Benvenuti

Questo blog è uno spazio per aiutarsi a riprendere a pensare da cattolici, alla luce della vera fede e della sana dottrina, cosa che la società moderna sta completamente trascurando se non perseguitando. Un aiuto (in primo luogo a me stesso) a restare sulla retta via e a continuare a camminare verso Gesù Cristo, Via Verità e Vita.
Ogni suggerimento e/o contributo in questa direzione è ben gradito.
Affido allo Spirito Santo di Dio, a Maria Santissima, al Sacro Cuore di Gesù e a San Michele Arcangelo questo lavoro di testimonianza e apostolato.
Un caro saluto a tutti e un sentito ringraziamento a chi vorrà contribuire in qualunque modo a questa piccola opera.

S. Giovanni Paolo II

Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata... Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità di distruggere la vita non nata...Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio... Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio viene abbandonata all'egoismo umano... e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale... Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell'individuo ma anche per quello della società... Ci alzeremo quando la libertà viene usata per dominare i deboli, per dissipare le risorse naturali e l'energia e per negare i bisogni fondamentali alle persone e reclameremo giustizia... Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto.

venerdì 30 ottobre 2009

Contributi 177 - Halloween, il crisantemo opposto

Halloween ("All Hallows'Eve day"), è la festa più importante dell'anno per tutti i seguaci di Satana. Che, intelligentissimo, danza nascondendosi. Entra nelle scuole con feste e filastrocche in inglese, zucche e teste vuote. Passeggia nelle strade con "dolcetto o scherzetto" (in origine "maledizione o sacrificio")
Prospettive diverse, forse opposte. Sul davanzale di novembre crisantemi, cimiteri addobbati di luce, preghiere silenziose e composite: è la memoria che va cercando lo spazio del cuore per riannodare vecchi volti. Storie già partite. Frammenti di eternità nello scorrere del tempo.
La solennità dei santi e la commemorazione dei defunti sono l'eco di un limite che all'uomo non è dato oltrepassare: il mistero tremendo e affascinante della morte. Della conversazione tra cielo e terra. Tra tempo ed Eternità. Occasione di speranza per qualcuno: perché dopo la sorte toccata all'Uomo della Croce morire non è più assurdo e insignificante. Motivo d'angoscia per altri: perché quel limite richiama il senso della finitezza, dell'impotenza, del confine umanamente insormontabile. Del mistero.
E all'insormontabile qualcuno risponde con la magia, l'esoterismo, il fascino attraente dell'occulto. La bellezza dell'estremo. Il rischio della magia. E' il benvenuto di Halloween ("All Hallows'Eve day"), la festa più importante dell'anno per tutti i seguaci di Satana. Che, intelligentissimo, danza nascondendosi. La sua migliore pubblicità. Entra nelle scuole con feste e filastrocche in inglese, zucche e teste vuote. Passeggia nelle strade con "dolcetto o scherzetto" (in origine "maledizione o sacrificio"), con maschere carnevalesche e campanelli suonati fuggendo.
Viaggia nei pensieri con l'antica leggenda di Jack, il fabbro malvagio.
Con la magia dei racconti, il fascino catodico degli horror cult. E dietro le zucche un'illusione: diventare più furbi del Diavolo. Per evitare il mondo degli inferi. Pipistrelli e gatti neri. La luna piena, le streghe e i fantasmi: l'alfabeto dell'occulto che ad Halloween trova cittadinanza onoraria. Con tanto di consegna di chiavi della città dell'anima.
Si legge trafugando nella Scrittura Sacra: "il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza" (Osea 4,6). Anche l'Isaia profeta lanciava grida di battaglia contro chi mescola il bene col male confondendolo a proprio piacimento. E' legge sotterranea quella di soffocare nelle osterie della vita l'angoscia dell'esistenza.
Dando credito al primo gatto-volpe che passa.
Soprattutto quando il cuore non conosce custodia alcuna. Così, decidendo di non pensare alla morte, l'uomo scende a patti con l'Avversario, il demone per eccellenza.
Fino ad organizzargli una festa senz'accorgersi che il credito procuratosi è l'angoscia.
Ma se l'uomo s'accorgesse, la Menzogna tradirebbe la sua intelligenza.
Oltre a rovinare la notte di Halloween.
Don Marco Pozza - Cultura Cattolica
-

Post 57 - di hallowen e Holywen

Che hallowen sia una festa pagana non credo ci siano dubbi, anche se un anonimo commentatore mi ha detto: Mons. Zenti non dovrebbe parlare di "..chiara intenzione di soppiantare la festa di tutti i Santi.." visto che le celebrazioni tradizionali della transumanza e della fine dell'estate avvengono in questa data da molto tempo prima che Cristo ci illuminasse la via.
Il problema è però che qui non ci troviamo di fronte ad una bucolica celebrazione di transumanza ma di vera e propria esaltazione e celebrazione del male come ci ricorda Angel in due distinti interventi: (1)....Ritengo anche io, infatti, che Halloween sia una sorta di celebrazione demoniaca compiuta in via indiretta, magari anche inconsapevole. Ecco perchè bisogna avvertire le persone di questo che chiamo inganno di Halloween. D'altronde conosciamo le abilità ingannatrici del demonio e questa è una di queste... (2) ...che c'è più gioia nel festeggiare i nostri Santi che i demoni di satana.
Il nostro nemico è molto abile nell'ingannare ed occorre molta attenzione e moltissima preghiera per non rimanere ingannati da lui. Ricordo quanto dice Padre Gabriele Amorth (che sicuramente conosce bene il nemico):
''Penso che la societa' italiana stia perdendo il senno, il senso della vita, l'uso della ragione e sia sempre piu' malata. Festeggiare la festa di Halloween e' rendere un osanna al diavolo.
Il quale, se adorato, anche soltanto per una notte, pensa di vantare dei diritti sulla persona.
Allora non meravigliamoci se il mondo sembra andare a catafascio e se gli studi di psicologi e psichiatri pullulano di bambini insonni, vandali, agitati, e di ragazzi ossessionati e depressi, potenziali suicidi''.
L'iniziativa di Holywen, per ora limitata a poche città è comunque la strada giusta per riportare la vita di ognuno di noi nel giusto binario. Guardare ai Santi, seguirne le tracce, imparare dalla loro testimonianza è decisamente più vicino al desiderio del nostro cuore che non lasciarsi trascinare dall'istinto mascherato da innocente gioco. Continua Padre Amorth:
La festa di Halloween e' una sorta di seduta spiritica presentata sotto forma di gioco.
L'astuzia del demonio sta proprio qui. Se ci fate caso tutto viene presentato sotto forma ludica, innocente. Anche il peccato non e' piu' peccato al mondo d'oggi. Ma tutto viene camuffato sotto forma di esigenza, liberta' o piacere personale.
L'uomo - conclude - e' diventato il dio di se stesso, esattamente cio' che vuole il demonio''. E ricorda che intanto, in molte citta' italiane, sono state organizzate le 'feste della luce', una vera e propria controffensiva ai festeggiamenti delle tenebre, con canti al Signore e giochi innocenti per bambini.
Per cui il mio umile consiglio per la sera di domani è di non indossare una qualche mostruosa maschera e partecipare a qualche stupida festa, ma presa in mano la corona del rosario (che San Pio no a caso definiva "l'arma") recitare l'antica preghiera mariana.
Credetemi, è molto più saggio, umano ed utile.
-

