Benvenuti

Questo blog è uno spazio per aiutarsi a riprendere a pensare da cattolici, alla luce della vera fede e della sana dottrina, cosa che la società moderna sta completamente trascurando se non perseguitando. Un aiuto (in primo luogo a me stesso) a restare sulla retta via e a continuare a camminare verso Gesù Cristo, Via Verità e Vita.
Ogni suggerimento e/o contributo in questa direzione è ben gradito.
Affido allo Spirito Santo di Dio, a Maria Santissima, al Sacro Cuore di Gesù e a San Michele Arcangelo questo lavoro di testimonianza e apostolato.
Un caro saluto a tutti e un sentito ringraziamento a chi vorrà contribuire in qualunque modo a questa piccola opera.

S. Giovanni Paolo II

Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata... Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità di distruggere la vita non nata...Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio... Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio viene abbandonata all'egoismo umano... e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale... Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell'individuo ma anche per quello della società... Ci alzeremo quando la libertà viene usata per dominare i deboli, per dissipare le risorse naturali e l'energia e per negare i bisogni fondamentali alle persone e reclameremo giustizia... Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto.

lunedì 31 ottobre 2011

Consacrazione a Maria (Interventi 107)

Come risposta ed antidoto alla satanica festa di halloween di questa notte, propongo, traendolo da un blog amico quest'atto di consacrazione alla Vergine Maria:

« O Vergine, tutta Santa e tutta Pura, Madre del mio Gesù e Madre mia, in questo giorno fortunato mi consacro a Voi! Vi offro il mio corpo con tutti i suoi sensi e l'anima con tutte le sue facoltà. Custodite voi la vostra figlia.
« Vi offro in particolare il mio passato. Vi dono i miei peccati e le mie infedeltà. Offrite continuamente a Gesù le mie col­pe, affinché le bruci con le fiamme del suo amore.
« Vi offro il mio presente. Questo cuo­re purificatelo Voi, o Vergine Immaco­lata. Distruggete tutto ciò che dà dolore al buon Gesù ed ottenetemi la forza della volontà per perseverare nel divino ser­vizio.
« Vi offro e vi consacro il mio avvenire. Tutti i miei dolori, fisici e morali, tutte le spine della mia vita, anche a mia insa­puta, raccoglieteli Voi e dateli a Gesù. Che servano i miei sacrifici a consolare il Cuore trafitto del Vostro Divin Figliuolo ed il Vostro Cuore di Madre. Tutte le mie opere buone ed i buoni pensieri, che po­tró fare nel resto della vita, tutto offrite a Gesù per la sua gloria e per il bene delle anime.
« Vi offro specialmente l'ultimo gior­no della mia vita, accettando sin da ora qualunque genere di morte piacerà a Dio di mandarmi. Sotto il vostro manto, o Vergine Potentissima, vorrò emettere l'ul­timo respiro, dopo aver pronunciato il vostro santo nome e quello di Gesù.
« Intendo, o Madre mia tenerissima, rinnovare questa Consacrazione ad ogni palpito del mio cuore, promettendo di amarvi e di farvi amare diffondendo la vo­stra devozione. Amen! ».

[Brano tratto da "Vera devozione a Maria", di Don Giuseppe Tomaselli, Imprimatur Can. Carciotto Vic. Gen., Catania 13 maggio 1952].
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domenica 30 ottobre 2011

Domenica 31^ t.o. (Angelus 47)

Cari fratelli e sorelle!
Nella liturgia di questa domenica, l’apostolo Paolo ci invita ad accostare il Vangelo «non come parola di uomini, ma come è veramente, quale Parola di Dio» (1 Ts 2,13). In questo modo possiamo accogliere con fede gli ammonimenti che Gesù rivolge alla nostra coscienza, per assumere un comportamento conforme ad essi. Nel brano odierno, Egli rimprovera gli scribi e i farisei, che avevano nella comunità un ruolo di maestri, perché la loro condotta era apertamente in contrasto con l’insegnamento che proponevano agli altri con rigore. Gesù sottolinea che costoro «dicono e non fanno» (Mt 23,3); anzi, «legano fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito» (Mt 23,4). La buona dottrina va accolta, ma rischia di essere smentita da una condotta incoerente. Per questo Gesù dice: «Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere» (Mt 23,3). L’atteggiamento di Gesù è esattamente l’opposto: Egli pratica per primo il comandamento dell’amore, che insegna a tutti, e può dire che esso è un peso leggero e soave proprio perché ci aiuta a portarlo insieme con Lui (cfr Mt 11,29-30).
Pensando ai maestri che opprimono la libertà altrui in nome della propria autorità, San Bonaventura indica chi è l’autentico Maestro, affermando: «Nessuno può insegnare e nemmeno operare, né raggiungere le verità conoscibili senza che sia presente il Figlio di Dio» (Sermo I de Tempore, Dom. XXII post Pentecosten, Opera omnia, IX, Quaracchi, 1901, 442). «Gesù siede sulla “cattedra” come il Mosè più grande, che estende l’Alleanza a tutti i popoli» (Gesù di Nazaret, Milano 2007, 89). È Lui il nostro vero e unico Maestro! Siamo, pertanto, chiamati a seguire il Figlio di Dio, il Verbo incarnato, che esprime la verità del suo insegnamento attraverso la fedeltà alla volontà del Padre, attraverso il dono di se stesso. Scrive il beato Antonio Rosmini: «Il primo maestro forma tutti gli altri maestri, come pure forma gli stessi discepoli, perché [sia gli uni che gli altri] esistono soltanto in virtù di quel primo tacito, ma potentissimo magistero» (Idea della Sapienza, 82, in: Introduzione alla filosofia, vol. II, Roma 1934, 143). Gesù condanna fermamente anche la vanagloria e osserva che operare «per essere ammirati dalla gente» (Mt 23,5) pone in balia dell’approvazione umana, insidiando i valori che fondano l’autenticità della persona.
Cari amici, il Signore Gesù si è presentato al mondo come servo, spogliando totalmente se stesso e abbassandosi fino a dare sulla croce la più eloquente lezione di umiltà e di amore. Dal suo esempio scaturisce la proposta di vita: «Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo» (Mt 23,11). Invochiamo l’intercessione di Maria Santissima e preghiamo, in particolare, per quanti nella comunità cristiana sono chiamati al ministero dell’insegnamento, affinché possano sempre testimoniare con le opere le verità che trasmettono con la parola.
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sabato 29 ottobre 2011

Halloween? No HOLYWEEN, SI (Contributi 539)

Ecco una breve riflessione di Padre Gabriele Amorth, il decano degli esorcisti italiani:

''Penso che la società italiana stia perdendo il senno, il senso della vita, l'uso della ragione e sia sempre più malata. 
Festeggiare la festa di Halloween è rendere un osanna al diavolo. 
Il quale, se adorato, anche soltanto per una notte, pensa di vantare dei diritti sulla persona. Allora non meravigliamoci se il mondo sembra andare a catafascio e se gli studi di psicologi e psichiatri pullulano di bambini insonni, vandali, agitati, e di ragazzi ossessionati e depressi, potenziali suicidii''. 
La condanna e' dell'esorcista della Santa Sede, gia' presidente dell'associazione internazionale degli esorcisti, il modenese padre Gabriele Amorth.I macabri mascheramenti, le invocazioni apparentemente innocue altro non sarebbero, per l'esorcista, che un tributo al principe di questo mondo: il diavolo. 
''Mi dispiace moltissimo che l'Italia, come il resto d'Europa, si stia allontanando da Gesu' il Signore e, addirittura, si metta a omaggiare satana'', dice l' esorcista secondo il quale ''la festa di Halloween e' una sorta di seduta spiritica presentata sotto forma di gioco. L'astuzia del demonio sta proprio qui. Se ci fate caso tutto viene presentato sotto forma ludica, innocente. Anche il peccato non è più peccato al mondo d'oggi. Ma tutto viene camuffato sotto forma di esigenza, liberta' o piacere personale. L'uomo - conclude - e' diventato il dio di se stesso, esattamente cio' che vuole il demonio''. 
E ricorda che intanto, in molte citta' italiane, sono state organizzate le 'feste della luce', una vera e propria controffensiva ai festeggiamenti delle tenebre, con canti al Signore e giochi innocenti per bambini.


