Benvenuti

Questo blog è uno spazio per aiutarsi a riprendere a pensare da cattolici, alla luce della vera fede e della sana dottrina, cosa che la società moderna sta completamente trascurando se non perseguitando. Un aiuto (in primo luogo a me stesso) a restare sulla retta via e a continuare a camminare verso Gesù Cristo, Via Verità e Vita.
Ogni suggerimento e/o contributo in questa direzione è ben gradito.
Affido allo Spirito Santo di Dio, a Maria Santissima, al Sacro Cuore di Gesù e a San Michele Arcangelo questo lavoro di testimonianza e apostolato.
Un caro saluto a tutti e un sentito ringraziamento a chi vorrà contribuire in qualunque modo a questa piccola opera.

S. Giovanni Paolo II

Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata... Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità di distruggere la vita non nata...Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio... Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio viene abbandonata all'egoismo umano... e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale... Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell'individuo ma anche per quello della società... Ci alzeremo quando la libertà viene usata per dominare i deboli, per dissipare le risorse naturali e l'energia e per negare i bisogni fondamentali alle persone e reclameremo giustizia... Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto.

lunedì 30 novembre 2009

Rorate caeli

ascolta
R. Roráte caeli désuper, et nubes pluant iustum.
Ne irascáris, Dómine, / ne ultra memíneris iniquitátis: ecce cívitas Sancti tui / facta est desérta:
Sion desérta facta est: / Ierúsalem desoláta est:
domus sanctificatiónis tuae et glóriae tuae, / ubi laudáverunt te patres nostri
R. Roráte caeli désuper, et nubes pluant iustum.
Peccávimus, et facti sumus tamquam immúndus omnes nos, et cecídimus quasi fólium univérsi
et iniquitátes nostrae quasi ventus abstúlerunt nos: abscondísti fáciem tuam a nobis, et allilísti nos in manu iniquitátis nostrae.
R. Roráte caeli désuper, et nubes pluant iustum.
Vide Dómine, afflictiónem pópuli tui et mitte quem missúrus es:
emítte agnum dominatórem terrae, de petra desérti, ad montem fíliae Sion: ut áuferat ipse jugum captivitátis nostrae
R. Roráte caeli désuper, et nubes pluant iustum.
Consolámini, consolámini, pópulevmeus, cito véniet salus tua.
Quare mærore consúmeris, quare innovávit te dolor?
Salvábo te, noli timore;
Ego enim sum DóminusDeus tuus,
Sanctus Israël Redémptor tuus.
R. Roráte caeli désuper, et nubes pluant iustum.

******************
Stillate, o cieli la rugiada dall’alto, e le nubi piovano il Giusto.
Non irritarti, Signore, e non ricordare oltre l’iniquità. Ecco,la città del Santo è fatta deserta, Sion è fatta deserta; Gerusalemme, la casa della tua santificazione e della tua gloria, dove i nostri padri ti lodarono, è desolata.
Stillate, o cieli la rugiada dall’alto, e le nubi piovano il Giusto.
Peccammo, e siamo diventati come un immondo, e cademmo come foglia dell’universo; e le nostre iniquità quasi come il vento ci travolsero; tu ci nascondesti la tua faccia e ci abbandonasti in potere della nostra iniquità.
Stillate, o cieli la rugiada dall’alto, e le nubi piovano il Giusto.
Vedi, Signore, l’afflizione del tuo popolo e manda chi stai per mandare. Dalla pietra del deserto manda l’Agnello dominatore della terra al monte di Sion, e tolga il giogo della nostra schiavitù
Stillate, o cieli la rugiada dall’alto, e le nubi piovano il Giusto.
Consolati, consolati, popolo mio; presto verrà il tuo Salvatore. Perché ti consumi nell’afflizione? Perché ti agiti nel tuo dolore? Io ti salverò, non temere: io sono il tuo Signore, il Santo d’Israele, il tuo Redentore.
Stillate, o cieli la rugiada dall’alto, e le nubi piovano il Giusto.

Post 60 - Semplici o razionali, Gesù nasce per tutti

Ho ricevuto 2 commenti a 2 differenti post che vado a presentarvi.

Il primo in coda all'intervista ad Angelo Scola è di Alessandra e dice:
vi ringrazio per tutto il vostro bene. io sono una devota della madonna e anche di tutti gli altri santi. io vi ringrazio per il vostro pensiero che avete su di me. grazie per tutto quello che state facendo. io continuero' sempre a pensarvi ed a pregare ed a amare sempre la madonna e tutti gli altri santi .
Sono io a ringraziare Alessandra per la sua semplice ma efficace testimonianza. Il cristianesimo è vissuto nei secoli anche grazie a tante umili persone che nella semplicità dalla loro esistenza hanno vissuto e pregato testimoniando un sincero amore a Dio e a tutti i Suoi servitori, prima fra tutti la Vergine Maria.

Il secondo è di Kim ed è in coda al post sul caso dell'uomo belga in stato di coma per oltre 25 anni:
Vorrei fare una solo una precisazione: in Belgio esiste una legge sul fine vita, o meglio, esiste una legge sull'eutanasia. Se la persona in questione è ancora in vita non è per una decisione di un Paese, ma perché evidentemente aveva lasciato esplicite direttive in tal senso. In ogni caso, il quadro clinico del belga è molto lontano dal quadro clinico di Eluana. Non facciamo di tt un'erba un fascio.un caro saluto kim
Ammetto la mia ignoranza: non so dell'eutanasia belga nè delle volontà del nostro uomo.
In modo del tutto personale ritengo improbabile che egli nel 1983, nel bel mezzo della giovinezza, avesse già stilato istruzioni su cosa fare in caso di suo impedimento grave (in caso affermativo sarei incerto se dire che è stato ottimo profeta o che se l'è tirata adosso pesantemente).
Ma credo che il punto sia un altro: il valore di una persona non nasce da una sua capacità operativa ma semplicemente dal fatto che è. Sarebbe altamente pericoloso se il criterio di valutazione di una persona fosse una sua efficenza o un suo rispettare determinati canoni.
Non so se il nostro amico belga avesse un quadro clinico migliore, peggiore o assimilabile a quello di Eluana. Vedo solo che è stato circondato da persone che avevano a cuore la sua persona e il suo destino. Tutte, nessuna esclusa. Nel caso di Eluana non è avvenuto questo, qulacuno non ha voluto che lei vivesse, forse perchè rappresentava una provocazione troppo forte per il suo razionalismo.

In ogni caso è cominciato l'Avvento, il periodo liturgico che ci prepara al Santo Natale, la venuta in mezzo a noi di Gesù Cristo, la compagnia di Dio all'uomo, ad ogni uomo. Perchè è per ogni singolo uomo che Dio si è incarnato, si è reso incontrabile, si propone (e mai si impone) alla libertà di ognuno. E il valore di ogni singolo uomo è la Sua persona offerta in sacrificio sulla croce.
Un caro saluto e un santo Avvento a tutti.
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venerdì 27 novembre 2009

Contributi 192 - L’Europa che difende il crocifisso

Mario Mauro
venerdì 27 novembre 2009

«La Commissione ricorda che le leggi nazionali sui simboli religiosi negli edifici pubblici rientrano nelle competenze dell'ordinamento giuridico interno». «La Commissione ricorda altresì che l'esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo rientra nelle competenze del Consiglio d'Europa».
È stata molto secca ma assolutamente non banale la risposta fornita dalla Commissione europea all’interrogazione parlamentare presentata lo scorso 10 novembre dal collega Antonio Cancian del Popolo della Libertà nella quale si ricordava come, oltre all’episodio della donna italofinlandese in Italia, «analoghi episodi sono avvenuti in Spagna, Germania, Francia e Italia, dove nel 1988 il Consiglio di Stato rilevò che il crocifisso “non è solo il simbolo della religione cristiana ma ha una valenza di carattere indipendente dalla specifica confessione”».
Cancian ha lanciato una provocazione chiedendo «se la Commissione ravvisa il rischio che il principio enunciato dalla Corte di Strasburgo possa mettere in discussione l'esposizione in luoghi pubblici dei simboli religiosi e culturali, persino della bandiera europea, che s'ispira alla simbologia cattolica mariana?».
La Commissione europea, nella prima parte della sua risposta, ha rimesso il problema nelle mani dei governi nazionali, riconoscendo quindi la validità delle sentenze italiane favorevoli al crocifisso. Se venisse respinto il ricorso del Governo italiano non solo dovremmo rimuovere i crocifissi dai luoghi pubblici, ma andrebbero sostituite anche le bandiere degli Stati europei che hanno al centro una croce.
Gran Bretagna, Svezia, Finlandia, Malta, Portogallo, Slovacchia, Grecia sarebbero costrette a cambiare il proprio simbolo nazionale, perchè l’esposizione di quella croce nelle bandiere, presente ovviamente in migliaia di luoghi pubblici, non ha una ragion d’essere diversa dall’esposizione del crocifisso.
Stessa sorte toccherebbe alla bandiera dell’Unione europea, che ufficialmente «rappresenta non solo il simbolo dell'Unione europea ma anche quello dell'unità e dell'identità dell'Europa in generale. La corona di stelle dorate rappresenta la solidarietà e l'armonia tra i popoli d'Europa. Le stelle sono dodici in quanto il numero dodici è tradizionalmente simbolo di perfezione, completezza e unità». In realtà per l’autore del disegno aveva davvero un significato cristiano, il blu infatti è il manto del colore della notte di Maria e le 12 stelle sono la corona dell’apocalisse.
La questione della libertà religiosa riguarda l’Unione Europea come ente sovranazionale, come organizzazione democratica, e non può riguardare in maniera distinta ogni singolo Stato membro. Il problema di fondo è che la tipologia della sentenza pretende di omologare le culture quando l’Unione europea si basa sul motto “unità nella diversità”.
La Commissione, ricordando che «l’esecuzione delle sentenze della Corte Europea dei diritti dell’uomo rientra nelle competenze del Consiglio d’Europa», pare proprio voler prendere le distanze da una sentenza in pieno disaccordo con i principi di convivenza civile a cui si ispirano i Trattati Ue. Una freddezza calcolata insomma, per non far trapelare un disagio comunque evidente nei confronti del Consiglio d’Europa, le cui ambiguità continuano ad aumentare i dubbi sul reale apporto di questo ente alla libertà dei cittadini europei.
Questa presa di distanze però non basta, le istituzioni europee devono uscire dall’impasse e dare un giudizio chiaro su libertà religiosa e laicità delle istituzioni, per questo sulla scorta dell’interrogazione appena descritta chiederemo un dibattito in aula che faccia vedere di che pasta è fatta il nuovo esecutivo presieduto da Barroso. I tempi sono maturi per una svolta in questo senso, come dimostra il grande risultato della petizione promossa dai deputati del Popolo della Libertà in Parlamento europeo sul tema del crocifisso.
«Tutti i Paesi dell’Europa sono permeati dalla civiltà cristiana. Essa è l’anima dell’Europa che occorre ridarle». Lo disse il 19 marzo 1958, di fronte al Parlamento Europeo, Robert Schuman. Lui, Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi erano tre credenti cristiani cattolici. Ed erano, come si dice con un’espressione tanto ambigua quanto abusata, tre “laici”. Nessuno di essi si è mai sognato di imporre il cristianesimo come confessione “di Stato” europea. Ma nessuno di essi avrebbe potuto immaginare che l’Europa potesse farne a meno.
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giovedì 26 novembre 2009