giovedì 29 ottobre 2009

Contributi 176 - HOLYween: santi contro mostri

In 7 città italiane centinaia di giovani per le strade a mostrare il volto bello di Ognissanti:
Torino, Padova, Foggia, Catania, Termoli, Pordenone, Desenzano del Garda: sono sette le città italiane che il 31 ottobre vivranno una serata davvero speciale. Centinaia di giovani scenderanno per le strade e per i pubs ad annunciare l’arrivo della festa di Tutti i Santi.
Per loro “halloween” si è trasformato in “holyween”, giunto quest’anno alla terza edizione.
Lo slogan parla chiaro: i Santi si riprendono la loro festa e, per rendere ancora più evidente che l’antica tradizione non ha nulla da temere dalle mode del momento, volti di santi saranno appesi sui balconi e le finestre delle loro città. Sì, quando vedrete un lume alla finestra, tirate il naso all’insù e vedrete la faccia sorridente di un santo italiano, preferibilmente giovane.
«La parte più bella dell’Italia - spiega don Andrea Brugnoli, ideatore dell’idea. - Non vogliamo andare contro nessuno, ma semplicemente riempire le città non di mostri, ma di volti belli, quelli dei santi, appunto». In una notte popolata da streghe e facce da zombi, i santi faranno capolino sulle piazze.In queste sei città della Penisola, le giovani “sentinelle del mattino” (così si autodefiniscono i giovani di questa e di altre iniziative di strada), vivranno una serata chiamata “Una luce nella notte”. Si tratta di aprire una chiesa di notte e di invitare i giovani ad un incontro specialissimo. Questo format è stato ripetuto già più di 350 volte in 50 città italiane, ma la notte di holyween sarà unica. La chiesa rimarrà aperta ovunque dalle 22 alle 2 di notte e all’interno non rimarrà vuota. Finora sono centinaia di migliaia i giovani che vi sono entrati nelle precedenti edizioni, lasciando stupita la stampa e le televisioni che, incuriosite dal fenomeno, ne hanno documentato il flusso continuo.
In una Paese, come il nostro in cui un connsistente 35% dei cattolici va a Messa ogni settimana (dati Doxa ottobre 2009), holyween rappresenta una singolare sfida.
Nel sito web http://www.sentinelledelmattino.org/ si possono anche scaricare i volti dei santi da stampare. Lo scorso anno vinse Madre Teresa, seguita da Padre Pio.
Quest’anno - ci dicono - vincerà Giovanni Paolo II. Non è santo, ma per le sentinelle è il loro campione.
-

Contributi 175 - Conversione

un testo di 35 anni fa, ma tuttora validissimo.... (d'altra parte 2000 anni non hanno tolto validità ai Vangeli..)

Chi vuol trovare Dio E' CHIAMATO A CONTINUA CONVERSIONE
Gesu' chiama alla conversione. Questo appello e' una componente essenziale dell'annuncio del Regno: "Il tempo e' compiuto e il Regno di Dio e' ormai vicino; convertitevi e credete al vangelo" (Mc 1,15).
Fermiamoci a considerare anzitutto Giovanni Battista! Esigente ed operante, egli sta dinanzi a noi, simbolo del dovere umano. Egli chiama severamente a cambiare opinione.
Chi vuol diventare cristiano deve continuamente «cambiare opinione».
Chi vuol trovare Dio, deve continuamente convertirsi interiormente, andare in direzione opposta.
Ogni giorno ci imbattiamo nel mondo del visibile. Irrompe in noi sui manifesti, alla TV, nel traffico, in tutte le circostanze della vita quotidiana, con una potenza tale che siamo tentati di pensare che non ci sia altro che questo.
Ma in realta' l'invisibile e' piu' grande e vale di piu' di tutto il visi bile.
Una sola anima - ci dice una meravigliosa espressione di Pascal - vale piu' di tutto l'universo visibile. Ma, per sperimentare nella vita questa verita', e' necessario convertirsi, rigirarsi per cosi' dire interiormente, superare l'illusione del visibile e divenire sensibili e delicati nei confronti dell'invisibile.
L'uomo deve liberarsi di se stesso, liberandosi degli dei opposti: la caccia alla concupiscenza, al piacere, al possesso, al guadagno. Si puo' vedere Dio solo cambiando vita!
Tuttavia, questa "vita nuova" non ha soppresso la fragilita' e la debolezza della natura umana, né l'inclinazione al peccato, del quale l'uomo facilmente rimane vittima.
Si tratta quindi di un cammino di conversione, che impegna il cristiano durante tutta la sua vita. (cfr. CCC 1426-1428).

Joseph Ratzinger, Dogma e Predicazione, Queriniana, Brescia 1974, pp. 305-307
-

Contributi 174 - Allarme Halloween

Un appello ai cattolici da parte dell'Associazione Giovanni XXIII, e l'accusa del vescovo di Verona: vogliono sostituire due feste cristiane con una pagana e consumistica.