Padre Gabriele Amorth, esorcista.
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venerdì 28 ottobre 2011

I missionari non sono operatori sociali (Contributi 538)

Un intervista di Antonio Giuliano a Padre Piero Gheddo, un'interessante messa a fuoco sulla missione oggi:

Sono ancora migliaia i nostri connazionali pronti a rischiare la propria pelle per portare il Vangelo nei cinque continenti. Ma i missionari italiani diminuiscono inesorabilmente.
L’ultimo dossier rilanciato in questi giorni dalla fondazione Missio – organismo della Conferenza episcopale italiana – presenta cifre impietose: se negli anni Novanta i nostri missionari (sacerdoti di istituti missionari, preti fidei donum, religiosi, suore e laici) hanno raggiunto la quota record di 20 mila unità, oggi il loro numero è quasi dimezzato, 10 mila appena. Con un’età media che si attesta sui 63 anni. Ne abbiamo parlato con uno dei missionari italiani più noti e di maggiore esperienza: padre Piero Gheddo.

Padre Gheddo, se l’aspettava?
Sì, ma non in questa misura diciamo catastrofica: secondo me il rapporto è fra 16.000 e 12.000, tutto dipende dai criteri che si usano per l’indagine. Avevo studiato i dati di questo fenomeno nel mio libro del 2003 La missione continua (San Paolo). Dipende da una serie di fattori. C’è un calo notevole della natalità in Italia e una evidente crisi vocazionale. Molti vescovi, comprensibilmente, sono restii a far partire i seminaristi perché in molte diocesi il numero dei preti è del tutto insufficiente. E i seminari diocesani sono da sempre il serbatoio delle missioni. Ma il motivo principale è un altro.


Quale?
Dagli anni 70-80, in seguito alla crisi di fede del dopo Concilio e del’68, l’animazione missionaria non ha più presentato la vera identità di uomini e donne mandati dalla Chiesa ad annunziare Cristo ai popoli del mondo. Gli istituti missionari e religiosi sulla scia della secolarizzazione hanno ridotto il missionario a un operatore sociale. Ormai ci concentriamo solo su campagne e slogan contro la fame del mondo, la vendita delle armi, le multinazionali che sfruttano i popoli, il debito estero dei paesi africani, la privatizzazione dell’acqua… E sulle riviste viene fuori un’immagine fuorviante del missionario. Un tempo io stesso fui conquistato dalle testimonianze di padre Vismara sulla rivista Italia missionaria del Pime. Oggi però fanno notizia quasi solo Zanotelli e altri perché, magari strumentalizzati contro le loro stesse intenzioni, manifestano per l’acqua pubblica o contro la vendita delle armi…


Secondo il dossier aumentano però i missionari laici.
Ne dubito. Uomini e donne sposate che partono per le missioni, come medici, infermieri, insegnanti o costruttori stanno diminuendo. Negli anni Ottanta quando c’era il boom delle ong, i laici in missione in Africa erano 1700, oggi sono circa 700. Anche i fidei donum (i sacerdoti che i vescovi mandano in missione per un certo tempo), frutto di una grande intuizione di Pio XII, purtroppo sono sempre meno. Anche gli ordini religiosi, che non hanno uno specifico carisma missionario (gesuiti, francescani, ecc,), soffrono la crisi demografica e ll calo di vocazioni.


Il rapporto evidenzia l’incremento delle vocazioni locali nelle missioni e già oggi sacerdoti asiatici, africani e latinoamericani vengono in Europa. Cosa pensa di questo fenomeno?
Mi pare del tutto positivo, se realizzato con la debita prudenza. Parecchie giovani Chiese sono state fondate da missionari italiani e oggi loro aiutano noi che siamo in crisi. Ma rimane il nostro dovere di mandare missionari dove sono richiesti dai vescovi locali dei paesi non cristiani. E le richieste sono sempre molte, specialmente per compiuti specialistici che il clero locale non è ancora in grado di affrontare.


È vero però che sono tempi difficili per i cristiani nel mondo. Il 17 ottobre è stato ucciso nelle Filippine un altro missionario italiano, padre Fausto Tentorio del Pime. C’è anche nei giovani la paura di perdere la vita?
Non credo. Il vero problema, ripeto, è la crisi di fede nel popolo cristiano e l’orientamento secondo me errato dell’animazione e della stampa missionaria. C’è bisogno che i missionari riacquistino la loro vera identità, debbono essere conosciuti come testimoni appassionati del Vangelo fra i non cristiani. La Chiesa, la scuola, le famiglie devono ritornare a parlare della bellezza dell’annuncio cristiano, specie ora quando Benedetto XVI ha lanciato la campagna per la “Nuova evangelizzazione” dei popoli cristiani. Di recente ho intervistato mons. Cesare Bonivento, da oltre vent’anni vescovo in Papua Nuova Guinea. Mi diceva che ha pochi preti, ma sono contenti della loro vocazione. Quando incontra e si converte a Cristo, il popolo papuano si commuove e diventa lui stesso missionario, perché sperimenta la differenza tra il cristianesimo e la religione animista, il culto degli spiriti. Oggi costa rinunciare al benessere della nostra società, ma chi accoglie con generosità la chiamata di Dio alle missioni sappia che è bello fare il missionario. Se ti dai tutto a Cristo, lui ti rende, già in questa vita, “il cento per uno e poi la vita eterna”. I giovani sono sempre animati da grandi aspirazioni e ideali. Il problema è che noi missionari non gli presentiamo più la bellezza e la felicità della vita missionaria.
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Halloween? No, grazie! (Contributi 537)

Una riflessione sulla festa pagana di Halloween che da molti anni inquina la festa cattolica di Ognisanti. Un aiuto a meglio comprendere il pericolo e a pregare per questa povera umanità:

In un mondo dove già abbiamo di che temere, guerre, malattie, disastri economici, problemi familiari... c'è ancora chi cerca di divertirsi con streghe, spiriti, e musiche lugubri. E poi non ci si spiega perché aumentano le persone depresse! .
Dai da bere alcool ad un ammalato di cirrosi epatica e poi non ti meravigliare se la malattia aumenta.
Siamo nel mondo degli squilibri. Più cresce la paura, più si pensa che vedendo spettacoli lugubri, film d'orrore, giornaletti gialli, storie di fantasmi e organizzando feste come quelle di Halloween la paura passi. Ma è proprio così?
No, assolutamente no! La paura, l'ansia, l'angoscia non si superano sottoponendosi a feste d'orrore, ma vivendo nella pace, facendosi magari una passeggiata all'aria aperta, pregando il Signore, aiutando chi è nella necessità, alimentando amicizie sane... ecc.
Come un ammalato di ulcera no n guarisce se beve alcolici, caffè e mangia frittura... così chi vive nella paura, e un po' tutti abbiamo delle paure, non guariamo se, oltre alla fatica di affrontare i problemi reali, ci sottoponiamo anche a tormenti inutili come è ad esempio la festa di Halloween.
Ma è proprio da considerare festa? Una festa deve avere la caratteristica di gioia, pace, comunione, distensione, armonia, bellezza. Niente di tutto questo!
Questa è una tradizione pagana celtica, nata da una leggenda superstiziosa che diffondeva il culto di spiriti, scheletri e di pratiche magiche per pronostici sul futuro.
Quello che sconvolge di più è che anche maestri e insegnanti, sottopongono a queste strane feste i piccoli bambini delle scuole materne ed elementari.
Si fanno vedere filmati d'orrore, ai bambini, e poi ci meravigliamo se tanti bambini la notte hanno incubi.
A un bambino di appena nove anni è stata regalata dai genitori una cassetta con effetti speciali di Halloween, dove suoni orrendi, con catene, urla terribili, pipistrelli, si accavallano continuamente per fare del povero innocente un piccolo "deficiente" impaurito!
Ancora una volta il buon senso è andato a spasso e nessuno lo ha più ritrovato.
Chi non sa divertirsi in un modo sano è segno che è un pò malato.
Rifletti e cerca un po' di buon senso per non lasciarti manipolare da nessuna moda... che porta fuori strada.
Halloween? No grazie. Mi piacciono cose più belle, serene e interessanti!


