una malattia contagiosa e impietosa, che sfigura la persona, e che era simbolo di impurità: il lebbroso doveva stare fuori dai centri abitati e segnalare la sua presenza ai passanti. Era emarginato dalla comunità civile e religiosa. Era come un morto ambulante.
L’episodio della guarigione del lebbroso si svolge in tre brevi passaggi: l’invocazione del malato, la risposta di Gesù, le conseguenze della guarigione prodigiosa. Il lebbroso supplica Gesù «in ginocchio» e gli dice: «Se vuoi, puoi purificarmi» (v. 40). A questa preghiera umile e fiduciosa, Gesù reagisce con un atteggiamento profondo del suo animo: la compassione. E “compassione” è una parola molto profonda: compassione che significa “patire-con-l’altro”. Il cuore di Cristo manifesta la compassione paterna di Dio per quell’uomo, avvicinandosi a lui e toccandolo. E questo particolare è molto importante. Gesù «tese la mano, lo toccò … e subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato» (v. 41). La misericordia di Dio supera ogni barriera e la mano di Gesù tocca il lebbroso. Egli non si pone a distanza di sicurezza e non agisce per delega, ma si espone direttamente al contagio del nostro male; e così proprio il nostro male diventa il luogo del contatto: Lui, Gesù, prende da noi la nostra umanità malata e noi prendiamo da Lui la sua umanità sana e risanante. Questo avviene ogni volta che riceviamo con fede un Sacramento: il Signore Gesù ci “tocca” e ci dona la sua grazia. In questo caso pensiamo specialmente al Sacramento della Riconciliazione, che ci guarisce dalla lebbra del peccato.
Ancora una volta il Vangelo ci mostra che cosa fa Dio di fronte al nostro male: Dio non viene a “tenere una lezione” sul dolore; non viene neanche ad eliminare dal mondo la sofferenza e la morte; viene piuttosto a prendere su di sé il peso della nostra condizione umana, a portarla fino in fondo, per liberarci in modo radicale e definitivo. Così Cristo combatte i mali e le sofferenze del mondo: facendosene carico e vincendoli con la forza della misericordia di Dio.
A noi, oggi, il Vangelo della guarigione del lebbroso dice che, se vogliamo essere veri discepoli di Gesù, siamo chiamati a diventare, uniti a Lui, strumenti del suo amore misericordioso, superando ogni tipo di emarginazione. Per essere “imitatori di Cristo” (cfr 1 Cor11,1) di fronte a un povero o a un malato, non dobbiamo avere paura di guardarlo negli occhi e di avvicinarci con tenerezza e compassione, e di toccarlo e di abbracciarlo. Ho chiesto spesso, alle persone che aiutano gli altri, di farlo guardandoli negli occhi, di non avere paura di toccarli; che il gesto di aiuto sia anche un gesto di comunicazione: anche noi abbiamo bisogno di essere da loro accolti. Un gesto di tenerezza, un gesto di compassione… Ma io vi domando: voi, quando aiutate gli altri, li guardate negli occhi? Li accogliete senza paura di toccarli? Li accogliete con tenerezza? Pensate a questo: come aiutate? A distanza o con tenerezza, con vicinanza? Se il male è contagioso, lo è anche il bene. Pertanto, bisogna che abbondi in noi, sempre più, il bene. Lasciamoci contagiare dal bene e contagiamo il bene!

Dopo l'Angelus:
Cari fratelli e sorelle,
rivolgo un augurio di serenità e di pace a tutti gli uomini e le donne che nell’Estremo Oriente e in varie parti del mondo si preparano a celebrare il capodanno lunare. Tali festività offrono loro la felice occasione di riscoprire e di vivere in modo intenso la fraternità, che è vincolo prezioso della vita familiare e basamento della vita sociale. Questo ritorno annuale alle radici della persona e della famiglia possa aiutare quei Popoli a costruire una società in cui si tessono relazioni interpersonali improntate a rispetto, giustizia e carità.