Contributi 191 - Udienza di S.S. Benedetto XVI del 25/11/2009

alcuni stralci dall'udienza di mercoledì 25

È importante anche oggi che gli animatori liturgici, e in particolare i sacerdoti, valorizzino con sapienza pastorale i segni propri dei riti sacramentali - questa visibilità e tangibilità della Grazia - curandone attentamente la catechesi, affinché ogni celebrazione dei sacramenti sia vissuta da tutti i fedeli con devozione, intensità e letizia spirituale.

Come cambierebbe il mondo se nelle famiglie, nelle parrocchie e in ogni altra comunità i rapporti fossero vissuti seguendo sempre l’esempio delle tre Persone divine, in cui ognuna vive non solo con l’altra, ma per l’altra e nell’altra! Lo ricordavo qualche mese fa all’Angelus: ‘Solo l'amore ci rende felici, perché viviamo in relazione, e viviamo per amare e per essere amati’

Esorto voi, giovani, a vivere questo ‘tempo forte’ con vigile preghiera e generoso impegno evangelico.
Incoraggio voi, malati, a sostenere con l'offerta delle vostre sofferenze il cammino di preparazione al Santo Natale del popolo cristiano.
Auguro a voi, sposi novelli, di essere testimoni dello Spirito d'amore che anima e sostiene l'intera Famiglia di Dio"
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martedì 24 novembre 2009

Segnalazione: altrove l'avrebbero affamato, in Belgio no....

(ovvero urla dal silenzio 2)

Volevo proporre all'attenzione di chi legge due link, relativi ad un fatto interessante: il Signor Rom Houben, belga era, a detta di tutti i medici, in stato di coma vegetativo persistente dal 1983 (nove anni prima di Eluana) in seguito ad un incidente stradale.
In Italia per una cosa del genere ti caricano di notte su un'ambulanza, ti portano di peso a Udine e ti tolgono acqua e cibo fino a farti morire, in Belgio invece capita che un gruppo di ricercatori si accorge che il cervello del Signor Houben ha una certa attività e si inventa un modo per cercare di comunicare.
E ci riescono !

Lascio a voi il piacere di consultare i due link (il primo è un video e ho notato con rammarico che la pubblicità televisiva è arrivata anche su internet... comunque superato lo spot iniziale c'è il servizio giornalistico)

dal TG5

dalla Stampa

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lunedì 23 novembre 2009

Contributi 190 - Le chances di un cristianesimo vivo oggi

propongo un'intervista a S.E. il Card. Angelo Scola, Patriarca di Venezia tratta da Il Sussidiario