Don Salvatore Tumino (2002)
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giovedì 27 ottobre 2011

Un commento ad un vecchio post (Post 128)

Capita a volte che un post non abbia riscontri appena pubblicato e che poi, in un secondo tempo, quando già la memoria l'aveva accantonato e la polvere della dimenticanza ricoperto, qualcuno lo riscopre e lo riporta alla luce. E' il caso del post del 15 giugno scorso e del commento che ne fa Maurizio (che non credo avere il piacere di conoscere personalmente) e che riporto interamente facendo presente all'autore che sono state inventate - al fine di agevolare scrittura e lettura di testi - delle cose chiamate "virgole" che egli pare usare con eccessiva parsimonia:

essere chiesa nel senso di ascoltare e relizzare il messaggio evangelico scendendo e salendo insieme all'altezza del nostro prossimo: la teologia ufficiale è troppo alti-sonante ed insieme vuota perchè confonde l'umiltà di chi tace per ascoltare e capire come lo spirito santo(oppure Cristo o la Madonna) possa illuminarlo e l'ingenuità che espone troppo spesso il fedele ad essere un soldatino di piombo schierato in personalistiche guerre(alludo ai vari estremismi ideologicici politici e religiosi ).
Tacere non è essere muti nè essere isolati nella solitudine domestica e protetti dal guscio del proprio ruolo. - in questo chiamo in causa anche gli intellettuali cattolici i teologi di professione -, ma frequentare la gente essere in atteggiamento di ascolto ,soggetti ed oggetti di una vita frugale conviviale e solidale,scambiandosi affetti e conoscenze reli e pratiche , formando anche insieme conoscenze e materializzare i sogni.
Sempre avendo come obiettivo una società giusta libera e fraterna. Il male nostro è la solitudine il credere di essere indipendenti dal mondo essere sempre giustificati dallo stato di necessità,dalla difesa di un potere qualsiasi, indifferenti alla crudeltà che anima il nostro modo di rapportarsi nutrirsi consumare divertirsi comunicare. La religione non può più esser una ritualità giustificativa del modo di essere borghese.

Se ben comprendo si tratta ancora di un invito ad essere più veri come credenti, a non usare la propria fede - vera o fittizia che sia - al solo fine di consolidare una posizione sociale. Il proprio essere credenti, il proprio essere cristiani o lo si gioca nel rapporto con gli altri uomini o diventa ruolo in cui la nostra persona non c'entra nulla.
Cristo è venuto a salvare ogni singolo uomo, chiamadolo ad un rapporto personale con Lui.
Questo avviene, pur fra i mille limiti che l'umana natura comporta, dentro la Chiesa.
Chi vive nella Chiesa deve essere annunciatore di Cristo e di infinito. Pena l'azzeramento della propria umanità.
Questo è quello che il commento mi suscita, la parola passa ai lettori...
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Pellegrini della verità, pellegrini della pace (Contributi 536)

Ecco il testo dell'intervento di Benedetto XVI all'incontro di Assisi di oggi 27/10/2011:

Cari fratelli e sorelle,
distinti Capi e rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali e delle religioni del mondo, cari amici, sono passati venticinque anni da quando il beato Papa Giovanni Paolo II invitò per la prima volta rappresentanti delle religioni del mondo ad Assisi per una preghiera per la pace.
Che cosa è avvenuto da allora?
A che punto è oggi la causa della pace?
Allora la grande minaccia per la pace nel mondo derivava dalla divisione del pianeta in due blocchi contrastanti tra loro. Il simbolo vistoso di questa divisione era il muro di Berlino che, passando in mezzo alla città, tracciava il confine tra due mondi. Nel 1989, tre anni dopo Assisi, il muro cadde – senza spargimento di sangue. All’improvviso, gli enormi arsenali, che stavano dietro al muro, non avevano più alcun significato. Avevano perso la loro capacità di terrorizzare. La volontà dei popoli di essere liberi era più forte degli arsenali della violenza. La questione delle cause di tale rovesciamento è complessa e non può trovare una risposta in semplici formule. Ma accanto ai fattori economici e politici, la causa più profonda di tale evento è di carattere spirituale: dietro il potere materiale non c’era più alcuna convinzione spirituale. La volontà di essere liberi fu alla fine più forte della paura di fronte alla violenza che non aveva più alcuna copertura spirituale. Siamo riconoscenti per questa vittoria della libertà, che fu soprattutto anche una vittoria della pace. E bisogna aggiungere che in questo contesto si trattava non solamente, e forse neppure primariamente, della libertà di credere, ma anche di essa. Per questo possiamo collegare tutto ciò in qualche modo anche con la preghiera per la pace.
Ma che cosa è avvenuto in seguito?
Purtroppo non possiamo dire che da allora la situazione sia caratterizzata da libertà e pace. Anche se la minaccia della grande guerra non è in vista, tuttavia il mondo, purtroppo, è pieno di discordia. Non è soltanto il fatto che qua e là ripetutamente si combattono guerre – la violenza come tale è potenzialmente sempre presente e caratterizza la condizione del nostro mondo. La libertà è un grande bene. Ma il mondo della libertà si è rivelato in gran parte senza orientamento, e da non pochi la libertà viene fraintesa anche come libertà per la violenza. La discordia assume nuovi e spaventosi volti e la lotta per la pace deve stimolare in modo nuovo tutti noi.
Cerchiamo di identificare un po’ più da vicino i nuovi volti della violenza e della discordia. A grandi linee – a mio parere – si possono individuare due differenti tipologie di nuove forme di violenza che sono diametralmente opposte nella loro motivazione e manifestano poi nei particolari molte varianti.
Anzitutto c’è il terrorismo, nel quale, al posto di una grande guerra, vi sono attacchi ben mirati che devono colpire in punti importanti l’avversario in modo distruttivo, senza alcun riguardo per le vite umane innocenti che con ciò vengono crudelmente uccise o ferite. Agli occhi dei responsabili, la grande causa del danneggiamento del nemico giustifica ogni forma di crudeltà. Viene messo fuori gioco tutto ciò che nel diritto internazionale era comunemente riconosciuto e sanzionato come limite alla violenza. Sappiamo che spesso il terrorismo è motivato religiosamente e che proprio il carattere religioso degli attacchi serve come giustificazione per la crudeltà spietata, che crede di poter accantonare le regole del diritto a motivo del “bene” perseguito. La religione qui non è a servizio della pace, ma della giustificazione della violenza.
La critica della religione, a partire dall’illuminismo, ha ripetutamente sostenuto che la religione fosse causa di violenza e con ciò ha fomentato l’ostilità contro le religioni. Che qui la religione motivi di fatto la violenza è cosa che, in quanto persone religiose, ci deve preoccupare profondamente. In un modo più sottile, ma sempre crudele, vediamo la religione come causa di violenza anche là dove la violenza viene esercitata da difensori di una religione contro gli altri. I rappresentanti delle religioni convenuti nel 1986 ad Assisi intendevano dire – e noi lo ripetiamo con forza e grande fermezza: questa non è la vera natura della religione. È invece il suo travisamento e contribuisce alla sua distruzione. Contro ciò si obietta: ma da dove sapete quale sia la vera natura della religione? La vostra pretesa non deriva forse dal fatto che tra voi la forza della religione si è spenta? Ed altri obietteranno: ma esiste veramente una natura comune della religione, che si esprime in tutte le religioni ed è pertanto valida per tutte?
Queste domande le dobbiamo affrontare se vogliamo contrastare in modo realistico e credibile il ricorso alla violenza per motivi religiosi. Qui si colloca un compito fondamentale del dialogo interreligioso – un compito che da questo incontro deve essere nuovamente sottolineato. Come cristiano, vorrei dire a questo punto: sì, nella storia anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza. Lo riconosciamo, pieni di vergogna. Ma è assolutamente chiaro che questo è stato un utilizzo abusivo della fede cristiana, in evidente contrasto con la sua vera natura. Il Dio in cui noi cristiani crediamo è il Creatore e Padre di tutti gli uomini, a partire dal quale tutte le persone sono tra loro fratelli e sorelle e costituiscono un’unica famiglia. La Croce di Cristo è per noi il segno del Dio che, al posto della violenza, pone il soffrire con l’altro e l’amare con l’altro. Il suo nome è “Dio dell’amore e della pace” (2 Cor 13,11). È compito di tutti coloro che portano una qualche responsabilità per la fede cristiana purificare continuamente la religione dei cristiani a partire dal suo centro interiore, affinché – nonostante la debolezza dell’uomo – sia veramente strumento della pace di Dio nel mondo.
Se una tipologia fondamentale di violenza viene oggi motivata religiosamente, ponendo con ciò le religioni di fronte alla questione circa la loro natura e costringendo tutti noi ad una purificazione, una seconda tipologia di violenza dall’aspetto multiforme ha una motivazione esattamente opposta: è la conseguenza dell’assenza di Dio, della sua negazione e della perdita di umanità che va di pari passo con ciò. I nemici della religione – come abbiamo detto – vedono in questa una fonte primaria di violenza nella storia dell’umanità e pretendono quindi la scomparsa della religione. Ma il “no” a Dio ha prodotto crudeltà e una violenza senza misura, che è stata possibile solo perché l’uomo non riconosceva più alcuna norma e alcun giudice al di sopra di sé, ma prendeva come norma soltanto se stesso. Gli orrori dei campi di concentramento mostrano in tutta chiarezza le conseguenze dell’assenza di Dio.
Qui non vorrei però soffermarmi sull’ateismo prescritto dallo Stato; vorrei piuttosto parlare della “decadenza” dell’uomo, in conseguenza della quale si realizza in modo silenzioso, e quindi più pericoloso, un cambiamento del clima spirituale. L’adorazione di mammona, dell’avere e del potere, si rivela una contro-religione, in cui non conta più l’uomo, ma solo il vantaggio personale. Il desiderio di felicità degenera, ad esempio, in una brama sfrenata e disumana quale si manifesta nel dominio della droga con le sue diverse forme. Vi sono i grandi, che con essa fanno i loro affari, e poi i tanti che da essa vengono sedotti e rovinati sia nel corpo che nell’animo. La violenza diventa una cosa normale e minaccia di distruggere in alcune parti del mondo la nostra gioventù. Poiché la violenza diventa cosa normale, la pace è distrutta e in questa mancanza di pace l’uomo distrugge se stesso.
L’assenza di Dio porta al decadimento dell’uomo e dell’umanesimo.
Ma dov’è Dio? Lo conosciamo e possiamo mostrarLo nuovamente all’umanità per fondare una vera pace? Riassumiamo anzitutto brevemente le nostre riflessioni fatte finora.
Ho detto che esiste una concezione e un uso della religione attraverso il quale essa diventa fonte di violenza, mentre l’orientamento dell’uomo verso Dio, vissuto rettamente, è una forza di pace.
In tale contesto ho rimandato alla necessità del dialogo, e parlato della purificazione, sempre necessaria, della religione vissuta. Dall’altra parte, ho affermato che la negazione di Dio corrompe l’uomo, lo priva di misure e lo conduce alla violenza.
Accanto alle due realtà di religione e anti-religione esiste, nel mondo in espansione dell’agnosticismo, anche un altro orientamento di fondo: persone alle quali non è stato dato il dono del poter credere e che tuttavia cercano la verità, sono alla ricerca di Dio. Persone del genere non affermano semplicemente: “Non esiste alcun Dio”. Esse soffrono a motivo della sua assenza e, cercando il vero e il buono, sono interiormente in cammino verso di Lui. Sono “pellegrini della verità, pellegrini della pace”. Pongono domande sia all’una che all’altra parte. Tolgono agli atei combattivi la loro falsa certezza, con la quale pretendono di sapere che non c’è un Dio, e li invitano a diventare, invece che polemici, persone in ricerca, che non perdono la speranza che la verità esista e che noi possiamo e dobbiamo vivere in funzione di essa. Ma chiamano in causa anche gli aderenti alle religioni, perché non considerino Dio come una proprietà che appartiene a loro così da sentirsi autorizzati alla violenza nei confronti degli altri. Queste persone cercano la verità, cercano il vero Dio, la cui immagine nelle religioni, a causa del modo nel quale non di rado sono praticate, è non raramente nascosta. Che essi non riescano a trovare Dio dipende anche dai credenti con la loro immagine ridotta o anche travisata di Dio. Così la loro lotta interiore e il loro interrogarsi è anche un richiamo a noi credenti, a tutti i credenti a purificare la propria fede, affinché Dio – il vero Dio – diventi accessibile. Per questo ho appositamente invitato rappresentanti di questo terzo gruppo al nostro incontro ad Assisi, che non raduna solamente rappresentanti di istituzioni religiose. Si tratta piuttosto del ritrovarsi insieme in questo essere in cammino verso la verità, dell’impegno deciso per la dignità dell’uomo e del farsi carico insieme della causa della pace contro ogni specie di violenza distruttrice del diritto. In conclusione, vorrei assicurarvi che la Chiesa cattolica non desisterà dalla lotta contro la violenza, dal suo impegno per la pace nel mondo. Siamo animati dal comune desiderio di essere “pellegrini della verità, pellegrini della pace”.
Vi ringrazio.
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mercoledì 26 ottobre 2011