Saluto tutti voi, romani e pellegrini; in particolare, quanti siete venuti in occasione del Concistoro, per accompagnare i nuovi Cardinali; e ringrazio i Paesi che hanno voluto essere presenti a questo evento con Delegazioni ufficiali. Salutiamo con un applauso i nuovi Cardinali!
Saluto i pellegrini spagnoli provenienti da San Sebastián, Campo de Criptana, Orense, Pontevedra e Ferrol; gli studenti di Campo Valongo e Porto, in Portogallo, e quelli di Parigi; il “Foro delle Istituzioni Cristiane” della Slovacchia; i fedeli di Buren (Olanda), i militari statunitensi di stanza in Germania e la comunità dei venezuelani residenti in Italia.
Saluto i giovani di Busca, i fedeli di Leno, Mussoi, Monteolimpino, Rivalta sul Mincio e Forette di Vigasio. Sono presenti molti gruppi scolastici e di catechesi da tante parti d’Italia - vedo i cresimandi di Galzignano… -. Carissimi, vi incoraggio ad essere testimoni gioiosi e coraggiosi di Gesù nella vita di ogni giorno.
A tutti voi auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticate di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!
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giovedì 12 febbraio 2015

Madonna di Lourdes (Contributi 993)

Vi propongo un intervento (del 6/2/1965) di Plinio Corrêa de Oliveira su Maria di Lourdes.


Siamo nella novena alla Madonna di Lourdes. Qui gli eventi sono ricchi di importanti lezioni per noi. Una lezione riguarda la sofferenza.
A Lourdes si palesano due atteggiamenti della Provvidenza di fronte alla sofferenza umana. Anche se, in superficie, possono sembrare contraddittori, ognuno di essi ha una ragion d’essere che si armonizza ammirevolmente con l’altra nella perfezione dei piani divini.
Da un lato, l’atteggiamento più in vista della Madonna a Lourdes è la pietà per il dolore degli uomini. Ella ascolta le loro suppliche e fa miracoli per liberarli dalle pene che li affliggono. La Madonna ha pure pietà delle anime. Per dimostrare la veracità della Fede cattolica, Ella a volte opera il miracolo di convertire i peccatori.
D’altra parte, notiamo a Lourdes un atteggiamento apparentemente opposto. Innumerevoli malati si recano a Lourdes, e tornano a casa senza essere guariti. Anzi, sono essi la stragrande maggioranza. Perché la Madonna guarisce alcuni e non altri? Qual è il mistero? È facile capire perché alcune persone siano guarite. Ma, qual è il mistero per cui altri non sono guariti?
Anche in questo caso vi è una grande lezione per noi. Nel primo caso, la lezione è chiara: con la sua bontà, la Madonna vuole dimostrare che Ella è nostra madre, una mamma che ha pietà dei nostri dolori, una mamma che vuole operare meraviglie per noi. Qual è, invece, la lezione nei casi in cui i malati tornano a casa senza essere guariti? Qual è la ragione più profonda di questo? Secondo me, è qui che risiede uno dei miracoli più stupendi di Lourdes.
Se analizziamo con attenzione questo secondo caso, ci rendiamo conto come, per la stragrande maggioranza delle anime, la sofferenza sia necessaria per la santificazione. Le malattie sono spesso necessarie per la nostra santificazione. È per mezzo delle malattie, e delle prove spirituali che le accompagnano, che una persona si santifica. È ammirevole il ruolo della sofferenza e del dolore nell’operare il distacco delle anime dai beni terreni, indirizzandole verso l’amore di Dio. Chi non capisce il valore rigenerativo della sofferenza non capisce nulla. È così che le anime si santificano. San Francesco di Sales giunse ad affermare che la sofferenza è l’ottavo Sacramento. Cioè, la sofferenza è così importante nella vita spirituale di un cristiano che è come se fosse un ottavo Sacramento.