In questa intervista il patriarca di Venezia, cardinale Angelo Scola, parla della situazione “precaria e traballante” in cui si trova l’uomo postmoderno e delle chances del cristianesimo. La sfida educativa, l’esperienza elementare, le neuroscienze, il crocifisso e il riaccadere dell’avvenimento cristiano dentro tutti gli ambiti dell’esistenza.
A Brescia Benedetto XVI ha parlato di «emergenza educativa… come il 68». La Cei ha impegnato il prossimo decennio proprio su questo tema. Qual è la natura di questa emergenza?
Questa emergenza è dovuta al fatto che, soprattutto in Europa, si è in un certo senso interrotta la cura tra generazioni. È come quando in una catena si spezza un anello. Questo dato ci provoca a un ripensamento globale degli stili di vita propri dell’uomo europeo, perché la cura delle generazioni passa attraverso la “tradizione” di uno stile di vita buona. E la tradizione favorisce, come diceva Giovanni Paolo II, la scoperta che la nascita di ognuno di noi non è mai riducibile al puro inizio (biologia), ma implica sempre anche un’origine (genealogia). Mette in campo la catena delle generazioni che garantisce quell’esperienza compiuta di paternità-figliolanza senza la quale non si dà la persona con la sua capacità di esperienza e di cultura. Questa dimensione integrale della nascita è sottovalutata dall’uomo contemporaneo, soprattutto nella nostra area europea ed atlantica.
Nel Rapporto La sfida educativa, nel quale come Comitato del Progetto culturale dei Vescovi italiani avete sintetizzato le preoccupazioni della Chiesa, leggiamo che «per le società del passato l’educazione era un compito largamente condiviso; per la nostra essa sta diventando soprattutto una sfida». Come si è potuti arrivare a questa amara constatazione? E in che cosa consiste questa sfida?
Evidentemente non è possibile riassumere in poche righe l’insieme di fattori che ha portato a questo esito amaro. Certamente si possono evidenziare in proposito taluni limiti ed interrogativi aperti dalla modernità a cui il cosiddetto “postmoderno” non è ancora riuscito a dare riposta, ma vanno anche messi in linea di conto le trasformazioni del tutto inedite che da trent’anni sono in atto nella sfera dell’affettività, della nascita, della vita e della morte, ad opera soprattutto delle biotecnologie e delle neuroscienze. Mi capita spesso di paragonare l’uomo postmoderno a un pugile suonato che, incassato un forte colpo, continua il suo combattimento sul ring, ma in una situazione precaria, traballante. In che modo questa realtà ci sfida? E di che sfida si tratta? Si tratta di ritrovare le modalità adeguate per educare, per far passare attraverso costumi buoni uno stile di vita che sia in grado di rispondere al desiderio di felicità e libertà che caratterizza l’uomo di oggi. La prima di tali modalità è semplice, anche se indubbiamente ardua: è il porsi della persona dell’educatore. Ancora una volta il riflettore è puntato sull’adulto come colui che dà testimonianza alla verità che propone.
Il cristianesimo ha qualche chance di fronte a una situazione che sembra dominata dall’indifferenza, come se non ci fosse nulla in grado di suscitare un interesse per la realtà e per il futuro, specialmente tra i giovani?
Io penso che il cristianesimo abbia, oggi più che mai, delle grandi chances. Nel linguaggio comune attuale le due parole dominanti sono felicità e libertà. Così come nel tempo delle ideologie erano verità e giustizia. Ovviamente non si tratta di sottovalutare queste ultime, ma di partire da ciò che per l’uomo postmoderno sembra contare di più, cioè felicità e libertà.Ora se noi leggiamo attentamente l’esperienza degli amici di Gesù, come il vangelo ce la testimonia, ci imbattiamo in queste parole del Signore: «Se vuoi essere compiuto - cioè felice -, vieni e seguimi»; e aggiunge: «Chi mi segue, sarà libero davvero». Gesù si propone come la via alla libertà e alla vita in quanto ha il potere di donare la felicità ed è capace di un appassionato e sconfinato amore per la libertà dell’uomo.
Oggi assistiamo a una frantumazione dell’umano senza precedenti; sembra quasi non sia più possibile rintracciare un principio unificatore dell’io. Come stare di fronte a questa umanità che oggi si mostra con questo organismo fragile e disarticolato?
Edificando - attraverso adeguate comunità educanti, a partire dalla famiglia, dalla scuola, dall’intrapresa economica fino alla comunità cristiana - uomini e donne che ripropongono questa esperienza in termini personali e comunitari. La grande risorsa in proposito è l’incontro con Cristo. Come diceva Mons. Luigi Giussani, è l’incontro con un’ipotesi esistenziale esplicativa della realtà che permette che tutto concorra al bene. Un incontro che genera nell’io una capacità critica straordinaria: «Vagliate ogni cosa, trattenete ciò che è buono». In concreto si tratta di costruire ambiti in cui ogni persona possa fare questa esperienza.
Grazie alle enormi possibilità offerte dalla tecnoscienza si fa strada il progetto di ricostruire l’uomo sulla base del principio che egli è solo un agglomerato di materia. Ma questo basta a spiegare la natura dell’uomo e la nascita della coscienza?
L’inquietante progetto citato è perseguito da non pochi cultori della tecnoscienza e si riferisce alle strabilianti scoperte che si vanno facendo nel campo della fisica, della biologia, delle neuroscienze, ma la domanda si ripropone. Come è possibile che parti di materia priva di coscienza producano coscienza? Personalmente, penso che una rigorosa pratica delle scienze sperimentali non possa negare l’esperienza elementare dell’uomo che, per quanto possa essere radicata nel bios o nel cervello, sfocia inesorabilmente in una dimensione che possiamo chiamare spirituale e che, pur essendo in profonda unità con la precedente, tuttavia la supera. A prova, secondo me, che l’unità duale anima-corpo, sostenuta da più di duemila anni di pensiero, è insuperabile.
Nella prolusione per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Istituto Giovanni Paolo II, Lei si è domandato: «Esiste un terreno comune da cui partire, nel rigoroso rispetto di ciò che è fede e quindi teologia e di ciò che è oggetto del sapere delle neuroscienze, per verificare quanta strada si può fare insieme?». Qual è stata la sua risposta?
La mia risposta è affermativa: è il terreno dell’esperienza morale elementare. Gli stessi cultori delle neuroscienze parlano di “morale prima della morale”, per dire - come sostiene uno dei più famosi, Gazzaniga - che “il nostro cervello vuole credere”. Non so se domani si riuscirà a dimostrare che la mente è riconducibile al cervello, ma so che, in ogni caso, l’esperienza morale elementare, per quanto possa avere la sua origine nei meccanismi neuronali del cervello, ultimamente li trascende. Li trascende proprio perché mette in campo il senso religioso.
Tanti cristiani soffrono un dualismo tra fede e vita, come la fede non fosse più in grado di mostrare la sua portata di verità e di bene nella realtà quotidiana (studio, lavoro, affetti). Cosa può vincere questo dualismo?Da dove ripartire per ricostituire un soggetto cristiano unito?
Qui ritorniamo a quanto rilevato in precedenza: dato che nessuno si educa da sé - il discorso sull’auto-educazione è un discorso banale -, è necessario che qualcuno che già vive questa esperienza di unità si prenda cura dell’educando che gli è affidato. E questo generalmente può avvenire solo dentro comunità vitali. Per noi cristiani l’unità non è un traguardo da conquistare, ma il dono di un’Origine (torniamo alla prima risposta) da riconoscere.
Perché secondo lei la strada del ritorno alla “esperienza elementare” (quella propria di ogni persona quando affronta le domande fondamentali della vita) dovrebbe essere una risorsa per affrontare la situazione dell’uomo di oggi?
Perché l’esperienza elementare supera ogni complessità. Questo è molto importante. Come hanno mostrato bene Mons. Giussani ne Il rischio educativo, o Woytjla in Persona e Atto, o von Balthasar in Gloria, l’esperienza elementare è assolutamente inaffondabile. Io la paragono a quello che a volte si può vedere in primavera in città, passando vicino a un’area dismessa in cui qualche vecchia costruzione è stata demolita e non si è ancora riedificato, quando spuntano qua e là, tra i detriti, dei fili d’erba. Ecco, l’esperienza elementare è come quei fili d’erba: per quanto possa essere soffocata è insopprimibile, rispunta sempre, non la si può sradicare.
La recente sentenza sui crocifissi nelle scuole ha suscitato la reazione scandalizzata della maggioranza del popolo italiano, addirittura l’84% secondo un sondaggio del Corriere della Sera. Questo dato significa qualcosa per lei?
Significa molto per me. Non sono affatto d’accordo con quanti lo sottostimano, perché non riconoscono con oggettività una chiara volontà del popolo che deve essere rispettata. Ma è fin troppo ovvio che questo dato da solo è destinato a decrescere. Non ci si può limitare a questo, che pur è una confortante occasione per la riscoperta del potente significato del Crocifisso per la cultura mondiale, ma ci si deve anche (e molto di più) interrogare sul bisogno di testimoni vitali del Crocifisso risorto e vivo come Salvatore, come Redentore, come compagnia guidata al destino dell’uomo. Il bisogno della testimonianza cristiana.
Molti di coloro che si sono pronunciati a favore del crocifisso hanno parlato di difesa della nostra tradizione culturale e sociale, di simbolo universale di fratellanza. Pochi hanno colto un altro livello della questione, che sta sotto l’alternativa “crocifisso sì, crocifisso no”: che cos’è il cristianesimo oggi?
Il cristianesimo oggi è quello di sempre: l’inaudito avvenimento di Dio che viene incontro all’uomo, facendosi uno come noi, con un’umiltà così potente da permettere alla nostra presuntuosa libertà finita di crocifiggerlo. Uno che ci accompagna nel cammino, perché ci ha detto: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Uno che rende possibile verificare, nella propria fragile umanità, la potente affermazione di San Paolo: “Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”. È una qualità di vita diversa su questa terra, perché radicata nella paternità amante del Dio Uno e Trino che ci ha donato Suo Figlio e che, per la potenza dello Spirito Santo, genera la Chiesa e le comunità cristiane, dove si può fare concretamente esperienza di tutto questo, vivendo intensamente fin da ora gli affetti, il lavoro e il riposo.
A quali condizioni può accadere oggi la nascita di quella “creatura nuova” che è il cristiano - cioè un protagonista nuovo sulla scena del mondo - di cui parlò don Giussani nella lunga intervista che Le concesse nel 1987?
Mi limito ad aggiungere un aspetto a quanto rilevato nelle risposte precedenti: il bisogno primario è che si possa rivivere l’esperienza di Andrea e Giovanni. Un giorno, mentre stavano con il Battista, furono da lui invitati ad andare a conoscere Gesù che passava dall’altra parte del Giordano. I due si misero a seguirlo e fecero la potente scoperta che descrive il dinamismo dell’esperienza cristiana: incontrare, andare, vedere, dimorare, comunicare. Questi verbi possono tradurre in pratica la fisionomia della creatura nuova.
Quali possibilità ha l’annuncio cristiano in un mondo che, per dirla con T.S. Eliot, avendo voltato le spalle alla Chiesa, «avanza all’indietro, progressivamente»?
Detta in altri termini: come un cristiano di oggi può comunicare agli altri la propria identità?Lo può se sta nel reale fino in fondo e a 360 gradi, dentro tutti gli ambienti dell’umana esistenza, come colui che avendo avuto la grazia straordinaria di un incontro che gli permette di dare del tu a Cristo, lo comunica in tutta semplicità. Il resto è conseguenza. Non servono strategie e non servono progetti.

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sabato 21 novembre 2009

Post 59 - Crocefisso e massoni (chi costruisce, chi vuole distruggere e chi sempre redime)

In primo luogo volevo invitarvi a visionare i commenti al post "Intervento 8", cosa che potete fare azionando con il vostro indice la rotellina del mouse senza particolare sforzo per poi cliccare sulla parola commenti. In altre occasioni riportavo il contenuto dei vari commenti (fra l'altro il post in questione riporta commenti) ma in questa circostanza la quantità (non tanto numerica quanto verbale) lo sconsiglia.
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Appare evidente, se non assolutamente ovvia, una circostanza: è in atto in Europa, negli alti vertici di quest'europa (che non è molto probabilmente quella che immaginavano De Gasperi e gli altri fondatori) una campagna fortemente anti-cristiana, anzi anti-cattolica.
C'è un nemico fortissimo di Cristo che sta agendo in europa, non dico il tanto nemico per eccelenza, quanto dello strumento o degli strumenti che vengono da lui utilizzati.
Il Gruppo Bilderberg organismo non ufficiale e di pensiero chiaramente massonico ha mosso le sue pedine per la nomina di Herman Van Rompuy a Presidente dell'Unione Europea.
Questo non è che un ulteriore passo nel tentativo (cui ha dato anche il suo non trascurabile contributo "il cattolico adulto" Romano Prodi) di togliere ogni traccia di cristianesimo dalla vita del nostro continente.
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Tutto il ricco dialogo di commenti cui faccio menzione nelle righe precedenti dice fra l'altro che l'importante è che il crocifisso ci sia veramente nei nostri cuori (e qui concordo) e che va smascherata ogni falsità di chi alza ora la voce per protestare ma che di fatto non vive il cristianesimo.
Ho sempre detto (e desiderato in primo luogo per me stesso e a seguire per tutti i miei interlocutori e per ogni persona) che desidero che Cristo diventi concretamente Signore della vita (mia e altrui), e lo ripeto anche oggi vigilia di Cristo Re.
Ritengo quindi che quest'ulteriore attacco alla fede cattolica debba essere visto come occasione per noi credenti per tornare ad aderire a Cristo con sincera umiltà per poter essere, in virtù della Sua grazia, efficaci testimoni della bellezza della fede in Lui.
Con il supporto della Sua Grazia (perrenemente invocata e mai avuta per automatismo) qualunque attacco alla fede e alla Chiesa è comunque destinato al fallimento, non hanno prodotto dissolvimento della Chiesa i tentativi degli imperatori romani, non c'è riuscito il comunismo e neanche la mancanza di fede di molti preti e vescovi.
Chi costruisce la Sua Chiesa è sempre è comunque Dio e il Suo Santo Spirito che sempre e comunque suscita persone in grado di essere segno e testimonianza per gli uomini e il sacrificio di Cristo di cui ogni crocifisso ci invita a fare memoria è la redenzione e salvezza perennemente possibile per ognuno di noi.
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venerdì 20 novembre 2009

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Crux fidelis, inter omnes arbor una nobilis:
nulla silva talem profert, fronde, flore, germine.
Dulce lignum, dulces clavos, dulce pondus sustinet.