Cade il tiranno (Contributi 535)

Quello che segue è l'ultimo editoriale di Samizdat On Line. A quanto detto in esso (assolutamente condivisibile, specialmente la parte conclusiva) mi viene da aggiungere con un poco di tristezza che, molto probabilmente, la morte di Gheddafi è anche dovuta al fatto che "qualcuno" non gradiva che chi era rimasto per oltre 40 anni al potere potesse essere in grado di parlare liberamente e dire cose che era molto preferibile restassero ignote ai più (o a quasi tutti).
Ma ecco l'articolo:

Il tiranno cade. Una volta morto, nella polvere, è evidente che è solo un uomo, non diverso dagli altri.
E' evidente che è uguale ai suoi uccisori. E' evidente che è uguale a noi, che adesso ci indignamo per chi ha ucciso un uomo a sangue freddo. O, peggio, lo giustifichiamo.
Quando morì Bin Laden rimasi stupito che i nostri ragazzi delle medie avessero un giudizio come il resto del mondo.
Una mi disse "Ma se tutti sono contenti devo esserlo anch'io". Ripresi con loro il giudizio del Vaticano «Di fronte alla morte di un uomo, un cristiano non si rallegra mai, ma riflette sulle gravi responsabilità di ognuno davanti a Dio e agli uomini e spera e si impegna perchè ogni evento non sia occasione di una crescita ulteriore dell'odio, ma della pace»
Non so che ne sarà del popolo libico. Le cose buone che pure Gheddafi aveva fatto, la guerra che si diceva buona ne ha fatto scempio. La ferocia con cui si è ucciso il dittatore ci può sconvolgere, ma quale esempio può essere un Occidente che ammazza civili per proteggere i civili, una guerra fatta da lontano con motivazioni che di umanitario hanno il nome, ma di cognome fanno “denaro”?
Un Occidente che adesso, ipocritamente, vuole indagare sull'omicidio, forse per risparmiare sulla taglia?
Riflettete su questo: se Gheddafi fosse stato ammazzato da un missile lanciato da un aereo europeo, ugualmente inerme, ugualmente impossibilitato a difendersi, cosa sarebbe cambiato? Solo i titoli dei tigì.
Avremmo bisogno non di persone che prendono la vita altrui, ma che danno la propria.
Ci sarebbe bisogno di persone così, per raddrizzare quella e questa terra.
Ci sarebbe bisogno di santi.
Dovremmo essere noi.
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domenica 23 ottobre 2011

Domenica 30^ t.o. (Angelus 46)

Cari fratelli e sorelle!
Prima di concludere questa solenne celebrazione, desidero rivolgere a tutti voi un cordiale saluto.
Mi rivolgo anzitutto ai pellegrini venuti per rendere omaggio a San Guido Maria Conforti e a San Luigi Guanella, con un pensiero di speciale affetto e incoraggiamento per i membri degli Istituti da loro fondati: i Missionari Saveriani, le Figlie di Santa Maria della Provvidenza e i Servi della Carità. Saluto i Vescovi e le Autorità civili e ringrazio ciascuno per la sua presenza.
Ancora una volta l’Italia ha offerto alla Chiesa e al mondo luminosi testimoni del Vangelo; rendiamo lode a Dio e preghiamo perché in questa nazione la fede non cessi di rinnovarsi e di produrre buoni frutti.
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mercoledì 19 ottobre 2011

Un invito di Michele (Post 127)