Halloween non piace al mondo cattolico. Di anno in anno si ripetono prese di posizione e messe in guardia. Ve ne riportiamo due, di taglio diverso. Una più incentrata sui possibili legami di questa festa con il mondo della magia e delle sette; l’altra critica si pone sul piano culturale e filosofico. L’associazione “Giovanni XXIII”, fondata da don Benzi, ieri ha diffuso una sua dichiarazione, in cui si legge: “Attenzione alla pseudo festa di Halloween esaltata il 31 ottobre come un apparente carnevalata mentre nasconde un grande rituale satanico collettivo”.
L’associazione rivolge “Un appello al mondo cattolico, ai genitori e a tutti coloro che credono nei valori della vita affinché sappiano che festeggiare Halloween significa adorare satana. Il sistema imposto di Halloween proviene da una cultura esoterico-satanica in cui si porta la collettività a compiere rituali di stregoneria, spiritismo, satanismo che possono anche sfociare in alcune sette in sacrifici rituali, rapimenti e violenze. Halloween è per i satanisti il giorno più magico dell'anno e in queste notti fomentano i rituali satanici come le messe nere, le iniziazioni magico-esoteriche e l'avvio allo spiritismo e stregoneria. Attenzione agli educatori e responsabili della società affinché scoraggino i ragazzi a partecipare ad incontri sconosciuti, ambigui o addirittura ad alto rischio perché segreti o riservati. Non si può promuovere in nessun modo questa ricorrenza che inneggia al macabro e all'orrore. L'Associazione Papa Giovanni è impegnata da oltre sei anni sul fronte del recupero delle vittime delle sette occulte attraverso il numero verde 800228866 del Servizio Antisette. Si rileva il mese di ottobre come un tempo particolarmente propizio per adescare le nuove leve del satanismo. Il 31 ottobre si compiono riti satanici in molte chiese sconsacrate e in molti cimiteri. Si rubano le ostie consacrate e si dissacrano i luoghi della nostra tradizione cristiana. Halloween spinge le nuove generazioni ad una mentalità magico-esoterica che ha lo scopo di sovvertire i principi della religione, attaccando il sacro e i valori dello spirito attraverso una subdola iniziazione alle arti e alle immagini dell'occulto. Una cultura di morte viene promossa anche con Halloween dove il mondo dei minorenni è il più a rischio ed esposto.
E’ alto il pericolo che un tale appuntamento generi sempre più connivenze con il crimine e con sette spietate e senza scrupoli. Proprio ad un anno dalla morte di don Benzi ricordiamo queste parole tra i suoi ultimi appelli: “Vogliamo che i nostri figli festeggino il giorno di Ognissanti con i demoni, il mondo di satana e della morte oppure con gioia e pace vivendo nella luce? Esortate i vostri figli dicendo loro: vuoi giocare e divertirti con i demoni e gli spiriti del male o invece scegli di gioire e far festa con i Santi che sono gli amici simpatici e meravigliosi di Gesù?”. Il secondo intervento è del vescovo di Verona, monsignor Zenti, ma è stato rilanciato dal SIR, il Servizio di Informazione Religiosa vicino alla Conferenza Episcopale Italiana, che gli ha in questo modo offerto una rilevanza nazionale, al di là dei confini della diocesi. “Halloween – scrive mons. Zenti – fa guardare alla morte più con un clima da sagra, o da carnevale, che con la serietà che essa merita. Non è detto che la morte debba essere considerata solo con l’occhio che ne fa intravedere la tragicità. Il cristiano sa bene che la morte viene riscattata dalla fede nel suo superamento, nel mondo dei risorti in Cristo”.
Tuttavia, prosegue mons. Zenti, “è realtà estremamente seria. Quanto meno, pone fine ad una fase dell’esistenza e impone non pochi interrogativi problematici di carattere esistenziale e culturale”. Ora, riflette il vescovo, “se l’obiettivo di Halloween è ridurre una tale realtà ad una sorta di pura virtualità, chiunque ha senso di responsabilità educativa non può non rendersi conto del rischio a cui espone. La morte infatti non va esorcizzata anche con queste sagre. Essa va affrontata nella crudezza della sua realtà. Assumendone le problematiche, per affrontare le quali conviene mettere insieme gli apporti culturali ispirativi di cui si è attrezzati, non ultimo quelli che attingono dalla fede cristiana”. “Fatta questa puntualizzazione di carattere valoriale – scrive il vescovo di Verona – si potrebbe obiettare che nessuno ha il diritto di ostacolare la festa di Halloween in uno spazio di libertà democratica”.
Ma su questo punto mons. Zenti si appella “ad un’altra motivazione che in ogni caso contraddice la stessa logica democratica: questa festa viene massicciamente introdotta là dove da tradizione si celebrano due feste di carattere cristiano, profondamente radicate (tutti i Santi e la commemorazione dei defunti). Se proprio non fosse evitabile, la festa di Halloween poteva trovare spazio in altra data. La sovrapposizione smaschera la chiara intenzione di soppiantare la festa di tutti i Santi e quella consecutiva dei defunti”.
Questa, per mons. Zenti, “è sopraffazione. Che è di altra natura rispetto ai valori della democraticità. Con il fondato timore che la stessa protesta si risolva in un boomerang: potrebbero accusare chi protesta di intolleranza. E anche questa logica iniqua sa di dittatura. Va da sé che anche in nome del solo buon senso le comunità cristiane non si prestano a dare attuazione a tale fenomeno. Che altro non sa se non di paganesimo consumistico. Il cristiano ha ben altro da testimoniare nei riguardi dei defunti che ci hanno preceduto nella realtà del mondo dei risorti nel Risorto, nostra vera speranza”
.

mercoledì 28 ottobre 2009

Contributi 173 - Non c’è vita disgraziata che non si possa salvare in un abbraccio carico di verità

una nuova toccante testimonianza di uno dei ragazzi di Padre Aldo, Ruben, 34 anni che ha vissuto per anni come travestito con il nome di Jessica, la lettera che lui scrive a Padre Aldo Trento è tratta da Tempi:


Così Jessica è tornata ad essere Ruben
Da quando sono nato, ho vissuto con mia madre, i miei quattro fratelli e le mie due sorelle. Eravamo poveri però felici, “felici” fino a quando arrivò il mio patrigno. Avevo 8 anni quando questa persona si portò mia madre in Argentina e io e i miei fratelli rimanemmo soli. Per un periodo vissi con un mio fratello che mi mandò via da casa sua. Andai a vivere con una delle mie sorelle che mi maltrattava molto; e fu così che iniziai ad andare di casa in casa, lavorando per poter studiare. Quando stavo per compiere 9 anni fui violentato da un signore. Fu la cosa peggiore che mi potesse capitare, ancora oggi non lo posso dimenticare. Fin da ragazzo ho conosciuto la sofferenza, la fame, la sete, il freddo, l’emarginazione. Ricordo che andavo in chiesa perché volevo fare la Prima Comunione – che alla fine non feci – e durante le celebrazioni perché mi passasse la fame gridavo forte: «Ti loderò!».
Quando avevo 12 anni, quasi 13, andai ad Asunción, stanco dei maltrattamenti della gente che si approfittava di me. Fu allora che conobbi alcuni travestiti. Loro, approfittando della mia innocenza, mi diedero l’idea di vestirmi da donna per guadagnarmi da vivere. Mi trasformai e iniziai a lavorare con loro. Anche da travestito soffrii molto, non solo sentivo il maltrattamento da parte della mia famiglia per essere quello che ero, ma anche degli sconosciuti che mi umiliavano, mi urlavano contro e mi discriminavano. Per questo decisi di vivere chiuso in casa durante il giorno, uscendo solo di notte per lavorare. Ricordo che avevo un grande specchio dove normalmente, dopo essermi lavato, guardavo il mio corpo di donna. Mentre mi guardavo, quasi di schianto mi dicevo: «Mio Dio, che cos’ho fatto? Io non sono questo!». Però immediatamente mi spuntava un frase che mi ripetevo come una giaculatoria, senza sapere come e chi me l’avesse insegnata: «No, io sono il frutto proibito, venuto al mondo per portare gli uomini alla perdizione». Sapevo che quello che facevo non era un bene, però c’era sempre qualcosa o qualcuno dentro di me che mi diceva ancora una volta “no” al bene. Adoravo anche un’immagine, una donna nuda con corna e coda, avvolta dal fuoco, che chiamavano la Bomba Gira, Maria Parrilla, protettrice delle prostitute, che mi compariva anche in sogno. Una volta prestai questa immagine a un’amica che però me la restituì perché l’aveva sognata mentre le diceva: «Restituiscimi a lei perché lei è mia, mi appartiene».