En acétum, fel, arúndo, sputa, clavi, láncea;
mite corpus perforátur, sanguis, unda prófluit;
terra, pontus, astra, mundus quo lavántur flúmine!

Flecte ramos, arbor alta, tensa laxa víscera,
et rigor lentéscat ille quem dedit natívitas,
ut supérni membra regis miti tendas stípite.

Sola digna tu fuísti ferre sæcli prétium,
atque portum præparáre nauta mundo náufrago,
quem sacer cruor perúnxit fusus Agni córpore.

Croce fedele, nobile albero, unico tra tutti! Nessun bosco ne offre uno simile per fiore, fogliame, germoglio. Dolce legno, con dolci chiodi porti un dolce peso.
Ecco aceto, fiele, canna, sputi, chiodi, lancia; il corpo mansueto è perforato e ne scaturiscono sangue ed acqua; la cui corrente lava la terra, il mare, le stelle, il mondo!
Piega i rami, alto albero, rilascia le [tue] fibre distese e si pieghi quella rigidità, che avesti dalla natura, per concedere alle membra del re celeste un tronco clemente.
Tu sola fosti degna di portare il riscatto del mondo e di preparare un porto al mondo, navigante naufrago, che il sangue sacro, effuso dal corpo dell’Agnello, ha unto.
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giovedì 19 novembre 2009

Interventi 8 - Sul crocefisso

Torno ancora sull'importante tema del crocefisso e sulla ingiusta e irragionevole sentenza di Strasburgo. I nemici di Cristo possono toglierci la libertà di esporre i simboli della nostra fede nel tentativo di rendere Cristo estraneo all'uomo, ma non possono evitare che il crocefisso nasca e prenda forma in modo molto più consistente nel cuore di ogni uomo. Vogliono togliere Cristo dalla nostra vita e dalla nostra cultura. La vera battaglia è qui sul non togliere dal nostro cuore l'amore a Colui che ci ha redento.

Nei giorni scorsi ho ricevuto due commenti sull'argomento che pubblico di seguito:

andrea dice:

Questo falso ateismo dilagante sta mostrando in questi ultimi esempi il suo vero volto. Il volto di una vera e propria religione. Io ho sempre detto che l'ateo è una prova paradossale dell'esistenza di Dio. Per quanto atei si possa essere,non ci si può non scontrarci con la questione "Dio". Ma al di là di ciò,qui non è l'ateismo la questione di fondo. La questione di fondo è la militanza di tipo religioso di una certa parte che ha letteralmente "a rabbia" tutto ciò che fa riferimento al sacro o al religioso,figuriamoci verso il crocifisso.... Ci sono atei autorevoli,anche persone di una certa cultura,ma che non hanno mai preso posizioni del genere. Ecco quale differenza c'è con certe associazioni ed un certo tipo di ateismo mascherato. Figuriamoci con gli agnostici...ancora peggio! ...per non parlare poi dei "razionalisti".
Infatti,se volessimo usare proprio la "ragione",la recta ratio,nessun uomo,per quanto ateo o agnostico si adopererebbe per portare scompiglio ad una società che è felice di mantenere i propri valori,semplicemente per soddisfare i propri desideri di orgoglio personale.
Ci sono persone che potrebbero dire tante cose riguardo tante cose che succedono nel mondo, ma proprio per ragionevolezza e discrezione,non si dice niente per non combinare "casini"...
Persone come quelle della sentenza di Strasburgo, al di là della religione o meno,mancano innanzitutto di senso di "responsabilità".
Partendo da questo presupposto,cosa c'è di più forte del senso di responsabilità? Ragionevolmente si risponde semplicemente così: l'ideologia!
Cosa c'è che tra gli uomini riesce a far accantonare il senso di responsabilità? Sempre la stessa risposta: L'ideologia! L'ideologia rende cieco l'uomo.
La sentenza di Strasburgo è un caso ideologico, fino a prova contraria naturalmente...un saluto e buon lavoro

Personalmente posso anche condividere il discorso che ci sia l'ideologia dietro a questo, ideologia intesa nel suo significato peggiore (e già il dato di partenza per la parola ideologia non è dei migliori) e come suscitato dal nemico per eccellenza, il serpente antico.. E' in atto la battaglia fra i servitori di Gesù e quelli del maligno e non schierarsi equivale a stare dalla parte dei secondi.

Marina dice

I nemici del crocifisso sono soprattutto tutti quei "cattivi cristiani" che in questi giorni hanno pure gridato " GIU' LE MANI DAL CROCIFISSO" e poi con il modo di pensare e con lo stile di vita dimostrano tutto il contrario.
Tra questi "cattivi cristiani", purtroppo, ci siamo un pò tutti e nelle situazioni di cui parla Bolognesi.
Tenere il crocifisso appeso alle pareti non può essere solo segno di una tradizione che si tramanda da anni; è necessario uscire da questo superficialismo di cui ci siamo rivestiti e cercare di guardare più in profondità.
Il Cristo appeso alla croce è il grande segno di un'umanità gravemente colpita dal peccato della quale Dio stesso si è preso cura, ridonandole nel Figlio, una dignità maggiore di quella che aveva al momento della creazione.
Se non siamo noi cristiani per primi a guardare alla croce con occhi da SALVATI e REDENTI è chiaro che poi prendono piede, come dice Andrea,ideologie pericolose che rendono ciechi gli uomini.E quando si è ciechi non si vede bene la vera via da percorrere.
Grazie per questo confronto.

Aspetto altri contributi, altri interventi, il tema è troppo importante per dedicargli solo la nostra sonnolenta indifferenza...

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Contributi 189 - Le cattedrali, vera gloria del Medioevo cristiano