E' passato a visitare il blog Michele D'Ambra che ci lascia un commento al post "Decalogo di mani-polazione" che vado a riportare:
commento da non cristiano. non so se ci sia una persecuzione contro la chiesa. è un fatto,però, che questa foto sia una "brutta" foto. una di quelle immagini forti che, in un epoca in cui le immagini sono quasi una tirannide, sembra dicano "tutto". ma se tutto non è, sta a voi mettervi in gioco e dire la vostra. quello che questa foto non sa raccontare. che cosa è stata e che cosa è la chiesa quando attraversa il male? che cosa è il male? vi esorto, provocatoriamente, a porgere l'altra guancia. nel senso di non chiudervi di fronte all'aggressione, ma di trovare la forza di aprirvi alle cose.
Da quanto ho potuto capire il nostro si occupa di fotografia ed immagine e questo spiega il suo partire dall'immagine. Tolgo subito un dubbio: la persecuzione alla Chiesa e a tutto ciò che è cristiano c'è eccome. Basta solo, per esempio, vedere nelle Filippine.
Non so se intendesse un "lasciatevi ammazzare (fisicamente e psicologicamente) senza reagire" o piuttosto "cercate in quest'aggressione l'occasione di recuperare in verità".
Personalmente infatti colgo le sue parole come uno stimolo, un invito ad essere vero, cristiano autentico, ad affermare le ragioni della mia fede.
Il cristiano è chi segue Cristo, chi trova in Lui il modo più vero e profondo di essere uomo. E Lo afferma come ragione del suo esistere di fronte a tutto il reale. Non attacca ma propone. Non nega ma afferma.
Personalmente penso che la reazione migliore ad ogni aggressione sia l'affermazione della propria fede e del proprio amore a Cristo. Ma è possibile dire la propria nei commenti...
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martedì 18 ottobre 2011

Nella pietra ho trovato il volto di Cristo (Contributi 534)

Dalla Bussola un articolo di Giovanni Fighera ci racconta una bella storia:


Quando lo scrittore Luca Doninelli gli ha chiesto che cosa significa aver incontrato Cristo nella pietra, lo scultore giapponese Etsuro Sotoo ha risposto: «La pietra è un materiale, mi ha portato in Europa. Sono giunto in Spagna alla ricerca della pietra, sono arrivato alla Sagrada Familia senza sapere cosa fosse. La pietra non si muove, per questo mi sono mosso io. Come diventa madre una donna? Sono i bambini che fanno diventare madre le donne. I bambini non sanno parlare, ma le mamme cercano di capirli. Le pietre mi hanno fatto scultore. Per scolpire le pietre bisogna amare gli strumenti, poi la pietra. La pietra non parla, ma ha il potere, come i bambini, di cambiare il mondo, come ha cambiato me. Questa è la base della fede. Se tu cerchi la verità, qualsiasi materiale può portarti dove devi andare. La pietra mi ha aiutato ad arrivare in Europa, ma quello che cercavo io era la verità».
Con queste bellissime parole, Etsuro Sotoo ha ricevuto venerdì scorso, 14 ottobre, il Premio internazionale della Cultura Cattolica della città di Bassano del Grappa.
Nato nel 1953, dal 1978 lavora a Barcellona alla Sagrada Familia. Nel 2000 ha completato la facciata della Natività realizzando quindici angeli. Da anni è divenuto il direttore dei lavori. Ha raccontato la sua esperienza in un libro intitolato Dalla pietra al maestro edito in Italia da Cantagalli. Pochi anni fa si è convertito ed è stato battezzato con il nome di Luca Michelangelo, proprio perché san Luca è il patrono degli artisti. Sotoo deve tanto alla pietra, che gli ha permesso di andare oltre la pietra per vedere cosa vi si trovasse, ma anche ad un maestro, Gaudì, il grande scultore della Sagrada Familia.
Nel tempo lo scultore giapponese ha capito che non doveva guardare Gaudì, ma guardare là dove guardava Gaudì.
«Gaudì» dice Sotoo «è il migliore maestro, perché ha adattato le sue opere al cliente, ha cercato di rendere felice il cliente. Per questo le sue opere sono così diverse, perché i suoi committenti sono molto differenti tra loro.
Il cliente della Sagrada Familia è Dio stesso e Dio è per tutti. Per questo Gaudì pensava di dover dare di più per accontentare Dio. Non doveva pensare che il tempo passa e che lo spazio è limitato. Tutto ciò che c’è ce l’ha regalato Dio. Non è il tempo che passa, siamo noi che passiamo. Questo è cogliere il massimo di quello che Dio ci ha regalato. Noi dobbiamo approfittare del tempo e dello spazio per far ritornare a Dio la bellezza che Lui ci ha regalato, questo è quello che ha voluto fare Gaudì».
Per questo Gaudì è il migliore maestro, perché un maestro indica non se stesso, ma la verità e la bellezza. Lo spettatore e l’allievo devono imparare a guardare per riconoscere ciò a cui il maestro indirizza.
Lo scultore giapponese è stato così insignito di un riconoscimento che annovera illustri predecessori. Tra questi, coloro che hanno conseguito il Premio internazionale della Cultura Cattolica della città di Bassano del Grappa ci sono i filosofi Augusto del Noce e Cornelio Fabbro, il pontefice Joseph Ratzinger (allora Cardinale), i cardinali Giacomo Biffi, Carlo Caffarra, Camillo Ruini, Angelo Scola, il fondatore di Comunione e Liberazione don Luigi Giussani, i giornalisti e scrittori Vittorio Messori e Cesare Cavalleri, il teologo René Laurentin, il romanziere Eugenio Corti, l’Ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede Mary Ann Glendon.
Ecco le motivazioni con cui la scuola di Cultura Cattolica di Bassano ha conferito il premio a Etsuro Sotoo: «Uno scultore, la cui opera testimonia in modo esemplare, non soltanto la capacità di trasfigurare persino la pietra in ciò che c´è di più bello nell´uomo e nella sua libertà, ma anche la forza vivificante che in quest´opera di trasfigurazione può venire della fede in Gesù Cristo». In un’epoca di grandi cambiamenti nelle comunicazioni lo scultore ci ricorda che «la comunicazione è amore di chi vuole comunicare e di chi vuole ascoltare. Se hai nel cuore l’amore, non hai problema a comunicare anche tra persona appartenenti a popoli diversi o a epoche diverse».
La Sagrada Familia è testimonianza che la bellezza colpisce il cuore di ciascuno che sia nella tensione di guardare, perché è un linguaggio universale. La storia dello scultore Sotoo ci rammenta che il cuore di ciascun uomo è fatto per la verità. Mantenere viva la domanda di verità è il presupposto che permette anche alle pietre di parlarci e di condurci là dove bramiamo. Lo scriveva già Dante settecento anni fa: «Le cose tutte quante/ hanno ordine tra loro, e questo è forma/ che l'universo a Dio fa simigliante» (Paradiso, canto I). La bellezza, quindi, conduce a Dio. Nel contempo, però, l’uomo è l’unica creatura che sa cogliere la bellezza come segno, via verso la verità: «Qui veggion l'alte creature l'orma/de l'etterno valore, il qual è fine/ al quale è fatta la toccata norma».
Per questo la vera cultura e la vera arte sono «cattoliche», cioè universali, valide per tutti. Per questo esse non possono che essere pienamente religiose, cioè scaturire dalla domanda di verità, di bellezza e di amore che alberga nel cuore dell’uomo. Per questo una ragione spalancata conduce alla fede. Come è accaduto ad Etsuro Sotoo.
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Domenica 29^ t.o. (Angelus 45)

Angelus del 16/10/2011:


Cari fratelli e sorelle!
Ieri e oggi ha avuto luogo in Vaticano un importante incontro sul tema della nuova evangelizzazione, incontro che si è concluso questa mattina con la Celebrazione eucaristica da me presieduta nella Basilica di San Pietro. L’iniziativa, organizzata dal Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, aveva lo scopo principale di approfondire gli ambiti di un rinnovato annuncio del Vangelo nei Paesi di antica tradizione cristiana, e al tempo stesso ha proposto alcune testimonianze ed esperienze significative. All’invito hanno risposto numerose persone di ogni parte del mondo, impegnate in questa missione, che già il Beato Giovanni Paolo II aveva chiaramente indicato alla Chiesa come sfida urgente e appassionante. Egli, nella scia del Concilio Vaticano II e di colui che ne ha avviato l’attuazione - il Papa Paolo VI - è stato infatti sia uno strenuo sostenitore della missione ad gentes, cioè ai popoli e ai territori dove il Vangelo non ha ancora posto radici, sia un araldo della nuova evangelizzazione. Sono, questi, aspetti dell’unica missione della Chiesa, ed è pertanto significativo considerarli insieme in questo mese di ottobre, caratterizzato dalla celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale, proprio domenica prossima.
Come già ho fatto poc’anzi durante l’omelia della Messa, approfitto volentieri di questa occasione per annunciare che ho deciso di indire uno speciale Anno della Fede, che avrà inizio l’11 ottobre 2012 – 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II – e si concluderà il 24 novembre 2013, Solennità di Cristo Re dell’universo. Le motivazioni, le finalità e le linee direttrici di questo “Anno”, le ho esposte in una Lettera Apostolica che verrà pubblicata nei prossimi giorni. Il Servo di Dio Paolo VI indisse un analogo “Anno della fede” nel 1967, in occasione del diciannovesimo centenario del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo, e in un periodo di grandi rivolgimenti culturali. Ritengo che, trascorso mezzo secolo dall’apertura del Concilio, legata alla felice memoria del Beato Papa Giovanni XXIII, sia opportuno richiamare la bellezza e la centralità della fede, l’esigenza di rafforzarla e approfondirla a livello personale e comunitario, e farlo in prospettiva non tanto celebrativa, ma piuttosto missionaria, nella prospettiva, appunto, della missione ad gentes e della nuova evangelizzazione.
Cari amici, nella Liturgia di questa domenica si legge ciò che san Paolo scrisse ai Tessalonicesi: “Il nostro Vangelo non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione”. Questa parola dell’Apostolo delle genti sia auspicio e programma per i missionari di oggi – sacerdoti, religiosi e laici – impegnati ad annunciare Cristo a chi non lo conosce, oppure lo ha ridotto a semplice personaggio storico. La Vergine Maria aiuti ogni cristiano ad essere valido testimone del Vangelo.
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venerdì 14 ottobre 2011