Il cardinale Pedro Segura, col quale mi sono incontrato nel 1950 in Spagna, mi riferì di una conversazione personale con Papa Pio XI. Uomo di una robustezza incredibile, Papa Ratti si vantava di non essere mai stato malato. Con un sorriso rispettoso, il cardinale Segura rispose: “Allora Sua Santità non ha il segno dei predestinati!”. Di fronte allo stupore del Pontefice egli continuò: “Non c’è predestinato che non sia stato gravemente malato, almeno in un periodo della sua vita. La sofferenza è necessaria per la salvezza”. Giorni dopo, Pio XI ebbe un serio problema cardiaco. Dal letto, egli scrisse un biglietto al cardinale spagnolo: “Eminenza, adesso ho il segno dei predestinati!”.
In questo senso, la Madonna agirebbe contro l’interesse spirituale delle persone se guarisse automaticamente tutti. In alcuni casi, conviene eliminare la sofferenza, anche come testimonianza per gli altri. Di solito, però, questo non è il cammino appropriato. È la prova che la Madonna, così misericordiosa, pensa prima di tutto alla salvezza delle anime.
C’è un altro aspetto bellissimo nel modo in cui la Madonna tratta le persone a Lourdes: è la forza spirituale che Ella dà per sopportare le sofferenze. Io non ho mai sentito raccontare il caso di una persona che, recatasi senza risultato a Lourdes, si sia ribellata contro la Madonna. Al contrario, le persone rientrano rassegnate, soddisfatte di essere state a Lourdes, felici per la guarigione altrui. Anche quelle provenienti da lontano, dall’India o dall’Australia, vedendo accanto a loro qualcuno che ne ha più bisogno e riceve più grazie, accetta con gioia tale situazione ed esclama: Madonna mia, non importa che io non sia guarito, ma ti prego di guarire quella persona.
Una persona, naturalmente, non si reca a Lourdes per un raffreddore, ma per una malattia molto seria. Non solo accetta la malattia e la sofferenza, ma si sente soddisfatta e contenta se altri guariscono. È un vero miracolo di amore del prossimo per amore di Dio: il miracolo di annullare l’egoismo umano. Secondo me, questo miracolo è più stupefacente di una guarigione.
Un’altra cosa bellissima, a Lourdes, è il convento delle Carmelitane. Sono monache di clausura, contemplative, che soffrono e pregano per ottenere grazie, spirituali e corporali, per coloro che visitano il santuario. Esse accettano tutte le malattie che la Provvidenza vorrà infliggere loro, senza mai chiedere la propria guarigione. Queste monache vivono sopportando sofferenze estreme. Spesso muoiono prematuramente. In questo modo ottengono le grazie per il bene delle anime.
Se vi guardate attorno, vedrete che una caratteristica della natura umana decaduta per il peccato originale è proprio il voler fuggire dalla sofferenza ad ogni costo. Comprenderete come l’eroismo sacrificale di queste monache sfidi in tal modo la natura umana, susciti un tale orrore verso l'egoismo umano, che io ritengo sia più grande di tutte le cure che avvengono a Lourdes.
Ecco cosa intende fare la Madonna a Lourdes: senz’altro guarire alcune persone, ma soprattutto operare questo tipo di miracoli spirituali che conducono le anime al cielo. Farebbe bene la Madonna se apparisse a Lourdes per guarire i corpi, che prima o poi periscono, e non guarisse le anime che non periscono? No. L’amore della Madonna per noi le fa desiderare prima di tutto di condurci all’amore di Dio. È la cosa migliore che una persona possa desiderare. Dall’amore di Dio scaturisce poi l’amore per il prossimo
Ecco la grande lezione di Lourdes: l’accettazione del dolore, l’accettazione della sofferenza, della sconfitta, se necessario del fallimento.
Qualcuno mi dirà: “Ma questo è molto difficile da accettare!”.
La risposta l’ha data lo stesso Nostro Signore Gesù Cristo nell’orto degli Ulivi. Posto di fronte alle terribili sofferenze per cui doveva passare, esclamò: “Padre, se è possibile allontana da me questo calice. Ma sia fatta la tua volontà e non la mia!”.