ecco il testo della catechesi del Santo Padre del 18/11/09

Cari fratelli e sorelle!
Nelle catechesi delle scorse settimane ho presentato alcuni aspetti della teologia medievale. Ma la fede cristiana, profondamente radicata negli uomini e nelle donne di quei secoli, non diede origine soltanto a capolavori della letteratura teologica, del pensiero e della fede. Essa ispirò anche una delle creazioni artistiche più elevate della civiltà universale: le cattedrali, vera gloria del Medioevo cristiano. Infatti, per circa tre secoli, a partire dal principio del secolo XI si assistette in Europa a un fervore artistico straordinario.
Un antico cronista descrive così l'entusiasmo e la laboriosità di quel tempo: "Accadde che in tutto il mondo, ma specialmente in Italia e nelle Gallie, si incominciasse a ricostruire le chiese, sebbene molte, per essere ancora in buone condizioni, non avessero bisogno di tale restaurazione. Era come una gara tra un popolo e l'altro; si sarebbe creduto che il mondo, scuotendosi di dosso i vecchi cenci, volesse rivestirsi dappertutto della bianca veste di nuove chiese. Insomma, quasi tutte le chiese cattedrali, un gran numero di chiese monastiche, e perfino oratori di villaggio, furono allora restaurati dai fedeli" (Rodolfo il Glabro, Historiarum 3,4).
Vari fattori contribuirono a questa rinascita dell'architettura religiosa. Anzitutto, condizioni storiche più favorevoli, come una maggiore sicurezza politica, accompagnata da un costante aumento della popolazione e dal progressivo sviluppo delle città, degli scambi e della ricchezza. Inoltre, gli architetti individuavano soluzioni tecniche sempre più elaborate per aumentare le dimensioni degli edifici, assicurandone allo stesso tempo la saldezza e la maestosità.
Fu però principalmente grazie all'ardore e allo zelo spirituale del monachesimo in piena espansione che vennero innalzate chiese abbaziali, dove la liturgia poteva essere celebrata con dignità e solennità, e i fedeli potevano sostare in preghiera, attratti dalla venerazione delle reliquie dei santi, mèta di incessanti pellegrinaggi.
Nacquero così le chiese e le cattedrali romaniche, caratterizzate dallo sviluppo longitudinale, in lunghezza, delle navate per accogliere numerosi fedeli; chiese molto solide, con muri spessi, volte in pietra e linee semplici ed essenziali. Una novità è rappresentata dall'introduzione delle sculture. Essendo le chiese romaniche il luogo della preghiera monastica e del culto dei fedeli, gli scultori, più che preoccuparsi della perfezione tecnica, curarono soprattutto la finalità educativa. Poiché bisognava suscitare nelle anime impressioni forti, sentimenti che potessero incitare a fuggire il vizio, il male, e a praticare la virtù, il bene, il tema ricorrente era la rappresentazione di Cristo come giudice universale, circondato dai personaggi dell'Apocalisse.
Sono in genere i portali delle chiese romaniche a offrire questa raffigurazione, per sottolineare che Cristo è la Porta che conduce al Cielo. I fedeli, oltrepassando la soglia dell'edificio sacro, entrano in un tempo e in uno spazio differenti da quelli della vita ordinaria. Oltre il portale della chiesa, i credenti in Cristo, sovrano, giusto e misericordioso, nell'intenzione degli artisti potevano gustare un anticipo della beatitudine eterna nella celebrazione della liturgia e negli atti di pietà svolti all'interno dell'edificio sacro.
Nel secoli XII e XIII, a partire dal nord della Francia, si diffuse un altro tipo di architettura nella costruzione degli edifici sacri, quella gotica, con due caratteristiche nuove rispetto al romanico, e cioè lo slancio verticale e la luminosità. Le cattedrali gotiche mostravano una sintesi di fede e di arte armoniosamente espressa attraverso il linguaggio universale e affascinante della bellezza, che ancor oggi suscita stupore.
Grazie all'introduzione delle volte a sesto acuto, che poggiavano su robusti pilastri, fu possibile innalzarne notevolmente l'altezza. Lo slancio verso l'alto voleva invitare alla preghiera ed era esso stesso una preghiera. La cattedrale gotica intendeva tradurre così, nelle sue linee architettoniche, l'anelito delle anime verso Dio. Inoltre, con le nuove soluzioni tecniche adottate, i muri perimetrali potevano essere traforati e abbelliti da vetrate policrome. In altre parole, le finestre diventavano grandi immagini luminose, molto adatte ad istruire il popolo nella fede. In esse - scena per scena - venivano narrati la vita di un santo, una parabola, o altri eventi biblici. Dalle vetrate dipinte una cascata di luce si riversava sui fedeli per narrare loro la storia della salvezza e coinvolgerli in questa storia.
Un altro pregio delle cattedrali gotiche è costituito dal fatto che alla loro costruzione e alla loro decorazione, in modo differente ma corale, partecipava tutta la comunità cristiana e civile; partecipavano gli umili e i potenti, gli analfabeti e i dotti, perché in questa casa comune tutti i credenti erano istruiti nella fede. La scultura gotica ha fatto delle cattedrali una "Bibbia di pietra", rappresentando gli episodi del Vangelo e illustrando i contenuti dell'anno liturgico, dalla Natività alla Glorificazione del Signore. In quei secoli, inoltre, si diffondeva sempre di più la percezione dell'umanità del Signore, e i patimenti della sua Passione venivano rappresentati in modo realistico: il Cristo sofferente (Christus patiens) divenne un'immagine amata da tutti, ed atta a ispirare pietà e pentimento per i peccati.
Né mancavano i personaggi dell'Antico Testamento, la cui storia divenne in tal modo familiare ai fedeli che frequentavano le cattedrali come parte dell'unica, comune storia di salvezza. Con i suoi volti pieni di bellezza, di dolcezza, di intelligenza, la scultura gotica del secolo XIII rivela una pietà felice e serena, che si compiace di effondere una devozione sentita e filiale verso la Madre di Dio, vista a volte come una giovane donna, sorridente e materna, e principalmente rappresentata come la sovrana del cielo e della terra, potente e misericordiosa.
I fedeli che affollavano le cattedrali gotiche amavano trovarvi anche espressioni artistiche che ricordassero i santi, modelli di vita cristiana e intercessori presso Dio. E non mancarono le manifestazioni "laiche" dell'esistenza; ecco allora apparire, qua e là, rappresentazioni del lavoro dei campi, delle scienze e delle arti.
Tutto era orientato e offerto a Dio nel luogo in cui si celebrava la liturgia. Possiamo comprendere meglio il senso che veniva attribuito a una cattedrale gotica, considerando il testo dell'iscrizione incisa sul portale centrale di Saint-Denis, a Parigi: "Passante, che vuoi lodare la bellezza di queste porte, non lasciarti abbagliare né dall'oro, né dalla magnificenza, ma piuttosto dal faticoso lavoro. Qui brilla un'opera famosa, ma voglia il cielo che quest'opera famosa che brilla faccia splendere gli spiriti, affinché con le verità luminose s'incamminino verso la vera luce, dove il Cristo è la vera porta".
Cari fratelli e sorelle, mi piace ora sottolineare due elementi dell'arte romanica e gotica utili anche per noi.
Il primo: i capolavori artistici nati in Europa nei secoli passati sono incomprensibili se non si tiene conto dell'anima religiosa che li ha ispirati. Un artista, che ha testimoniato sempre l'incontro tra estetica e fede, Marc Chagall, ha scritto che "i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell'alfabeto colorato che era la Bibbia". Quando la fede, in modo particolare celebrata nella liturgia, incontra l'arte, si crea una sintonia profonda, perché entrambe possono e vogliono parlare di Dio, rendendo visibile l'Invisibile. Vorrei condividere questo nell'incontro con gli artisti del 21 novembre, rinnovando ad essi quella proposta di amicizia tra la spiritualità cristiana e l'arte, auspicata dai miei venerati Predecessori, in particolare dai Servi di Dio Paolo VI e Giovanni Paolo II.
Il secondo elemento: la forza dello stile romanico e lo splendore delle cattedrali gotiche ci rammentano che la via pulchritudinis, la via della bellezza, è un percorso privilegiato e affascinante per avvicinarsi al Mistero di Dio. Che cos'è la bellezza, che scrittori, poeti, musicisti, artisti contemplano e traducono nel loro linguaggio, se non il riflesso dello splendore del Verbo eterno fatto carne?
Afferma sant'Agostino: "Interroga la bellezza della terra, interroga la bellezza del mare, interroga la bellezza dell'aria diffusa e soffusa. Interroga la bellezza del cielo, interroga l'ordine delle stelle, interroga il sole, che col suo splendore rischiara il giorno; interroga la luna, che col suo chiarore modera le tenebre della notte. Interroga le fiere che si muovono nell'acqua, che camminano sulla terra, che volano nell'aria: anime che si nascondono, corpi che si mostrano; visibile che si fa guidare, invisibile che guida. Interrogali! Tutti ti risponderanno: Guardaci: siamo belli! La loro bellezza li fa conoscere. Questa bellezza mutevole chi l'ha creata, se non la Bellezza Immutabile?" (Sermo CCXLI, 2: PL 38, 1134).
Cari fratelli e sorelle, ci aiuti il Signore a riscoprire la via della bellezza come uno degli itinerari, forse il più attraente ed affascinante, per giungere ad incontrare ed amare Dio.
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lunedì 16 novembre 2009

Contributi 188 - I nemici del crocifisso

Riporto da Il Sussidiario un ulteriore approfondimento sul tema dell'ingiusta e irragionevole sentanza di Strasburgo.


lunedì 16 novembre 2009

La sentenza della Corte europea che impone di togliere i crocifissi dalle nostre aule scolastiche appare con tutta evidenza opera di qualcuno che è “nemico” di ciò che quel segno indica. È nemico del fatto storico che ne sta all’origine: un uomo che si è detto figlio di Dio e che i suoi contemporanei hanno ucciso nel modo più infamante, quello appunto della crocifissione.
È nemico di ciò che da quel fatto è stato generato: un fiume millenario di uomini che, dal mattino in cui il condannato crocifisso si è mostrato risorto, gli hanno dato la vita, trovando in lui la sorgente della speranza, la possibilità di una compagnia reale, il gusto di una costruttività a tutto campo. È nemico di tutti coloro che, pur non volendo credere alla risurrezione, trovano in quel segno un conforto per la loro dolente umanità.
I nemici: una buona parte dei salmi che da secoli i cristiani usano come trave portante della propria preghiera è dedicata proprio all’invocazione di essere liberati dai tanti nemici che affliggono la nostra esistenza. Nemici sono i potenti iniqui che sembrano farla sempre franca, mentre chi rispetta la legge paga in prima persona. Nemici sono quelli che coi loro eserciti devastano la propria terra. Nemici sono coloro che insultano, denigrano, tendono tranelli. Nemico è chi mostra un apparente volto benevolo, ma «uscito fuori sparla». E perfino «l’amico in cui confidavo» può rivelarsi un nemico.
Ma, come tutti i grandi maestri dello spirito hanno sempre sottolineato, questi nemici esterni hanno sempre - e questa è la cosa più temibile - un alleato nel nostro cuore, una quinta colonna nel nostro intimo. Così, mentre sento giustissimo protestare e difendersi dall’attacco dei nemici che vogliono toglierci i crocifissi, sento fondamentale capire dove in me essi trovano una connivenza. Da quali pareti della mia vita, da quali momenti della mia giornata io vorrei togliere il crocifisso?
Lo vorrei togliere dalla parete scintillante e multicolore dei rapporti che gratificano, dei successi lavorativi, delle piccole e grandi soddisfazioni acquisite in autonomia e in forza delle mie risorse. Lì il crocifisso mi ricorda realisticamente e drammaticamente che gratificazioni, successi e soddisfazioni non sono la salvezza che cerco; che quella salvezza è stata per me conquistata da un sacrificio, da una dimenticanza di sé, da una donazione e non da un accaparramento.
Lo vorrei togliere dalla parete scura e screpolata della contraddizione negli affetti, della stanchezza che snerva, della tristezza che assale improvvisa. Lo vorrei togliere per quella strana malattia originale per cui l’uomo tende a piegarsi su di sé, abbeverandosi delle proprie lacrime. Proprio lì, invece, il crocifisso mi ricorda che ogni tipo di male e di dolore, ogni anticipo della morte, non è condanna a una solitudine definitiva.
L’uomo inchiodato sul legno della «crux fidelis» ha già preso sulle sue spalle, salvandola, ogni mia contraddizione. Dice un inno monastico: «Con te siamo saliti sulla croce»: non siamo soli nel dolore. Perciò possiamo chiedere: «Fa’ che la nostra morte sia assorbita dalla luce gloriosa della Pasqua».