La sfida è culturale, non politica (Contributi 533)

Un commento di Mons. Luigi Negri, Vescovo di S.Marino-Montefeltro sull'attuale situazione del nostro Paese tratto da La Bussola. Un testo ASSOLUTAMENTE da leggere, meditare, diffondere. E su cui lavorare personalmente, per il cambiamento di sè e di conseguenza della società. Perchè solo uomini cambiati dall'incontro con Cristo possono cambiare la società in cui vivono.


Cerco di immedesimarmi nella complessità e nella contraddittorietà della situazione italiana, culturale, sociale, politica e, di riflesso anche ecclesiale, cercando di percepire il tipo di sfida che viene alla mia presenza di pastore, di guida di una comunità ecclesiale.
Ora è indubbio che come ho detto tante altre volte - ma mi sembra giustissimo ribadirlo – quella cui siamo di fronte è una gravissima crisi di carattere culturale. Culturale nel senso sostanziale della parola cultura, che io ho imparato congiuntamente da don Luigi Giussani e da Giovanni Paolo II: quella impostazione sostanziale della vita umana come senso, come significato, come bellezza, come giustizia, come bene. Questa cultura primaria – così la chiamava Giovanni Paolo II nell’indimenticabile allocuzione all’Unesco del 1° luglio 1980 - questa cultura di base è sostanzialmente sparita dal nostro paese.
Ed è anche l’occasione per dire che chi ha spazzato via la cultura del nostro popolo è questa specie di ideologia, blanda come formulazioni ma durissima come realizzazioni, che possiamo ascrivere a quel fermentare di posizioni massoniche, razionaliste, consumiste, comuniste (o meglio, materialiste) che sono ferreamente dominate dal massmediatico. I mass media – recuperando una bellissima immagine di Benedetto XVI in Germania – hanno fatto piovere sulla nostra fede e sul nostro popolo la pioggia acida di questa ideologia del massmediaticamente corretto.
E’ un vuoto, è un vuoto che si ammanta di perbenismo, di rispettabilità, di sviscerata devozione alle istituzioni sociali da cui deriverebbero tutti i diritti. In pratica siamo tornati all’assolutismo di stato, all’assolutismo della società, i diritti non sono recepiti dall’uomo nell’ambito della sua coscienza nel confronto aperto con il mistero, con Dio. No, i diritti sono quelli che la società riconosce, promuove.
Ecco quindi servito Benedetto XVI con i suoi valori non negoziabili. L’abolizione dei cosiddetti valori non negoziabili, così come formulati dal Papa, sarà di fatto il fil rouge dei programmi di tutte le formazioni socio-politiche, soprattutto quelle che si collocano o si collocheranno a sinistra. E non ci si illuda di perseguire così il bene comune. Il bene comune - che è una realtà ampia e variegata che si attua in certe precise condizioni di carattere sociale - è l’espressione di un cuore più profondo. E Il cuore più profondo sono i valori non negoziabili.
C’è dunque un disagio, che è un disagio fortissimo, perché mancando la cultura mancano gli uomini, mancano le personalità capaci di assumersi le proprie responsabilità, capaci di dare giudizi, capaci di porre azioni conseguenti.
La politica è una miseria, ma quale altro campo della nostra vita culturale e sociale non mostra questa miseria? Questa assenza di personalità significative, questo morire ogni giorno nella polemica politica o culturale nella banalità della cosiddetta vita privata che diventa, per gli uni e per gli altri senza molta differenza, una questione di Stato.
Allora io credo che la Chiesa debba rifuggire la tentazione di intervenire velocemente per cercare di risolvere velocemente le cose.
Questi non sono problemi che si risolvono velocemente, queste crisi hanno bisogno di un lungo processo educativo . E il processo educativo non si fa con le autostrade, il processo educativo si fa camminando per sentieri, salendo greppi – come dicono nei posti dove sono vescovo -, faticando giorno dopo giorno perché la cultura di base che la Chiesa propone diventi forma della personalità, riferimenti valoriali ultimi, obiettivi personali, familiari, sociali.
L’educazione non si improvvisa e soprattutto non è frutto di qualche slogan ben detto o di qualche pubblicazione di grande o di piccolo respiro. Dobbiamo tornare a educare il nostro popolo a partire dalla fede in modo che il fenomeno della evangelizzazione diventi educazione, l’educazione diventi formazione di personalità.
Certo, la società è in crisi nel suo aspetto politico, ma la società non è forse in crisi nel suo aspetto familiare? La crisi sociale è un aspetto di questa impressionante crisi familiare per cui le famiglie, distrutte nella maggior parte della loro realtà, sono incapaci di dare ai giovani e ai più giovani degli orientamenti sicuri per vivere, e quindi quelle ragioni per vivere senza la formulazione delle quali non esiste possibilità di educazione.
Il compito è formare un popolo di laici che si assumano poi la responsabilità dei giudizi e delle azioni conseguenti; si deve fuggire la tentazione di creare un popolo o un pseudo popolo di credenti che poi accetti di essere telecomandato dall’ecclesiasticità nei punti di maggiore responsabilità. Non dobbiamo in nessun modo sostituirci ai laici nell’impresa totalmente loro di portare dentro una società come la nostra il loro contributo originale di intelligenza, di passione, di educazione, di capacità costruttiva.
Io credo che sia una grande sfida. Non possiamo disperderci su altre sfide pretendendo che noi siamo sfidati nel campo delle indicazioni alla soluzione dei problemi concreti sociali e politici, o che siamo sfidati nella individuazione di strategie a breve o lungo termine per la soluzione dei problemi socio-politici.
Noi siamo sfidati sull’essenza della nostra identità, della nostra missione.
Giovanni XXIII ha detto che se la Chiesa non è maestra non è neanche madre, se è madre non può che essere maestra. E’ una strada, lunga ma affascinante, lungo la quale è possibile incontrare persone vicine o lontane, ma che sono disponibili alla conversione dell’intelligenza e del cuore.
Sembra un discorso astratto? Credo ci sia una parte dell’ecclesiasticità che sbufferà sentendo queste cose come se queste cose fossero astratte. Ma questa è l’astrazione che cambia la storia.
La concretezza di tanti, anche cattolici, finisce per morire nella storia.
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martedì 11 ottobre 2011

Lettera di P. Aldo Trento (Interventi 106)

Una nuova toccante lettera di Padre Aldo Trento sullo stupore e la contemplazione della vita e dell'altro.
Sempre e comunque.
Da leggere d'uno solo fiato.