È questo l’atteggiamento che dobbiamo assumere di fronte alle nostre sofferenze: se è possibile, chiediamo alla Madonna di allontanarle. Ma sia fatta la sua volontà, e non la nostra. Nostro Signore Gesù Cristo fu consolato da un angelo. Anche noi saremo consolati dalla grazia. Dunque: coraggio, risoluzione, energia! Dobbiamo capire il senso delle nostre sofferenze, e provarne gioia, perché il dolore è il segno dei predestinati.
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domenica 8 febbraio 2015

Domenica 5^ t.ord. "B" 8/2/2015 (Angelus 234)

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Il Vangelo di oggi (cfr Mc 1,29-39) ci presenta Gesù che, dopo aver predicato di sabato nella sinagoga, guarisce tanti malati. Predicare e guarire: questa è l’attività principale di Gesù nella sua vita pubblica. Con la predicazione Egli annuncia il Regno di Dio e con le guarigioni dimostra che esso è vicino, che il Regno di Dio è in mezzo a noi.
Entrato nella casa di Simon Pietro, Gesù vede che sua suocera è a letto con la febbre; subito le prende la mano, la guarisce e la fa alzare. Dopo il tramonto, quando, terminato il sabato, la gente può uscire e portargli i malati, risana una moltitudine di persone afflitte da malattie di ogni genere: fisiche, psichiche, spirituali. Venuto sulla terra per annunciare e realizzare la salvezza di tutto l’uomo e di tutti gli uomini, Gesù mostra una particolare predilezione per coloro che sono feriti nel corpo e nello spirito: i poveri, i peccatori, gli indemoniati, i malati, gli emarginati. Egli così si rivela medico sia delle anime sia dei corpi, buon Samaritano dell’uomo. E’ il vero Salvatore: Gesù salva, Gesù cura, Gesù guarisce.
Tale realtà della guarigione dei malati da parte di Cristo, ci invita a riflettere sul senso e il valore della malattia. A questo ci richiama anche la Giornata Mondiale del Malato, che celebreremo mercoledì prossimo 11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes. Benedico le iniziative preparate per questa Giornata, in particolare la Veglia che avrà luogo a Roma la sera del 10 febbraio. Ricordiamo anche il presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale della Salute, Mons. Zygmunt Zimowski, che è molto ammalato in Polonia. Una preghiera per lui, per la sua salute, perché è stato lui a preparare questa giornata e lui ci accompagna con la sua sofferenza in questa giornata. Una preghiera per Mons. Zimowski.
L’opera salvifica di Cristo non si esaurisce con la sua persona e nell’arco della sua vita terrena; essa continua mediante la Chiesa, sacramento dell’amore e della tenerezza di Dio per gli uomini. Inviando in missione i suoi discepoli, Gesù conferisce loro un duplice mandato: annunziare il Vangelo della salvezza e guarire gli infermi (cfr Mt 10,7-8). Fedele a questo insegnamento, la Chiesa ha sempre considerato l’assistenza agli infermi parte integrante della sua missione.
“I poveri e i sofferenti li avrete sempre con voi”, ammonisce Gesù (cfr Mt 26,11), e la Chiesa continuamente li trova sulla sua strada, considerando le persone malate come una via privilegiata per incontrare Cristo, per accoglierlo e per servirlo. Curare un ammalato, accoglierlo, servirlo, è servire Cristo: il malato è la carne di Cristo.
Questo avviene anche nel nostro tempo, quando, nonostante le molteplici acquisizioni della scienza, la sofferenza interiore e fisica delle persone suscita forti interrogativi sul senso della malattia e del dolore e sul perché della morte. Si tratta di domande esistenziali, alle quali l’azione pastorale della Chiesa deve rispondere alla luce della fede, avendo davanti agli occhi il Crocifisso, nel quale appare tutto il mistero salvifico di Dio Padre, che per amore degli uomini non ha risparmiato il proprio Figlio (cfr Rm 8,32). Pertanto, ciascuno di noi è chiamato a portare la luce della Parola di Dio e la forza della grazia a coloro che soffrono e a quanti li assistono, familiari, medici, infermieri, perché il servizio al malato sia compiuto sempre più con umanità, con dedizione generosa, con amore evangelico, con tenerezza. La Chiesa madre, tramite le nostre mani, accarezza le nostre sofferenze e cura le nostre ferite, e lo fa con tenerezza di madre.