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domenica 15 novembre 2009

Contributi 187 - Angelus del 15/11/09

Tutto è destinato a passare: chi accoglie la Parola di Dio porta in sè ungerme di eternità

Cari fratelli e sorelle!
Siamo giunti alle ultime due settimane dell’anno liturgico. Ringraziamo il Signore che ci ha concesso di compiere, ancora una volta, questo cammino di fede – antico e sempre nuovo – nella grande famiglia spirituale della Chiesa!
E’ un dono inestimabile, che ci permette di vivere nella storia il mistero di Cristo, accogliendo nei solchi della nostra esistenza personale e comunitaria il seme della Parola di Dio, seme di eternità che trasforma dal di dentro questo mondo e lo apre al Regno dei Cieli.
Nell’itinerario delle Letture bibliche domenicali ci ha accompagnato il Vangelo di san Marco, che oggi presenta una parte del discorso di Gesù sulla fine dei tempi. In questo discorso, c’è una frase che colpisce per la sua chiarezza sintetica: "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno" (Mc 13,31).
Fermiamoci un momento a riflettere su questa profezia di Cristo.
L’espressione "il cielo e la terra" è frequente nella Bibbia per indicare tutto l’universo, il cosmo intero. Gesù dichiara che tutto ciò è destinato a "passare". Non solo la terra, ma anche il cielo, che qui è inteso appunto in senso cosmico, non come sinonimo di Dio.
La Sacra Scrittura non conosce ambiguità: tutto il creato è segnato dalla finitudine, compresi gli elementi divinizzati dalle antiche mitologie: non c’è nessuna confusione tra il creato e il Creatore, ma una differenza netta.Con tale chiara distinzione, Gesù afferma che le sue parole "non passeranno", cioè stanno dalla parte di Dio e perciò sono eterne. Pur pronunciate nella concretezza della sua esistenza terrena, esse sono parole profetiche per eccellenza, come afferma in un altro luogo Gesù rivolgendosi al Padre celeste: "Le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da Te e hanno creduto che Tu mi hai mandato" (Gv 17,8).
In una celebre parabola, Cristo si paragona al seminatore e spiega che il seme è la Parola (cfr Mc 4,14): coloro che l’ascoltano, l’accolgono e portano frutto (cfr Mc 4,20) fanno parte del Regno di Dio, cioè vivono sotto la sua signoria; rimangono nel mondo, ma non sono più del mondo; portano in sé un germe di eternità, un principio di trasformazione che si manifesta già ora in una vita buona, animata dalla carità, e alla fine produrrà la risurrezione della carne.
Ecco la potenza della Parola di Cristo.
Cari amici, la Vergine Maria è il segno vivente di questa verità. Il suo cuore è stato "terra buona" che ha accolto con piena disponibilità la Parola di Dio, così che tutta la sua esistenza, trasformata secondo l’immagine del Figlio, è stata introdotta nell’eternità, anima e corpo, anticipando la vocazione eterna di ogni essere umano.
Ora, nella preghiera, facciamo nostra la sua risposta all’Angelo: "Avvenga per me secondo la tua parola" (Lc 1,38), perché, seguendo Cristo sulla via della croce, possiamo giungere pure noi alla gloria della risurrezione.
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Interventi 7 - Meditazione per l'anno sacerdotale

Monsignor Kiung, vescovo di Shangai, scrisse questa preghiera durante la sua prigionia. Fu condannato nel 1960 a 20 anni di carcere dura dal governo cinese a causa della sua fedeltà a Cristo

Dio onnipotente ed eterno, per i meriti del Tuo Figlio e per il tuo amore verso di Lui, abbi pietà dei sacerdoti della Santa Chiesa.
Nonostante questa dignità sublime sono deboli come gli altri.
Incendia per la Tua misericordia infinita, i loro cuori con il fuoco del Tuo Amore.
Soccorrili: non lasciare che i sacerdoti perdano la loro vocazione o la sminuiscano.
O Gesù, ti supplichiamo: abbi pietà dei sacerdoti della Tua Chiesa.
Di quelli che ti servono fedelmente, che guidano il Tuo gregge e Ti glorificano.
Abbi pietà di quelli perseguitati, incarcerati, abbandonati, piegati dalle sofferenze.
Abbi pietà dei sacerdoti tiepidi e di quelli che vacillano nella fede.
Abbi pietà dei sacerdoti secolarizzati, abbi pietà dei sacerdoti infermi e moribondi,
abbi pietà di quelli che stanno in purgatorio.

Signore Gesù ti supplichiamo: ascolta le nostre preghiere, abbi pietà dei sacerdoti: sono Tuoi!

Illuminali, fortificali e consolali.
O Gesù, ti affidiamo i sacerdoti di tutto il mondo,
ma soprattutto quelli che ci hanno battezzato ed assolto,
quelli che per noi hanno offerto il Santo sacrificio
e consacrato l'Ostia Santa per nutrire la nostra anima.
Ti affidiamo i sacerdoti che hanno dissipato i nostri dubbi,
indirizzato i nostri passi, guidato i nostri sforzi, consolato le nostre pene.

Per tutti loro, in segno di gratitudine,
imploriamo il Tuo aiuto e la Tua misericordia.
Amen
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giovedì 12 novembre 2009

Segnalazioni

C'è una cultura della morte che si va diffondendo nella società odierna come testimoniano i link che seguono. La cosa che mi preoccupa è l'allontanamento da Gesù che si va sempre più espandendo nel pensiero e come questo causi un allontanarsi dall'umano.
Ma non è tanto per enfatizzare il negativo che vi presento gli articoli in questione, quanto per ricordarmi e ricordare che occorre sempre pregare perchè il bene si diffonda (venga il Tuo Regno..) e offrire anche i ns. sacrifici in tal senso.
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Contributi 186 - Il «continente digitale»

Anche se in ritardo di due settimane vi propongo un testo da Il Sussidiario e colgo l'occasione per ringraziare Don Luca e Marina per i commenti al post precedente, anche se non merito i complimenti.

La Chiesa esercita una “diaconia della cultura” nell’odierno “continente digitale”
«Anche un osservatore poco attento può facilmente costatare che nel nostro tempo, grazie proprio alle più moderne tecnologie, è in atto una vera e propria rivoluzione nell’ambito delle comunicazioni sociali, di cui la Chiesa va prendendo sempre più responsabile consapevolezza.
Tali tecnologie, infatti, rendono possibile una comunicazione veloce e pervasiva, con una condivisione ampia di idee e di opinioni; facilitano l’acquisizione di informazioni e notizie in maniera capillare e accessibile a tutti.
Il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali segue da tempo questa sorprendente e veloce evoluzione dei media, facendo tesoro degli interventi del Magistero della Chiesa. Vorrei qui ricordare, in particolare, due Istruzioni Pastorali: la Communio et Progressio del Papa Paolo VI e la Aetatis Novae voluta da Giovanni Paolo II. Due autorevoli documenti dei miei venerati Predecessori, che hanno favorito e promosso nella Chiesa un’ampia sensibilizzazione su queste tematiche. Inoltre, i grandi cambiamenti sociali avvenuti negli ultimi vent’anni hanno sollecitato e continuano a sollecitare un’attenta analisi sulla presenza e sull’azione della Chiesa in tale campo. Il Servo di Dio Giovanni Paolo II nell’Enciclica Redemptoris missio (1990) ricordava che “l’impegno nei mass media, non ha solo lo scopo di moltiplicare l’annunzio: si tratta di un fatto più profondo, perché l’evangelizzazione stessa della cultura moderna dipende in gran parte dal loro influsso”.
Ed aggiungeva: “Non basta, quindi, usarli per diffondere il messaggio cristiano e il magistero della Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa ‘nuova cultura’ creata dalla comunicazione moderna” (n. 37). In effetti, la cultura moderna scaturisce, ancor prima che dai contenuti, dal dato stesso dell’esistenza di nuovi modi di comunicare che utilizzano linguaggi nuovi, si servono di nuove tecniche e creano nuovi atteggiamenti psicologici. Tutto questo costituisce una sfida per la Chiesa chiamata ad annunciare il Vangelo agli uomini del terzo millennio mantenendone inalterato il contenuto, ma rendendolo comprensibile grazie anche a strumenti e modalità consoni alla mentalità e alle culture di oggi. (…) Il carattere multimediale e la interattività strutturale dei singoli nuovi media, ha, in un certo modo, diminuito la specificità di ognuno di essi, generando gradualmente una sorta di sistema globale di comunicazione, per cui, pur mantenendo ciascun mezzo il proprio peculiare carattere, l’evoluzione attuale del mondo della comunicazione obbliga sempre più a parlare di un’unica forma comunicativa, che fa sintesi delle diverse voci o le pone in stretta connessione…
Vorrei cogliere l’occasione per invitare quanti nella Chiesa operano nell’ambito della comunicazione ed hanno responsabilità di guida pastorale a saper raccogliere le sfide che pongono all’evangelizzazione queste nuove tecnologie.
Nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali di quest’anno, sottolineando l’importanza che rivestono le nuove tecnologie, ho incoraggiato i responsabili dei processi comunicativi ad ogni livello, a promuovere una cultura del rispetto per la dignità e il valore di ogni persona umana, un dialogo radicato nella ricerca sincera della verità, dell’amicizia non fine a se stessa, ma capace di sviluppare i doni di ciascuno per metterli a servizio della comunità umana. In tal modo la Chiesa esercita quella che potremmo definire una “diaconia della cultura” nell’odierno “continente digitale”, percorrendone le strade per annunciare il Vangelo, la sola Parola, la sola che può salvare l’uomo»
[Benedetto XVI, Alla Plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, 29 ottobre 2009].
Il Papa ha ricordato che al Consiglio delle Comunicazioni Sociali tocca approfondire ogni elemento della nuova cultura dei media, a iniziare dagli aspetti etici, ed esercitare un servizio di orientamento e di guida per aiutare le Chiese particolari a cogliere l’importanza della comunicazione, che rappresenta ormai un punto fermo ed irrinunciabile di ogni piano pastorale Proprio le caratteristiche dei nuovi mezzi rendono, peraltro, possibile, anche su larga scala e nella dimensione globalizzata che essa ha assunto, un’azione di consultazione, di condivisione e di coordinamento che, oltre ad incrementare un’efficace diffusione del messaggio evangelico, evita talvolta un’inutile dispersione di forze e di risorse.
Per i credenti – ha concluso il Papa – la necessaria valorizzazione delle nuove tecnologie medianiche va sempre però sostenuta da una costante visione di fede, sapendo che, al di là dei mezzi che utilizzano, l’efficacia dell’annuncio del Vangelo dipende in primo luogo dall’azione dello Spirito Santo, che guida la Chiesa e il cammino dell’umanità.
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mercoledì 11 novembre 2009