Cari amici, questa sera sono stato piú tempo del solito aguardare i miei bambini ammalati, e in particolare il piccolo Victor. Da quando è nato è steso sul suo lettino. Non parla, non vede, non ascolta. Sembra assente totalmente dalla realtà. In tutto dipende da un altro. Non ha la scatola cranica mentre i suoi occhietti da tempo sono scoppiati. Può essere mosso solo su due posizioni: dritto con la pancia in su e ogni tanto delicatamente su uno dei due lati. Le piaghe da decubito, momento per momento trattate, insieme ad un gemito sottile che lo acompagna ci danno il quadro fisico, quello che vediamo di lui. Eppure Victor è molto, infinitamente di più. È l`evidenza clamorosa della vibrazione dell`Essere. Lo guardo commosso, lo accarezzo `perche lui c`e, esiste. C`e, esiste!
Che stupore sento in me guardando l`essere che vibra in ogni particolare del suo corpo martoriato. Victor c`e, esiste, vive.
Ogni volta che mi avvicino m`impatta la bellezza dell`essere un frammento di secondo che Lui è fatto, è fatto come me in ogni momento.
La sua bellezza e quella dell`essere, del suo essere quasi ingabbiato in un corpo apparentemente deforme eppure tempio dello Spirito Santo.
Lui, credo mi conosca per i baci, la tenerezza, ma sopratutto perché sia lui che io esitiamo, ci siamo, e siamo come “Tu che mi fai”. Il valore della sua vita, come quella del mio "figlio" Aldo e di Mario sta nell`essere che posso contemplaree da subito riconoscere sono come me relazione con l`infinito.
Molte volte penso guardandoli, cosí “deformi” per il mondo perche la cultura di oggi non riesce piú a coglire l`esser, ciò che esiste sulla sua profondità.
Sono tante coppie che quando aspettano un figlio, più che essere commosi fino alle lacrime per il fatto che c`e, sono preoccupate per come è, come stá o se è maschio o femmina. Che bestemia! Prima dell`ecografía c`é la commozione per l`essere. Quella comozione che qualunque sia l`esito dell`ecografía non puó non crescere facendoci vibrare perché il Mistero si é reso manifesto. Quale grazia per me, per voi il mio Victor, sacramento dell`essere che lo crea in ogni momento. É un sabato sera, ma non riesco a staccarmi da Victor, e da Aldo e Mario. Victor respira affannosamente, gli ho fatto una carezza e lui ha stretto i suoi piccoli pugni. Dalla nascita sembra assente dalla realtá eppure lui é nel cuore della realtá
La bellezza di queste creature sta solo nel fatto che Esistono!
Ed esistono perche un Altro prima di formarli cosí nel seno della loro madre ha pronunziato il loro nome. Capite allora che razza di miracolo l´esistere, che razza di comozione suscita in me l`essere di ognuno.
Guardando loro non posso che essere grato per ció che mi unisce a loro. L`essere e l'essere fatto adesso. Auguro a quanti aspettano un figlio di avere questa posizione adorante e commossa e non la  preoccupazione egoista di come sará perche non accada che scomponga i nostri progetti che niente hanno c che vedere con l`essere e, quindi con il disegno di Dio su ognuno di noi.
Pensate che differenza abissale passa fra il guardare un malato, un lebbroso come quello che ho nella cappella del Santíssimo con questi occhi fissi sull`essere a guardare gli stessi solo nel loro aspetto fenomenico! Senza questa posizione che senso avrebbe la vita e il nostro vivere quotidiano?


P. Aldo
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domenica 9 ottobre 2011

Domenica 28^ t.o. (Angelus 44)

Zona ex-Sir, periferia industriale di Lamezia Terme

Cari fratelli e sorelle,
mentre ci avviamo al termine della nostra Celebrazione, ci rivolgiamo con filiale devozione alla Vergine Maria, che in questo mese di ottobre veneriamo in particolare col titolo di Regina del Santo Rosario. So che diversi sono i Santuari mariani presenti in questa vostra terra, e mi rallegro di sapere che qui in Calabria è viva la pietà popolare. Vi incoraggio a praticarla costantemente alla luce degli insegnamenti del Concilio Vaticano II, della Sede Apostolica e dei vostri Pastori. A Maria affido con affetto la vostra Comunità diocesana, perché cammini unita nella fede, nella speranza e nella carità. Vi aiuti la Madre della Chiesa ad avere sempre a cuore la comunione ecclesiale e l’impegno missionario. Sostenga i sacerdoti nel loro ministero, aiuti i genitori e gli insegnanti nel compito educativo, conforti i malati e i sofferenti, conservi nei giovani un animo puro e generoso. Invochiamo l’intercessione di Maria anche per i problemi sociali più gravi di questo territorio e dell’intera Calabria, specialmente quelli del lavoro, della gioventù e della tutela delle persone disabili, che richiedono crescente attenzione da parte di tutti, in particolare delle Istituzioni. In comunione con i vostri Vescovi, esorto in particolare voi, fedeli laici, a non far mancare il vostro contributo di competenza e di responsabilità per la costruzione del bene comune.
Come sapete, oggi pomeriggio mi recherò a Serra San Bruno per visitare la Certosa. San Bruno venne in questa terra nove secoli fa, e ha lasciato un segno profondo con la forza della sua fede. La fede dei Santi rinnova il mondo! Con la stessa fede, anche voi, rinnovate oggi la vostra, nostra amata Calabria!
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giovedì 6 ottobre 2011

Padre nostro (Post 126)

Premetto che chi scrive non ha titoli accademici in teologia o affini. Sono solo un comune credente che parla un po’ “a pelle”. Mi si perdonerà anche il linguaggio non tecnico
Ho letto nella giornata di ieri quello che dovrebbe essere il nuovo testo del Padre nostro e sono rimasto MOLTO sorpreso.
Riporto quanto letto: «Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione»
Per aiutare i lettori di fragile memoria riporto anche il testo “classico” della preghiera insegnataci da Gesù, quello recitando il quale siamo cresciuti:
“Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male”
Ero già a conoscenza che la parte conclusiva non era tradotta in modo particolarmente felice (il “non ci indurre in tentazione” si traduceva meglio con “non farci cadere nella tentazione”), ma a parte questo nulla avevo da eccepire sulla preghiera. Anche perché, ripeto, è quella che Gesù stesso ha dato ai Suoi discepoli dietro loro richiesta.
La nuova versione mi delude molto per vari motivi:
1) sorvoliamo sull’omissione “che sei nei cieli” ma come si può omettere “sia fatta la tua volontà…” ? Forse i nuovi traduttori non vogliono realmente che la volontà, il disegno di Dio, si compia, si realizzi? Hanno qualche altro disegno da portare avanti?
2) nella nuova traduzione sembra che, tutto sommato, si dica “dato che noi uomini perdoniamo ai nostri simili, anche tu, Dio, perdona a noi” che è come dire "commetti tutti i peccati che vuoi che, perdonando il tuo prossimo, vieni perdonato da Dio."
Che è la scomparsa di ogni possibile rapporto personale con Dio.
La relazione d’amore fra Dio e l’uomo viene ad essere annullata o quanto meno svilita. Non sono più io che, riconoscendomi oggetto e destinatario di un amore immeritato e gratuito da parte di Dio, riesco a perdonare il mio prossimo, ma sono io che perdonando gli altri induco Dio a fare altrettanto con me. Che non è quanto diceva la “vecchia” versione !
3) Ma la cosa più grave è la scomparsa del “liberaci dal male” ! Non c’è più alcun riferimento “all’avversario”, al nemico nostro e di Dio. Con la frase “liberaci dal male” si rendeva evidente che esiste un qualcosa (o un qualcuno) che ci è ostile e che senza l’aiuto divino non possiamo affrontare efficacemente. Ora non se ne fa menzione alcuna. Si vuol far passare il messaggio che non c’è alcun male da cui essere liberati?


Dal basso della mia ignoranza ho già detto in altre occasioni che, a mio avviso, diversi sacerdoti (anche di rango elevato) sembra lavorino più per seminare la zizzania che per il grano, molto più amici di Giuda che di Gesù. E questa rinnovata traduzione mi riconferma nella mia opinione. Si è sostituito un efficace ricostituente con un blando bicchiere di acqua zuccherata (in cui per di più l’acqua non è nemmeno di buona qualità).
Mi fermo qui e mi auguro che i miei pochi lettori (di certo più preparati di me) possano intervenire con i loro pareri…..
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Ci si salva restando fianco a fianco (Interventi 105)

Non limitiamoci a cercare la nostra salvezza individuale: significherebbe comprometterla.
In guerra, mentre la truppa combatte allineata, guai se un soldato pensa unicamente a salvarsi fuggendo: contribuisce a una catastrofe che travolgera' tanto lui che i compagni. Invece, il soldato di valore che combatte per gli altri, questi salvando gli altri salva anche se stesso.
Ora, la nostra vita e' una lotta, e' la piu' dura di tutte le guerre. Restiamo dunque fianco a fianco e combattiamo tutti insieme, pensando alla salvezza comune, incoraggiando quelli che si reggono ancora in piedi e rialzando quelli che son caduti per terra.
Molti nostri fratelli son caduti per terra in questa battaglia, molti sono stati feriti e sanguinano. Ma nessuno si occupa di loro.
Ciascuno pensa soltanto ai propri affari. Cio' diminuisce le probabilita' del successo.
Potremmo essere piu' fiduciosi e ci attenderebbe una gloria piu' grande se considerassimo il bene altrui come bene nostro. Invece non ci proteggiamo gli uni gli altri, non usiamo come scudo l'amore fraterno.
Abbiamo tra noi rapporti d'amicizia, ma per altri motivi: la parentela, l'abitudine, la vicinanza. Siamo amici, ma per tutt'altra ragione che la fede. Solo la fede dovrebbe essere il nodo dei nostri legami d'amicizia.