Rinchiuso in ospedale
Il tempo passò, stavo bene economicamente, avevo un’attività commerciale, i miei familiari si riavvicinarono a me. Io pensavo che mi volessero davvero bene, mi facevo in quattro per aiutarli. Fino a quando non scoprirono che ero affetto da Hiv. Furono i primi ad abbandonarmi.
Quando mi ricoverarono per due mesi, soffrii di nuovo molte umiliazioni, mi discriminavano per ciò che ero. Le infermiere non si preoccupavano di me, mi lasciavano chiuso in una stanza con un pannolone, e io dovevo stracciare ciò che portavo addosso per farne un pannolone. Le chiamavo e chiedevo aiuto, però ridevano e burlandosi di me dicevano: «Il grido di Tarzan».
A tutti i pazienti raccontavano che c’era un travestito affetto da Hiv. Non lo potrò mai dimenticare. Passai solo anche il giorno di Natale, senza alcuna visita. Soffrii molto il caldo, la fame, la sete, fino a quando non mi disidratai completamente. Arrivai quasi al punto di morire, per tre giorni rimasi svenuto e mentre ero in questo stato mi successe una cosa che vorrei raccontare. Sentii che mi trovavo in un luogo oscuro, tutto era oscurità, sentivo che non stavo nel mio corpo, nel mio subconscio mi dicevo che ero morto.
Fu allora che mi ricordai di Dio e volli pregare, però non mi ricordavo nessuna preghiera. Ci provai, e quando stavo dicendo «Padre Nostro che sei nei cieli»… vidi una piccola luce davanti a me che si faceva sempre più grande mano a mano che mi ricordavo di questa preghiera, continuava a crescere finché non arrivò a una grandezza di 20 centimetri circa e smise di crescere.
Allora cominciai a piangere e a chiedere a Dio di non lasciarmi morire in un luogo così brutto, e promisi di cambiare. Dopo aver pregato tanto durante questi tre giorni, mi apparve improvvisamente un Pastore, un uomo che io non conoscevo venne a visitarmi, mi chiamò per nome e mi disse: «Ruben, ce ne andiamo». «Dove?», gli chiesi. Mi rispose: «C’è una clinica a San Rafael». Un amico che era stato ricoverato qui mi aveva parlato di quanto era bello questo posto. Mi emozionai tanto e senza aver dubbi risposi: «Sì». «Preparati che vado a fare i documenti» disse. «Bene». E me ne andai.

Un posto pulito
Quando arrivai qui, rimasi stupito al vedere un luogo così bello, tutto bianco, e dissi: «Grazie Signore, non credevo di meritare tanto, un luogo così bello, così pulito». Le infermiere iniziarono a trattarmi molto bene, ricevetti tanto affetto da parte di tutti quelli che lavoravano qui e grazie a questo iniziai a rimettermi. Adesso cammino già poco a poco.
Conobbi suor Sonia e grazie a padre Aldo e a lei mi rimisi rapidamente, tanto che loro stessi si stupirono della mia guarigione. E ciò grazie all’attenzione che mi davano e all’amore che mi dimostravano, che non avevo mai ricevuto prima da parte di sconosciuti. Sono diventato amico di molti qui, di persone che mi amano, come le volontarie che mi insegnano a pregare e mi parlano della vita dei santi. Sono tranquillo, sento tanta pace! Prima di venire qui non potevo dormire, avevo sempre incubi, cose brutte, perché la vita che conducevo non era per niente bella. Adesso sono felice, sono ingrassato e ho tre angeli: suor Sonia, il mio angelo bianco, e due volontarie. Padre Aldo è il mio “Padre Santo”, come lo chiamano le volontarie, che mi dicono sempre: «Tutto quello che ti sto insegnando l’ho imparato da lui».

In 34 anni di vita è l’unico padre che ho sentito che ama tanto gli ammalati. Tutte le notti fa il suo giro per vedere se stiamo bene e chiede alle infermiere che non ci manchi nulla. «Sei un’altra persona»
Prima di venire qui sono stato ricoverato in tre ospedali, però non ho mai ricevuto un’alimentazione così buona come qui, con colazione, spuntino, pranzo, merenda e cena. E se vogliamo possiamo ripetere, chiediamo e ce ne danno di nuovo.
Grazie a padre Aldo, che fa di tutto perché possiamo essere a nostro agio, noi e anche i familiari degli ammalati. Ho fatto qui la mia Prima Comunione e la Cresima. Sono stati giorni emozionanti, i migliori che avrei potuto passare nella mia vita.
Prima io non credevo in Dio e pensavo: «Se esisti, perché c’è tanta povertà, perché mi hai tolto tutto, perché io soffro tanto?». Dio mi ha dimostrato che mi sbagliavo, che non mi ha abbandonato mai.
Nessuno riesce a credere al mio cambiamento, tutti i miei amici mi dicono: «Sei un’altra persona», «Sei ri-cambiato Ruben», «Spero che preghi molto per noi perché ne abbiamo bisogno». Ho regalato un Rosario a una mia amica e si è sorpresa quando le ho detto: «Perché Dio ti benedica e ti protegga», prima non parlavo così con nessuno.
Ciò che faccio di più è pregare. Prego così tanto che addirittura una delle mie sorelle è cambiata nel rapporto con me, mi chiama tutti i giorni per sapere come sto. E anche un mio amico ha cambiato vita ed è venuto a vedermi. Per me tutto è Gesù e san Giuseppe, visto che il mio compleanno è il giorno di questo sant’uomo.
Prego tutte le notti per padre Aldo, suor Sonia e tutti i pazienti.

Padre: mi manchi molto, desideriamo che torni presto. Che Dio abbia cura di te e ti protegga.