Contributi 185 - A che giova L'Europa Unita

riporto l'ultimo editoriale di SamizdatOnLine e ringrazio pubblicamente Patrizio, l'autore:

Il rappresentante permanente di Varsavia, l'ambasciatore polacco Tombinski, ha obiettato alla candidatura di Massimo D'Alema in qualità di ministro degli Esteri dell'Unione Europea.Ha dichiarato che creerebbe disagio scegliere una persona per cui il comunismo era un obiettivo ed un punto di riferimento, negli anni in cui per la Polonia e gli altri Paesi del Patto quel regime significava sofferenza, sopraffazione e miseria.
Tuttavia una simile preoccupazione avrebbe dovuto affacciarsi molto prima, nel momento in cui si trattava di scegliere in che termini aderire alla costruzione dell'Unione. La strada da seguire per sbarrare la strada al totalitarismo di matrice comunista fu indicata già a suo tempo da un altro polacco. Giovanni Paolo II esortò il mondo e l'Europa Orientale, dicendo nella sua prima omelia: "Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo".
Invece tanto con le atrocità di Stalin, quanto con l'ipocrisia di Barroso, Dio è cancellato dello Stato.
Massimo D'Alema è la conseguenza, non una delle peggiori, di una Costituzione che non fa menzione del motivo per cui l'uomo deve sottostare alle leggi.
L'uomo obbedisce alla legge per quell'Amore del prossimo proclamato da Cristo in Croce.
La differenza principale tra la Polonia di ieri e di oggi è che la UE lascia nelle tasche del popolo abbastanza denaro per non soffrire la fame ed anzi per tenersi impegnata la mente, il corpo ed i sensi tramite il consumo dei beni materiali. La UE, non dimentichiamo che è nata come Comunità Economica Europea, fin dalle sue origini ha tra i suoi obiettivi un arricchimento materiale dei popoli. Che non è un male in sé, quando è vissuto nella Povertà di spirito. D'altra parte perseguire tale arricchimento può nascondere un diverso intento: servire Mammona e non Dio.
Orwell ha smascherato presto le intenzioni ultime dei potenti dell'Unione Sovietica: "Ignoranza è forza".
Tenere il popolo a livello di sussistenza ed impedirgli di avere pensieri che vadano al di là dei beni materiali.Il piano è fallito, ma gli adoratori del principe del mondo non si sono rassegnati. Come potrebbero? Non possono trovare Pace, se non nel Dio che temono.Oggi i potenti hanno una strategia diversa: "Incertezza è forza".
Abbiamo visto recentemente, in questo Paese, nella città di Roma, sfilare persone per manifestare a favore della libertà di una stampa che non informa. Tanti di noi sono stati convinti che ogni voce ha la sua parte di ragione. La Verità è celata da un relativismo molto più efficacie e temibile dell'ignoranza. Nel Vangelo di Luca, Cristo pone ai discepoli la domanda "Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?".
Il passo è successivo a quello in cui il Messia ammonisce chi si vergogna di Lui ed allontana la Sua Croce. Un passo richiamato da un recente provvedimento di una istituzione europea, quello che ordina la rimozione dei Crocefissi dai luoghi pubblici
La domanda da porre oggi è allora "Che giova a noi tutti avere (o desiderare) un comodo lavoro da scrivania per cui percepire lo stipendio in euro, se non possiamo neppure alzare gli occhi alla parete a contemplare l'emblema di Chi è pietra angolare della nostra esistenza?"

martedì 10 novembre 2009

Contributi 184 - In difesa del crocifisso, l’Italia s’è desta!

Qualcuno si è mosso, qualcuno si muoverà. L'ingiusta sentenza di Strasburgo ha ottenuto di smuovere gli animi e di far chiedere alla gente a cosa tiene realmente. Alcuni casi...

di Antonio Gaspari
ROMA, martedì, 10 novembre 2009 (ZENIT.org)

Gli organi di informazione più potenti non ne danno notizia, ma in Italia si sta assistendo ad una mobilitazione popolare in difesa del crocifisso che non ha precedenti nella storia moderna.
Dopo la sentenza della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che chiede la rimozione dei crocifissi da tutte le aule scolastiche, gli italiani si sono mobilitati in difesa di quello che è riconosciuto come un simbolo di identità nazionale.In seguito alla decisione della Corte la quasi totalità dei consigli comunali in Italia ha discusso della presenza dei crocifissi nella aule scolastiche e nei luoghi pubblici.
Nella stragrande maggioranza hanno votato ordini del giorno o delibere per portare il crocifisso in ogni aula, soprattutto nei luoghi da cui, per motivi diversi, era stato spostato.
Solo in pochi casi le amministrazioni hanno deciso di non fare nulla.
Alcuni sindaci hanno risposto con gesti clamorosi. A Montecchio Maggiore un comune in provincia di Vicenza, il sindaco Milena Cecchetto insieme alla giunta si è autotassata ed ha acquistato e installato un crocefisso alto due metri all’entrata del municipio.
Il sindaco Cecchetto ha spiegato che si tratta di “un gesto necessario per difendere ciò che per noi e per il nostro paese è simbolo di una tradizione, alla base dei nostri valori: chi vuole eliminarlo non lo fa per dare spazio alla laicità, ma solo per aprire la strada ad altre forme di espressione religiosa”.
Come ha riportato anche “Avvenire”, Massimo Bitonci, sindaco di Cittadella, in provincia di Padova, ha fatto collocare nell’atrio del Municipio un antico crocifisso ligneo.
A Firenze, un consigliere comunale, Marco Cordone, si è presentato in aula con una vistoso crocifisso appeso al collo, ed una camicia bianca in cui era scritto “il crocifisso non si tocca”.
Massimo Poliedri, consigliere comunale di Piacenza, è intervenuto in aula indossando una maglietta con stampato un crocifisso ed una scritta “Cosa ho fatto di male?”.
Anche il consiglio comunale di Taranto ha approvato un ordine del giorno in risposta alla sentenza della Corte di Strasburgo.
Giunta comunale e sindaco sostengono che “il crocifisso è simbolo di pace e di amore tra gli uomini” e che “ far prevalere un’Europa contro le tradizioni e le identità dei singoli paesi che la costituiscono significa venir meno al compito dell’unione, per la quale i padri fondatori l’hanno pensata e che oggi si identifica in Un ione Europea”.
Anche a Leonessa, in provincia di Rieti, il sindaco Paolo Trancassini ha firmato un'ordinanza comunale per imporre il crocifisso nelle aule scolastiche.
Fabio Callori, sindaco di Caorso in provincia di Piacenza, ha firmato un'ordinanza in cui si dispone che tutti i “crocifissi posti nelle aule di tutte le scuole del territorio non vengano rimossi, a salvaguardia dei valori che appartengono al nostro Paese”.
Il presidente della Provincia autonoma di Bolzano e governatore del Trentino Alto Adige, Luis Durnwalder, ha ribadito che “il crocifisso avrà sempre un posto nelle nostre scuole” ed ha aggiunto: “La croce non offende nessuno e perciò non accetteremo nessuna indicazione da Bruxelles”.
Continua anche la mobilitazione spontanea degli studenti per portare il crocifisso nelle aule dove non c’era.
Ad Agrigento alcune studentesse del liceo classico “Empedocle” il 7 novembre, al termine delle lezioni scolastiche, si sono recate in un negozio per acquistare un crocifisso e, dopo averlo fatto benedire da un sacerdote, sono ritornate in classe ad appenderlo. Le studentesse, anche le non credenti, hanno voluto così esprimere una protesta, hanno voluto far sentire la propria opinione contraria non solo alla Corte di Strasburgo, ma anche a tutti coloro che vedono nel crocifisso solo un simbolo religioso e non il simbolo di una cultura ormai radicata in tutti gli Italiani.
Sempre in Sicilia i giovani dell’UDC hanno organizzato per il 14 novembre, a Palermo, una manifestazione in piazza dal titolo “Io credo!”.
Nel volantino in cui viene presentata la manifestazione è scritto: “Vogliamo salvaguardare la nostra identità cristiana, la nostra storia, le nostre radici. Vogliamo che i nostri figli possano conoscere la loro cultura e possano vivere il proprio 'Credo' nella libertà costituzionalmente garantita. Siamo dell’avviso che tutte le religioni debbano avere la possibilità di essere professate e un provvedimento del genere non difende i diritti di nessuno ma bensì nega quelli di tutti”.
In Toscana l’associazione di studenti “Lotta studentesca” ha costruito cento crocifissi con il compensato e li ha apposti nelle aule di tutti gli istituti superiori di Massa. Con questa iniziativa hanno voluto ribadire il loro "no" alla sentenza del Tribunale europeo e riaffermare le radici cristiane dell'Italia e del continente europeo.
Nel volantino in cui hanno annunciato la loro iniziativa i giovani di Lotta studentesca hanno scritto: "Giù le mani dal crocifisso: riportiamolo nelle aule, difendiamo le nostre radici".Iniziative a favore del crocifisso sono venute anche da parte di alcuni imprenditori.
A Gavirate, in provincia di Varese, l’imprenditore Giorgio Feraboli ha organizzato un'assemblea con tutti i dipendenti, poi ha investito 1200 euro per costruire e installare nel cortile della propria impresa un crocifisso alto sei metri e largo tre. Feraboli ha dotato il crocifisso anche di un impianto di illuminazione per renderlo visibile anche quando fa buio. Incessante anche la mobilitazione di parroci e Vescovi. Secondo quanto riportato da “Avvenire” il Cardinale Carlo Caffarra ha definito la sentenza della Corte di Strasburgo una “decisione improvvida che mortifica la nostra storia civile”.
Togliere il crocifisso, ha precisato l’Arcivescovo di Bologna, significa togliere “la possibilità all’uomo di stupirsi di fronte alla sua dignità e q quel punto saprete che i barbari sono tornati”.
Il parroco del santuario di Montenero in provincia di Livorno, don Luca Giustarini ha distribuito ai bambini che erano a messa domenica tanti piccolo crocifissi, invitandoli a portarli a scuola, “mostrandoli con orgoglio”
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domenica 8 novembre 2009