Preghiamo Maria, Salute dei malati, affinché ogni persona nella malattia possa sperimentare, grazie alla sollecitudine di chi le sta accanto, la potenza dell’amore di Dio e il conforto della sua tenerezza materna.

Dopo l'Angelus:
Cari fratelli e sorelle,
oggi, 8 febbraio, memoria liturgica di santa Giuseppina Bakhita, la Suora sudanese che da bambina fece la drammatica esperienza di essere vittima della tratta, le Unioni delle Superiore e dei Superiori Generali degli Istituti religiosi hanno promosso la Giornata di preghiera e riflessione contro la tratta di persone. Incoraggio quanti sono impegnati ad aiutare uomini, donne e bambini schiavizzati, sfruttati, abusati come strumenti di lavoro o di piacere e spesso torturati e mutilati. Auspico che quanti hanno responsabilità di governo si adoperino con decisione a rimuovere le cause di questa vergognosa piaga vergognosa, una piaga indegna di una società civile. Ognuno di noi si senta impegnato ad essere voce di questi nostri fratelli e sorelle, umiliati nella loro dignità. Preghiamo tutti insieme la Madonna, per loro e per i loro familiari. (Ave Maria)
Saluto tutti i pellegrini presenti, le famiglie, i gruppi parrocchiali, le associazioni. In particolare saluto i fedeli di Caravaca de la Cruz (Spagna), di Anagni, Marcon, Quartirolo e Corato; le corali dell’Arcidiocesi di Modena-Nonantola, e i ragazzi di Buccinasco, come pure quelli provenienti dalla Lettonia e dal Brasile.
A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticate di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!
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martedì 3 febbraio 2015

Domenica 4^ t.ord. "B" 1/2/2015 (Angelus 233)

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Il brano evangelico di questa domenica (cfr Mc 1,21-28) presenta Gesù che, con la sua piccola comunità di discepoli, entra a Cafarnao, la città dove viveva Pietro e che in quei tempi era la più grande della Galilea. E Gesù entra in quella città.
L’evangelista Marco racconta che Gesù, essendo quel giorno un sabato, si recò subito nella sinagoga e si mise a insegnare (cfr v. 21). Questo fa pensare al primato della Parola di Dio, Parola da ascoltare, Parola da accogliere, Parola da annunciare. Arrivando a Cafarnao, Gesù non rimanda l’annuncio del Vangelo, non pensa prima alla sistemazione logistica, certamente necessaria, della sua piccola comunità, non indugia nell’organizzazione. La sua preoccupazione principale è quella di comunicare la Parola di Dio con la forza dello Spirito Santo. E la gente nella sinagoga rimane colpita, perché Gesù «insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi» (v. 22).
Che cosa significa “con autorità”? Vuol dire che nelle parole umane di Gesù si sentiva tutta la forza della Parola di Dio, si sentiva l’autorevolezza stessa di Dio, ispiratore delle Sacre Scritture. E una delle caratteristiche della Parola di Dio è che realizza ciò che dice. Perché la Parola di Dio corrisponde alla sua volontà. Invece noi, spesso, pronunciamo parole vuote, senza radice o parole superflue, parole che non corrispondono alla verità. Invece la Parola di Dio corrisponde alla verità, è unità con la sua volontà e realizza quello che dice. Infatti Gesù, dopo aver predicato, dimostra subito la sua autorità liberando un uomo, presente nella sinagoga, che era posseduto dal demonio (cfr Mc 1,23-26). Proprio l’autorità divina di Cristo aveva suscitato la reazione di satana, nascosto in quell’uomo; Gesù, a sua volta, riconobbe subito la voce del maligno e «ordinò severamente: “Taci! Esci da lui!”» (v. 25). Con la sola forza della sua parola, Gesù libera la persona dal maligno. E ancora una volta i presenti rimangono stupiti: «Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!» (v. 27). La Parola di Dio crea in noi lo stupore. Possiede la forza di farci stupire.