Ruben

-

Post 56 - Rosario, testimonianza

Un commentatore anonimo ha lasciato stamane un commento ad un post del 1° settembre sul Rosario che riporto di seguito:
Io mi sto trovando in un momento buio. Il mio parroco ma ha detto: PREGA IL ROSARIO. E questa cosa mi da la forza di non arrendermi a pensieri anti cristiani e morali come la morte
Per prima cosa ringrazio chi ha lasciato questo commento. E' una ulteriore testimonianza di come la preghiera possa realmente agire sulla vita dell'uomo cambiandola in positivo. In primo luogo assicuro a chi ha lasciato il commento la mia personale preghiera e (penso di potermi sbilanciare) anche quella dei miei pochi ma affezionati lettori, e in secondo gli (o le, non so) dico di dare ascolto al suo parroco e di fare del Rosario e della preghiera la colonna sonora della propria giornata, anche durante il lavoro basta un istante per dire anche solo ad esempio: "Vieni Signore Gesù in quello che sto facendo" oppure "Sta al mio fianco Maria in quanto sto compiendo" per rivitalizzare la giornata ed illuminare quanto si sta facendo. Un caro saluto a tutti voi.
-

martedì 27 ottobre 2009

Contributi 172 - Rose: è la fede di Benedetto a spaccare i sassi in Uganda

intervista a Rose Busingye da Il Sussidiario

«È Dio che opera. La nostra capacità, da sola, non salva nulla». A dirlo è Rose Busingye, fondatrice del Meeting Point International di Kampala, Uganda. Il centro ospita donne sieropositive, «le mie donne», dice sempre Rose parlando di loro. Persone che hanno saputo trovare nella fede cristiana una speranza nuova di vita, l’unica risposta credibile alla disperazione dell’abbandono. È alle “sue” donne che corre sempre Rose col pensiero, quando deve parlare della fede, della Chiesa, della speranza che Cristo rappresenta oggi per il mondo, e per l’Africa. Si è concluso domenica il Sinodo dei Vescovi africani. Anche Rose ha partecipato, insieme a tanti altri ospiti. Ilsussidiario.net l’ha intervistata, alla vigilia del suo ritorno in Uganda.

Cos’ha voluto dire per lei questo appuntamento, alla luce dell’esperienza di Chiesa che vive in Africa?
Capire che è Dio che opera. La nostra capacità, da sola, non salva nulla. Tocchi con mano, una volta di più, l’incapacità nostra, però vedi bene che il cristianesimo va avanti lo stesso. Tutta la Chiesa in Africa sta crescendo. Ma non siamo noi a mandarla avanti; è lo Spirito. Questo l’ho visto benissimo dal modo con cui il papa è stato con noi, durante il Sinodo.

Cos’ha colto di così particolare nella presenza del Santo Padre?
Egli stava con noi senza programmi sul da farsi, ma semplicemente per farci compagnia. Come un padre, che suscita in te quella tenerezza per cui ti chiedi: cos’ho da temere? Era impossibile, davanti a quello sguardo, fraintendere. La prima preoccupazione, trattandosi di una chiesa giovane, come quella africana, poteva essere quella di “consolidare una chiesa futura”. Ma la Chiesa non è prima di tutto un’organizzazione. L’invito del papa, e la sua personale testimonianza, è stata quella di predisporsi ad accettare l’iniziativa di Dio su di noi. È in questa accettazione che sta il futuro - e il presente - della chiesa africana.

Ad ascoltare i programmi di sviluppo dei governi e di tante organizzazioni, sembrerebbe che la prima sfida per l’Africa sia trovare più soldi e fare più progetti.
L’uomo europeo ha tutto, ma allora come mai non è contento? Come mai le strade sono piene di facce tristi, di persone che non sorridono mai? È così perché in Europa si è perso che a renderci felici è il progetto di Dio, e non il nostro. Invece le “mie” donne vanno nella cava a spaccare pietre sorridendo e cantando. Anche se non hanno mangiato nulla.

La sfida più grande in occidente è che la società ha abbandonato le sue radici cristiane. Per la maggior parte delle persone il cristianesimo non ha più nulla da dire alla loro umanità. Qual è invece la sfida culturale che più urgente per i cattolici che vivono in Africa?
La fede in Cristo Gesù. Dico sempre che la fede è la fine della schiavitù. È astratto - mi hanno detto tanti di quelli che ho incontrato. Ma non è così, perché un uomo che vive la fede vede tutto come un dato ricevuto e ne gode. Gode del lavoro, dei figli, del creato. Per un uomo che vive la fede Dio è tutto. E lui è più libero.

Benedetto XVI, nella sua omelia in apertura del Sinodo, dell’Africa ha detto che «il suo profondo senso di Dio» è «un tesoro inestimabile per il mondo intero» e che «da questo punto di vista, l’Africa rappresenta un immenso “polmone” spirituale, per un’umanità che appare in crisi di fede e di speranza». Cosa pensa di queste parole?
È per questo che è più facile oggi incontrare Cristo in Africa che non nei paesi occidentali. Perché un africano ha un senso del mistero tale da essere sempre consapevole di appartenere a Qualcosa. Qualcosa di grande, di più grande di sua madre e di suo padre. Ma questo Mistero è Cristo presente, Colui che ogni cuore attende. Se lo incontro, diventa la mia nuova identità, il mio giudizio nuovo su tutte le cose. Me ne accorgo quando guardo le “mie” donne. Vedi - mi dico - sono sempre più avanti!, non perché sono più intelligenti, ma perché sono semplici. La fede ha penetrato la loro vita. Quando c’è stato l’uragano di New Orleans percepivano le popolazioni colpite come parte di sé, anche se erano dall’altra parte del mondo. E le hanno aiutate. Quando conosci la fede tutto ti appartiene. È una mentalità nuova, persuasiva. Ti accorgi, semplicemente, che è più bello vivere da cristiano.

Il tema del Sinodo recita “la Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. La giustizia e la pace sono cose per le quali vale la pena spendersi?
Ma la giustizia, senza Dio, che giustizia è? Lo ha detto bene il papa nell’omelia di domenica. Se non passa Gesù di Nazareth, che senso ha fare progetti? “Ho osservato la miseria del mio popolo… ho udito il suo grido… conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo”. Posso trattar bene il mio prossimo, ma nel tempo mi stanco e allora perché devo farlo? Posso fare progetti di carità, ma alla lunga non reggono. Ma se il mio cuore vive di fede, tutto diviene più facile. E solo allora che ti tratto per quello che sei, perché sei anche tu di Dio. Sei “divino”, mi appartieni anche tu!

In molti paesi africani i cristiani sono perseguitati. Ha fatto scalpore durante il Sinodo il racconto di monsignor Hiiboro Kussala, che ha raccontato di cristiani barbaramente uccisi in Sudan. I cattolici che lei conosce come vivono il rischio del martirio?
Sanno bene che possono morire a causa della loro fede, ma sono sereni, perché se uno ha un ideale per vivere, vale la pena morire per esso. Il problema, all’opposto, è quando manca qualcosa per cui sacrificarsi. I soldi non fanno felici, perché chi ha molti soldi anzi è più triste degli altri. È solo l’incontro con Dio che ci fa essere più uomini e ci fa scoprire il valore di noi stessi. È per questo che a Dio si può anche sacrificare la vita.

Per lei e le donne che vivono con lei, cosa vuol dire incontrare persone che credono in qualcos’altro? In Africa ci sono mille fedi diverse.
Ci sono mille fedi, ma tutti si trovano bene con noi. Più dialogo di così. È la prova che davvero solo in Cristo possiedi tutto. Quanti estranei ho visto sorprendersi, e accorgersi che è bello stare lì con noi, senza preconcetti, senza piani.