Giovanni Crisostomo (Sul Vangelo di San Matteo, 59, 5, PG 58, 581)
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Aldo Trento sulla confessione (Interventi 104)

Una recente lettera di Padre Aldo Trento dal Paraguay ci parla della confessione e del continuo lavoro di conversione personale:

Cari amici,
sono appena tornato dal confessarmi e finalmente dopo una settimana molto dura il cielo è tornato azzurro. Che grazia grande la confessione settimanale o anche più spesso.
E guardate che la confessione non ha nulla a che fare con la direzione spirituale o con la ricerca di qualche consiglio.
Il mio confessore è essenziale, ascolta i miei peccati, mi da la penitenza, mi fa dire l’Atto di dolore e poi l’assoluzione. Il tutto in tre minuti. Eppure che Avvenimento, che incontro con lo sguardo di Gesù che con i peccatori non ha mai perso più di qualche minuto. A Zaccheo ha detto: “scendi perché questa sera vengo a cenare con te”. A la adultera: “Donna chi ti ha condannato?” “Nessuno, Signore” “Neanch’io ti condanno. Va e non peccare più, cioè rimani sempre con me”. A Levi “seguimi” e lo seguì. Qualche minuto in più lo ha dedicato alla Samaritana, ma aveva le sue ragioni pedagogiche. Così è anche il mio confessore.
L’essenzialità del Sacramento: riconoscere la Presenza, affidare il mio nulla e sentirmi abbracciato nella mia follia perché come ci ricorda Giussani nel suo libro: “Ciò che abbiamo di più caro” “chi commette peccato odia se stesso” e questa è la follia. Era stata una settimana dura in cui Gesù mi ha tenuto proprio vicino a Lui sulla croce ed in certi momenti l’avrei lasciato solo volentieri. È la tentazione a cui la mia libertà risponde con la confessione. Cioè con la pratica di ciò che Peguy e Giussani cita nell’ultimo libro, chiamano: VERITÀ IGIENICA, di cui la confessione è nella mia esperienza di 22 anni di missione, il cuore. Peguy parla di verità chirurgica che è quella più comoda: tagliare. E di verità igienica: “non cercate un miracolo ma un cammino”. Giussani mi ha educato molto bene a vivere questa speranza della verità igienica sia nel modo con cui mi ha educato a vivere la mia affettività e sia nel modo con cui vivere ogni particolare. Mentre noi saremmo sempre propensi per la verità chirurgica: tagliare. E così noi sperimenteremo la gioia di essere uomini, la gioia che nasce dal fatto che nulla di ciò che è umano ci sarà estraneo. È una grande sfida alla libertà perché la verità igienica ti chiama in gioco nella tua totalità ed esige un lavoro paziente come quello di un parto per ricordare il manifesto della Pasqua 1989, che riportava la famosa frase di Mounier. Questa settimana avrei voluto tagliare tante cose, tanti rapporti perché sentivo la fatica, ma l’obbedienza alla realtà mi ha fatto stare dentro quanto accadeva senza tagliare niente, senza censurare niente e alla fine, grazie alla compagnia sacramentale e alla confessione mi trovo più libero, più lieto. Lo pensavo ieri sera quando sono andato dal diabetologo il quale anche lui ha applicato noi miei confronti una terapia igienica non chirurgica. E questa terapia, la igienica si gioca tutta nella mia libertà, però alla fine salva tutto.Amici miei … anche un eventuale innamoramento imprevisto e da cui vorreste scappare o strappartelo di mezzo, come molti mi scrivono, ed invece devi fare i conti gridando e chiedendo aiuto. Vi auguro di leggere su “Ciò che abbiamo di più caro” quanto dice Giussani per cogliere la necessità di un lavoro, di un cammino, perché il vero miracolo è la verità igienica di cui la confessione frequente è il segno di una libertà davvero impegnata in un cammino di conversione. La settimana è stata dura, come ogni giorno perché qui vivo sempre nello stesso istante la morte e risurrezione di Gesù. Non ci sono intervalli!
Un abbraccio,
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lunedì 3 ottobre 2011

Decalogo di mani-polazione (Contributi 532)

Ecco l'ultimo editoriale di Samzdat On Line che mi pare molto interessante come segnale di un clima ostile al cristianesimo e come un voler fornire informazioni in modo parziale:

Ratzinger da giovane in una foto pubblicata da alcuni giornali
Il quotidiano cattolico britannico Catholic Herald ha messo in fila alcune delle tendenze più comuni della stampa – della stampa di sinistra, o comunque critica con la religione – nel raccontare le cose che riguardano la Chiesa, e in particolare le iniziative del Papa. Ne è uscito un elenco sarcastico e divertente di consigli al contrario per un ipotetico giovane cronista al suo primo incarico nella copertura di un evento cattolico, un raduno o una visita papale. Una lista di dieci cliché che i media tendono a usare in questi casi.


1. Per qualsiasi evento a cui partecipa il Papa, gonfia sempre il numero di chi protesta.
Alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid di quest’anno i manifestanti che partecipavano alle contestazioni erano soltanto lo 0,04 percento dei giovani venuti per vedere il Papa, eppure questo non ha impedito alla BBC di concentrarsi quasi esclusivamente su di loro.


2. Qualsiasi voce sui possibili disaccordi da parte di politici su una visita del Papa deve essere raccontata come un fatto, come se fosse già accaduto.
E non correggere la storia se poi viene fuori che solo una piccola parte dei rappresentanti del governo non ha partecipato all’evento.


3. Usa spesso le parole “divisa” e “divisione”.
Ricorda, le opinioni del Papa sono sempre pericolose e allarmanti. Ci sono un sacco di altri aggettivi poi che puoi usare in modo suggestivo. Il tuo professore di giornalismo ti avrà insegnato a essere cauto con gli aggettivi, ma sicuramente non stava parlando delle cronache religiose. Prendi spunto da questo attacco della Reuters.


4. Prendi in giro e svaluta la posizione della Chiesa sulle questioni morali definendola “la politica della Chiesa”.
Ricordati di dire che la Chiesa ha delle “politiche” su questo o su quello, come nel caso di un qualsiasi governo, e quindi queste politiche potrebbero essere cambiate da un momento all’altro.


5. Assicurati di far notare come la morale cattolica contrasti con la morale dei nostri tempi.
Che si tratti di contraccezione, cambiamento climatico o immigrazione.


6. Non affidarti solo alle tensioni percepite ma cerca di fomentare lo scontento cercando su Google quante più storie negative riesci a trovare sulla Chiesa.


7. Se non hai tempo per approfondire il senso di alcuni dei passaggi più significativi del Papa, dì semplicemente che il discorso «ha virato verso il tono accademico».
Nessuno potrà darti la colpa e in più darai l’impressione che il Papa è un oratore noioso.



la foto di sopra nella sua interezza
8. Raccogliere dichiarazioni è molto difficile.
La regola comunque è non raccogliere mai dichiarazioni dai fedeli, ma solo da chi protesta.

9. Se possibile, usa foto con il Papa di schiena.

Sono fantastiche perché implicano che è isolato e impopolare. Non lasciarti convincere dalle testimonianze che lo descrivono come una persona energica e circondata da migliaia di sostenitori.


  10. Infine, più importante di tutti, usa liberamente Adolf Hitler.
Nessuna cronaca di Benedetto XVI o della Chiesa Cattolica è completa se manca un collegamento ai nazisti, specialmente il fatto che il Papa fosse stato un membro della Gioventù hitleriana. Non perdere tempo a leggere le sue dichiarazioni in proposito o a chiedere a qualcuno che conosca bene la storia di quel periodo. Potresti scoprire che Ratzinger era un giovane che malvolentieri entrò a far parte di quel gruppo in un periodo in cui tutti i giovani erano costretti a far parte di qualche organizzazione statale. Ricordati soltanto che ne faceva parte. Se riesci a nominare Hitler e i nazisti nello stesso paragrafo, ottieni un bonus.
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