Il Vangelo è parola di vita: non opprime le persone, al contrario, libera quanti sono schiavi di tanti spiriti malvagi di questo mondo: lo spirito della vanità, l’attaccamento al denaro, l’orgoglio, la sensualità… Il Vangelo cambia il cuore, cambia la vita, trasforma le inclinazioni al male in propositi di bene. Il Vangelo è capace di cambiare le persone! Pertanto è compito dei cristiani diffonderne ovunque la forza redentrice, diventando missionari e araldi della Parola di Dio. Ce lo suggerisce anche lo stesso brano odierno che si chiude con un’apertura missio­naria e dice così: «La sua fama – la fama di Gesù – si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea» (v. 28). La nuova dottrina insegnata con autorità da Gesù è quella che la Chiesa porta nel mondo, insieme con i segni efficaci della sua presenza: l’insegnamento autorevole e l’azione liberatrice del Figlio di Dio diventano le parole di salvezza e i gesti di amore della Chiesa missionaria. Ricordatevi sempre che il Vangelo ha la forza di cambiare la vita! Non dimenticatevi di questo. Esso è la Buona Novella, che ci trasforma solo quando ci lasciamo trasformare da essa. Ecco perché vi chiedo sempre di avere un quotidiano contatto col Vangelo, di leggerlo ogni giorno, un brano, un passo, di meditarlo e anche portarlo con voi ovunque: in tasca, nella borsa… Cioè di nutrirsi ogni giorno da questa fonte inesauribile di salvezza. Non dimenticatevi! Leggete un passo del Vangelo ogni giorno. E’ la forza che ci cambia, che ci trasforma: cambia la vita, cambia il cuore.
Invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria, Colei che ha accolto la Parola e l’ha generata per il mondo, per tutti gli uomini. Ci insegni Lei ad essere ascoltatori assidui e annunciatori autorevoli del Vangelo di Gesù.

Dopo l'Angelus:
Cari fratelli e sorelle,
desidero annunciare che sabato 6 giugno, a Dio piacendo, mi recherò a Sarajevo, capitale della Bosnia ed Erzegovina. Vi chiedo fin d’ora di pregare affinché la mia visita a quelle care popolazioni sia di incoraggiamento per i fedeli cattolici, susciti fermenti di bene e contribuisca al consolidamento della fraternità, della pace, del dialogo interreligioso e dell’amicizia.
Saluto i presenti convenuti per partecipare al IV Congresso mondiale organizzato da Scholas Occurrentes, che si terrà in Vaticano dal 2 al 5 febbraio sul tema: “Responsabilità di tutti nell’educazione per una cultura dell’incontro”. Saluto le famiglie, le parrocchie, le associazioni e tutti quanti sono venuti dall’Italia e da tante parti del mondo. In particolare, i pellegrini del Libano e dell’Egitto, gli studenti di Zafra e di Badajoz (Spagna); i fedeli di Sassari, Salerno, Verona, Modena, Scano Montiferro e Taranto.
Oggi si celebra in Italia la Giornata per la Vita, che ha come tema «Solidali per la vita». Rivolgo il mio apprezzamento alle associazioni, ai movimenti e a tutti coloro che difendono la vita umana. Mi unisco ai Vescovi italiani nel sollecitare «un rinnovato riconoscimento della persona umana e una cura più adeguata della vita, dal concepimento al suo naturale termine» (Messaggio per la 37ª Giornata nazionale per la Vita). Quando ci si apre alla vita e si serve la vita, si sperimenta la forza rivoluzionaria dell’amore e della tenerezza (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 288), inaugurando un nuovo umanesimo: l’umanesimo della solidarietà, l’umanesimo della vita.
Saluto il Cardinale Vicario, i docenti universitari di Roma e quanti sono impegnati a promuovere la cultura della vita.
A tutti auguro buona domenica. Per favore non dimenticate di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!
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