È una proposta anche per chi vi odia?
Sì. Immagini le nostre donne, che vanno in cava cantando i canti degli alpini. Uno vede, non capisce cosa vuol dire ma si commuove, perché è bello cantare così. Un uomo che è in rapporto con Dio attira, attira sempre. A Roma, durante il Sinodo, non mi sono mai stancata quando c’era il papa, ma quando non c’era. È stato bello sorprendere in lui tutta la tenerezza del padre che guarda i propri figli.

È l’esperienza del dolore e del male a fermarci, a bloccare tutto.
La fede vince tutto. Se la fede non vince, vuol dire che non è fede, ma un sentimento. Il Mistero di Dio attrae e cambia. Occorre lasciarsi cambiare. Invece misuriamo la Sua iniziativa, poniamo confini: facciamo noi un progetto per il mistero, dove deve arrivare e dove no! Meno male che non dipende da noi, ma “soffia dove vuole”: dove c’è un cuore semplice che lo attende.

Oggi tornerà a Kampala, in Uganda. Le sue donne le chiederanno cos’ha fatto. Che cosa dirà?
Parlerò del Papa. Dirò che sono tranquilla perché in lui ho una guida sicura. Non temo più nulla, perché c’è un uomo che più di tutti vive la fede e io l’ho visto. Dobbiamo appartenere a Lui, al Suo popolo, alla Chiesa così com’è. Un uomo che vive l’appartenenza a Cristo come la vive il papa ti attira, non puoi più lasciarlo.

Questa fedeltà di cui parla - del papa verso Dio e sua personale verso il papa - non è una cosa estranea al sentire dell’Africa?
No, perché non è qualcosa di esterno, che viene da fuori, dall’Europa o dalla storia, ma da dentro di noi: uno la scopre guardando come il cuore è fatto. E il nostro cuore è fatto per incontrare Cristo. Un uomo che appartiene, come il papa, grida a Dio. Il mondo viene qui e pretende di dire quello che è bene per noi. Riduce il problema dell’Africa al preservativo. Non ci tratta da uomini. Invece lui, con il suo sguardo e la sua tenerezza di padre, è l’unico che ci vuole veramente bene. È importante che il cristianesimo - ha detto il papa una mattina - non sia una somma di idee, ma un modo di vivere. Il cristianesimo è carità, è amore, ha detto. E se la fede si trasforma in carità, non c’è nulla che le può resistere.
-

lunedì 26 ottobre 2009

Contributi 171 - Angelus del 25/10/2009


Cari fratelli e sorelle!
Poco fa, con la celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro, si è conclusa la Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Tre settimane di preghiera e di ascolto reciproco, per discernere ciò che lo Spirito Santo dice oggi alla Chiesa che vive nel Continente africano, ma al tempo stesso alla Chiesa universale. I Padri sinodali, venuti da tutti i Paesi dell’Africa, hanno presentato la ricca realtà delle Chiese locali. Insieme abbiamo condiviso le loro gioie per il dinamismo delle comunità cristiane, che continuano a crescere in quantità e qualità. Siamo grati a Dio per lo slancio missionario che ha trovato terreno fertile in numerose diocesi e che si esprime nell’invio di missionari in altri Paesi africani e in diversi Continenti. Particolare rilievo è stato dato alla famiglia, che anche in Africa costituisce la cellula primaria della società, ma che oggi viene minacciata da correnti ideologiche provenienti anche dall’esterno. Che dire, poi, dei giovani esposti a questo tipo di pressione, influenzati da modelli di pensiero e di comportamento che contrastano con i valori umani e cristiani dei popoli africani? Naturalmente sono emersi in Assemblea i problemi attuali dell’Africa e il suo grande bisogno di riconciliazione, di giustizia e di pace. Proprio a questo la Chiesa risponde riproponendo, con rinnovato slancio, l’annuncio del Vangelo e l’azione di promozione umana. Animata dalla Parola di Dio e dall’Eucaristia, essa si sforza di far sì che nessuno sia privo del necessario per vivere e che tutti possano condurre un’esistenza degna dell’essere umano.
Ricordando il viaggio apostolico che ho compiuto in Camerun e Angola nello scorso mese di marzo, e che aveva anche lo scopo di avviare la preparazione immediata del secondo Sinodo per l’Africa, oggi desidero rivolgermi a tutte le popolazioni africane, in particolare a quanti condividono la fede cristiana, per consegnare loro idealmente il Messaggio finale di questa Assemblea sinodale. E’ un Messaggio che parte da Roma, sede del Successore di Pietro, che presiede alla comunione universale, ma si può dire, in un senso non meno vero, che esso ha origine nell’Africa, di cui raccoglie le esperienze, le attese, i progetti, e adesso ritorna all’Africa, portando la ricchezza di un evento di profonda comunione nello Spirito Santo. Cari fratelli e sorelle che mi ascoltate dall’Africa! Affido in modo speciale alla vostra preghiera i frutti del lavoro dei Padri sinodali, e vi incoraggio con le parole del Signore Gesù: siate sale e luce nell’amata terra africana!
Mentre si conclude questo Sinodo, desidero ora ricordare che per il prossimo anno è prevista un’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. In occasione della mia Visita a Cipro, avrò il piacere di consegnare l’Instrumentum laboris di tale assise. Ringraziamo il Signore, che non si stanca mai di edificare la sua Chiesa nella comunione, e invochiamo con fiducia la materna intercessione della Vergine Maria.

domenica 25 ottobre 2009

Contributi 170 - RU486 A casa non disturba nessuno: così fanno sparire l’aborto

riporto il nuovo editoriale di SamizdatOnLine

Con la diffusione della Ru486 l’aborto è destinato a scomparire. Solo dalla scena pubblica, però: le donne continueranno ad abortire, ma lo sapremo solamente dai dati di vendita delle pillole, e dal numero dei certificati rilasciati. Il fine dell’aborto farmacologico è sempre stato lo stesso, prima ancora della Ru486: anche nelle sperimentazioni iniziali fatte solo con le prostaglandine (quelle che adesso sono il secondo farmaco per l’aborto chimico) si cercava di far abortire le donne a casa, per liberare finalmente medici e ospedali e lasciare che le donne se la sbrigassero da sole. Prima della legalizzazione c’erano 'mammane' e medici compiacenti, un ambulatorio clandestino o un tavolaccio. Con la pillola invece si può fare tutto da soli.
La decisione di usare la Ru486 va presa velocemente, perché la pillola si può usare solo nelle prime sette settimane di gravidanza e non c’è tempo per fermarsi a pensare, o per incontrare qualcuno che possa aiutare a non abortire. Ma soprattutto non c’è bisogno dell’ospedale per ingerire una pillola. In Francia la Ru486 si ingoia davanti al medico convenzionato, che poi consegna il secondo farmaco - quello che si prende due giorni più tardi per far venire le contrazioni - e gli antidolorifici, il foglietto con le istruzioni e il numero di telefono dell’ospedale più vicino a casa, casomai ce ne fosse bisogno. Un 'aborto medicalmente assistito a distanza': questa dovrebbe essere l’espressione corretta. Ricevuto tutto la donna andrà a casa, e se tutto 'va bene' dell’aborto lo sapranno solo lei e il suo medico. Scatole vuote e foglietti si buttano, e anche il 'prodotto del concepimento' sparisce, nello sciacquone del bagno: con la Ru486 l’aborto diventa quasi invisibile e non lascia traccia, tranne che nella vita della donna.
Se qualcosa va storto e si deve correre in ospedale, il problema dell’obiezione di coscienza non si pone più, perché tutti i medici hanno, ovviamente, il dovere di soccorrere una donna con un’emorragia in corso. È un aborto facile solo per chi non lo fa, insomma, per chi 'grazie' alla Ru486, non se ne dovrà occupare più. Un fatto privato come un qualsiasi atto medico, che non deve riguardare nessuno, condotto in totale solitudine, che adesso però si preferisce chiamare 'privacy'. È questo il vero motivo per cui c’è molto interesse a sostenere l’aborto farmacologico. E se la procedura è più lunga, dolorosa e incerta, peggiore in tutto rispetto al metodo chirurgico, non importa: stavolta le conoscenze mediche non pesano. I 'benefici' della società tutta, che dell’aborto privatissimo e a domicilio non si dovrà occupare più, saranno sempre maggiori dei rischi, che rimarranno a carico di ogni donna che sceglierà di abortire a casa sua, senza arrecare disturbo in corsia e facendo risparmiare sulla spesa sanitaria. E se l’aborto è solo un atto medico, e la Ru486 un farmaco fra tanti, soggetto alle stesse regole di una pomata antireumatica, allora anche le morti sono poco importanti. Perché ogni farmaco è pericoloso, si sa, e chissà quante ne dovremo ancora contare, di donne morte dopo aver preso la Ru486, prima che qualcuno se ne preoccupi.

di Assuntina Moresi (pubblicato da Avvenire-inserto E' vita)
-

sabato 24 ottobre 2009

Interventi 5 - Martirio e fede

La mia amica Marina ha inserito un commento al post precedente che vi propongo integralmente senza nulla aggiungere....

I martiri, come sappiamo, sono i veri testimoni della fede.
I sette sudanesi crocifissi ne sono un esempio. Ma da dove viene la capacità di testimoniare la fede fino al martirio? Nel messaggio evangelico troviamo spesso la parola CARITA'.
Gesù stesso ci parla di un AMORE che va al di la di qualsiasi altro amore: dare la vita per Gesù e i propri fratelli. Chi sceglie questa via già vive qui in questa terra le gioie del Paradiso.
Ma, comunque, va condannata con forza tutta la ferocia usata verso questi nostri missionari. la persecuzione dei cristiani non è mai terminata e continuerà finché ci sarà vita su questa terra. Gesù stesso ha detto:" hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi". Quanto sono vere queste parole!
E non pensiamo che i martiri della fede sono soltanto coloro che operano come missionari in paesi come il Sudan. Ci sono tanti altri casi di martirio a cui tante persone sono sottoposte: nelle stesse famiglie, negli ambienti di lavoro, nelle parrocchie ( non ci scandalizziamo per questo), in qualsiasi ambiente in cui si ha a che fare con chi è contrario al messaggio evangelico.
Il demonio, laddove vede creature vicine al Signore, cerca di creare situazioni di difficoltà per scoraggiare a vivere la fede . Pensiamo ai santi, in particolare a Padre Pio che nella sua vita ha dovuto molto lottare contro il maligno che aveva portato anche alcuni rappresentanti della santa sede a dubitare della sua santità.
Ma chi vive in Cristo, sa che la CARITA' è la sorgente da cui scaturisce ogni vero bene e, di conseguenza, ha come obiettivo il raggiungimento delle gioie del cielo per sè e per i fratelli. Cerchiamo quindi di essere anche noi martiri della fede, che non vuol dire solo dare la vita materiale, ma spendersi, ognuno nell'ambiente in cui è chiamato ad operare, per il vero bene degli prossimo. Questa è la vera carità...
.

giovedì 22 ottobre 2009

Contributi 169 - A proposito di sette sudanesi crocefissi

Ecco quello che afferma san Fulgenzio di Ruspe, a proposito del martire Stefano, primo martire della Chiesa cattolica:
«La carità è la sorgentre e l'origine di tutti i beni, ottima difesa, via che conduce al cielo. Colui che cammina nella carità non può errare, né aver timore. Essa guida, essa protegge, essa fa arrivare al termine.
Perciò fratelli, poiché Cristo ci ha dato la scala della carità, per mezzo della quale ogni cristiano può giungere al cielo, conservate vigorosamente integra la carità, dimostratevela a vicenda e crescete continuamente in essa»
.

martedì 20 ottobre 2009

Rientro ed invito

Sono tornato e sto smaltendo la mole di messaggi che fra mail, newsletter, facebook ed altro si erano accumulate e conto di tornare a gestire con regolarità il blog entro pochissimi giorni.
Per ora invito tutti coloro che ancora non l'avesssero fatto a mandare una mail per contrastare l'introduzione della pillola RU486 nel nostro Paese. (è molto facile, basta utilizzare il link collegato all'immagine ATTIVIAMOCI CONTRO RU486)

giovedì 1 ottobre 2009

Post 55 - Ringraziamenti e pausa ferie

Volevo ringraziare Marina e Sebastiano per gli interventi al post di Rose pubblicato ieri. Si trattava di un testo che la nostra amica ha preparato in quanto invitata al Sinodo della Chiesa Africana.

Ringrazio anche tutti coloro che sono intervenuti in precedenza. E' per me motivo di letizia e stupore tutto quanto sta accadendo intorno a questo piccolo lavoro personale, nato dal desiderio di mostrare - in primo luogo a me stesso - qualsivoglia tipo di strumento che aiutasse a riprendere un modo di pensare cristiano e un giudizio correttamente cattolico sulla realtà.

Il risultato è stata pura grazia che mi ha permesso di conoscere alcune persone veramente valide ed amiche.

Ora che mi appresto a fare anch'io la mia pausa ferie (vi siete divertiti in agosto mentre io lavoravo??? beh, ora tocca a me mentre lavorate voi..) che mi terrà assente fino al 18 ottobre circa volevo esprimere la mia gratitudine verso Dio cha ha utilizzato anche di questo strumento per collaborare alla mia conversione (e se per caso qualcosa visto o letto qui è stato di aiuto anche a qualcun'altro doppio grazie a Dio) e condividere con voi un piccolo pensiero (visto che oggi si ricorda Sata Teresina):
il compito primario del cristiano è annunciare la parola di Gesù a quante più persone possibili, mostrando la nostra vita cambiata, convertita dall'incontro con Lui e il miglior modo perchè la nostra vita venga convertita è seguire Gesù (anche attraverso altre persone che già Lo seguono) con semplicità e umiltà.
La sola bravura che deve emergere è quella di Dio che riesce ad ottenere risultati validi attraverso collaboratori inadatti quali noi siamo..

Un caro saluto a tutti e a risentirci fra due settimane circa.
-

Contributi 168 - parola del Papa

Chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla - assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande.
No! solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera.
Così, oggi, io vorrei, con grande forza e grande convinzione, a partire dall’esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, […]: non abbiate paura di Cristo!
Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo - e troverete la vera vita.
-

Contributi 167 - Rose Busingye: l’Africa ha bisogno della “pazzia di Dio”

Rose Busingye
mercoledì 30 settembre 2009

Il titolo del Sinodo africano è “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. La realizzazione di questo programma dipende tutta dal cuore dell’uomo africano e dalla sua educazione. Cristo è venuto, la questione è accorgersi che questo cambia tutto, cambia il mio modo di trattare me stessa e di comportarmi con gli altri e con le cose.
La questione è l’appartenenza a Lui.
Appartenenza vuol dire essere stata preferita, vuol dire che Qualcuno mi ha voluto. Questo supera tutti i contrasti che abbiamo fra tribù, politici e altri interessi costituiti. Veramente la pace per l’Africa dipende dall’incontro tra il cuore dell’uomo e Cristo.
Perché l’appartenenza a Cristo supera l’appartenenza al gruppo tribale e colloca quest’ultima al giusto posto, col giusto valore. Ma questo avviene solo se la fede penetra gli strati profondi dell’umanità, arriva là dove si formano i criteri di percezione delle cose.
Allora l’appartenenza diventa la forza dell’io, e la persona diventa libera e protagonista.
Perché questo avvenga è fondamentale l’educazione. L’uomo africano ha un altissimo senso religioso, ha un fortissimo senso dell’appartenenza, ma essi devono essere educati. Ci si deve educare ad accorgersi che il compimento è già con noi, che la risposta è già presente, e non è una magia o un modo di credere sentimentale che la rendono presente.
L’uomo africano possiede un senso religioso veramente alto, non c’è un africano che non sia consapevole di dipendere da Qualche cosa di Altro, che non abbia questo senso di dipendenza da Qualcosa. Lo chiama “Spirito” o con un altro nome, lo cerca nelle magie, ma comunque non può vivere senza avere qualcosa da cui dipendere. Nessun africano mai direbbe, come fanno tanti europei, «sono nato, adesso sto qua e questo è tutto». No: l’africano ha sempre viva la questione dell’origine.

L’incontro che manca
Il problema è che la maggior parte degli africani, e anche dei cristiani, non può testimoniare di un incontro in cui si è sentito dire: «Sono Io che cerchi». Perché troppo spesso Cristo non è stato presentato come qualcosa che è già presente in noi, ma come qualcosa che arriva dal di fuori. Così oggi tanti studiosi africani scrivono che il Dio cristiano è stato importato dai bianchi e che il cristianesimo non è riconciliato con l’identità e la cultura africane. Per me e per tanti amici non è così, perché il modo in cui ci è stato presentato il cristianesimo, attraverso la persona di don Luigi Giussani e di chi lo seguiva, è stato diverso. È come se ci fosse stato detto: «Tutto quello che hai cercato negli spiriti, nelle magie, c’è già, è presente, è quello che ha fatto te, ti ha fatto nascere, ti fa respirare. E io ti dico il suo nome». Invece è come se a tanti africani chi ha presentato il cristianesimo avesse detto: «Metti via tutti gli idoli, tutte le tue cose, io ti ho portato Dio, io ti ho portato Cristo». Come se Cristo fosse una proprietà. Ma Cristo non lo possiede nessuno, viene come vuole Lui, come disegna Lui, viene in ogni uomo di questo mondo.

La magia, gli spiriti e la vita quotidiana
La conseguenza del non presentare Cristo come qualcosa che è in te, ma come qualcosa che viene da fuori, fa sì che alla fine, per molti, c’è un Dio del bianco e un Dio dell’africano. E quando c’è una difficoltà, una malattia, anche i cristiani a volte guardano dalla parte del Dio africano e dicono: «Forse sono gli spiriti». Così vanno da quelli che voi europei chiamate gli “stregoni”. Che riempiono la loro mente di paura. Gli stregoni li terrorizzano, la loro mente si riempie di reazioni che vengono dalla paura: e loro stessi si convincono che per guarire la loro mente dovrà essere torturata e riempirsi di credenze frutto della paura. Anche le sètte che mescolano il cristianesimo con gli spiriti, quelle dei cosiddetti “salvati”, seguono lo stesso metodo degli stregoni: producono agitazione e suggestione nella mente, ti convincono che la presenza di Dio o degli spiriti buoni è legata a una magia, e che tutto nella vita può essere ottenuto in modo magico. È un Dio che ti dice: «Posso farti avere tutto per magia». Ma non è un Dio che entra nella tua vita normale, che la vive con te, che la porta con te. È un Dio della suggestione psicologica: alla fine della preghiera ti senti guarito, ma il giorno dopo stai peggio di prima.
Ma Dio è questa tenerezza che è venuta nel mondo, che ha avuto pietà di noi e ci tocca tutti quanti. È ciò che Benedetto XVI ha espresso nelle sue tre encicliche, soprattutto nella Deus caritas est, dove descrive Dio con questo amore infinito: «la pazzia divina», come ha scritto. La pace e la riconciliazione nascono da questa esperienza di Dio: Dio ha preso me, che ero niente e che sono niente, mi ha preso così come sono, e nella quotidianità. Quel che viene naturale dire è: «Io voglio partecipare a questa pazzia di Dio, a questo essere di Dio». Questa cosa, nel tempo, fa sì che non mi adiro più per i peccati altrui, per le ingiustizie che l’altro ha compiuto nei confronti miei e di altre persone. Nell’esperienza dell’amore divino, non ha più senso che io misuri i peccati miei e degli altri. Nel tempo questo produce serenità e il desiderio che il mio incontro con ogni essere umano sia tenerezza, non uno sforzo o un ripetere parole o un cercare di essere più bravi degli altri.
Qui da me a Kampala arrivano ragazze di tribù ostili alla mia, giovani che hanno combattuto o sono stati bambini soldato. Dovrei averne paura o provare disprezzo per loro. E invece queste cose non mi toccano più: per me sono persone amate e volute da Dio, che hanno continuamente bisogno di essere amate e volute. Se hanno bisogno di mangiare do loro da mangiare, se hanno bisogno delle medicine do loro le medicine. Quando arrivano le accolgo come tutti gli altri bambini, non in base al discrimine se hanno rubato e ucciso oppure no. Appartengono a Cristo, e quindi appartengono anche a me.
-

Lista blog cattolici

LOGO DEL BLOG

LOGO DEL BLOG
inserisci il logo del blog sul tuo blog (anche ridimensionandolo)