Contributi 183 - Non si ferma l'ondata popolare in difesa del crocifisso

di Antonio Gaspari
ROMA, domenica, 8 novembre 2009 (ZENIT.org).
Nel 1968 gli studenti occupavano le scuole al grido "Dio è morto"; oggi gli studenti portano il crocifisso nelle aule e nei luoghi in cui non c'è.
Come ha riportato questo sabato Avvenire in un articolo di Paolo Ferrario dal titolo "Gli studenti si ribellano: quella croce non si tocca", in diverse scuole a livello nazionale gli studenti hanno portato le croci nelle aule in cui non c'era.
All'istituto professionale "Golgi" di Brescia, gli studenti si sono portati da casa un crocifisso enorme e lo hanno appeso in bella vista sopra la cattedra.
Il dirigente scolastico l'ha fatto togliere, ma dopo una notte chiuso nell'armadio della classe, venerdì mattina il crocifisso è ricomparso al proprio posto.
La professoressa Ersilia Conte, che al "Golgi" insegna Chimica, ha raccontato che "quella dei ragazzi è stata una bella sorpresa. Dove non è arrivata la scuola ci hanno pensato gli studenti, che evidentemente ne hanno parlato prima tra di loro decidendo di dare a tutti una bella testimonianza".
Analoga vicenda al liceo scientifico "Fermi" di Salò (Brescia), dove dopo una votazione per decidere se mettere il crocifisso in aula i ragazzi di quinta hanno appesa la Croce sopra la cattedra.
Il professore di Lettere Marco Tarolli ha riferito: "Mi hanno detto che al crocifisso non sono disposti a rinunciare".
A Imola, al liceo linguistico "Alessandro da Imola", che partecipa a numerosi programmi di scambio con altri Paesi del continente, la studentessa Caterina Bassi, ha dichiarato: "Secondo me è una sentenza sbagliata perché l'Italia è cattolica. Se un ateo non crede non dovrebbe nemmeno provare fastidio. La cosa veramente assurda è proporre l'insegnamento della religione musulmana".
La professoressa di Scienze, Carla Cardano, ha aggiunto: "La sentenza ignora la tradizione cristiana e la storia del nostro Paese. Mai avuto prima d'oggi problemi in classe".
Sono forse questi alcuni frutti delle Giornate Mondiali della Gioventù, durante le quali la Croce è stata portata nei diversi continenti?
Qualsiasi sia l'origine, sta di fatto che l'ondata popolare in difesa del crocifisso non si placa.
Quasi in ogni giunta comunale, provinciale e regionale a livello nazionale, si è discusso sul se e come comportarsi di fronte alla sentenza della Corte di Strasburgo che ha chiesto la rimozione di tutti i crocifissi presenti nella aule scolastiche d'Italia.
Una riposta chiara l'ha data la Giunta regionale della Valle d'Aosta, che ha "invitato tutte le scuole di ogni ordine e grado a mantenere il crocifisso nelle aule".
In un documento dell'Esecutivo valdostano - proposto dall'assessore all'istruzione, Laurent Vierin, d'intesa con il presidente della Regione, Augusto Rollandin - si legge che secondo la Giunta "l'applicazione di tale sentenza potrebbe costituire un pericoloso precedente in quanto innescherebbe una serie di ricorsi da parte di chiunque si dovesse sentire in qualche modo leso dall'esposizione di simboli religiosi, compresi tutto il patrimonio artistico italiano che direttamente o indirettamente fa riferimento alla religione cattolica".
Nel documento si rileva inoltre che "tale esposizione non può e non deve essere considerata un atto offensivo nei confronti di alcuno e che, in particolare, il crocifisso rappresenta per la comunità valdostana un elemento religioso parte integrante della propria tradizione storica culturale".
La Valle d'Aosta, in conclusione, sollecita il Governo italiano a ricorrere contro la sentenza della Corte di Strasburgo.
A Firenze, il presidente del consiglio provinciale Davide Ermini, a seguito della polemica relativa alla sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani che vieta di esporre il crocifisso nelle aule scolastiche e, in generale, nei locali pubblici e negli uffici delle Pubbliche amministrazioni, ha acquistato un crocifisso e lo ha attaccato nel proprio ufficio di Palazzo Medici Riccardi.
In Toscana il presidente regionale dell'Unione delle Comunità Montane (Uncem), Oreste Giurlani, ha lanciato un appello a tutti i sindaci della regione a emettere un'ordinanza in difesa del crocifisso nelle scuole.
Giurlani, sindaco del comune di Fabbriche di Vallico (Lucca), ha firmato un'ordinanza con la quale ribadisce di mantenere il crocifisso nelle aule delle scuole del comune come "espressione dei fondamentali valori civili e culturali del popolo italiano".
In Sardegna, a Carbonia, un gruppo di commercianti ha esposto un cartello in cui è scritto "Attenzione, in questo locale esponiamo il crocifisso".
A Roma don Enzo Caruso, direttore per l'Italia del Movimento Mondo migliore, ha sottolineato che "nessuna corte ha il diritto di determinare le espressioni dell'identità culturale di un popolo" e ha definito la sentenza europea un "attacco a uno dei simboli più essenziali, che esprime l'anima stessa della civiltà italiana nonchè europea".
Nel frattempo, i sondaggi continuano a confermare l'enorme sostegno di cui gode il crocifisso in Italia.
Una ricerca tra i telespettatori del programma "Domenica in" ha rilevato che il 96% degli interpellati vuole che il crocifisso rimanga nelle aule e nei luoghi pubblici perché "fa parte della nostra tradizione e identità culturale".
Sembrerà paradossale, ma per ora il risultato della sentenza della Corte di Strasburgo è stato quello di far presente il crocifisso in tanti luoghi dove non c'era.
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sabato 7 novembre 2009

Interventi 6 - riflessione

Volevo portare alla vostra conoscenza due commenti che mi sono pervenuti relativamente al post precedente. Personalmente credo sia ora di dimostrare in pieno la nostra fede, di tornare con decisione ad abbracciare Cristo con il cuore e attraverso le opere.
Buona lettura e migliore riflessione:

dice Lella:
Il Signore ci esorta a mettere impegno nelle cose dello spirito,così come lo mettiamo in quelle della terra; di applicarci per seguire la parola di Dio, di imitare la vita di Cristo, e di portare ai fratelli con esempi di vita e di preghiera, la testimonianza di quello che la fede può portare,dei doni e delle grazie ricevuti.
Siamo coerenti con quello che diciamo nella nostra vita?
Sappiamo aiutare i fratelli?
Sappiamo perdonare? preghiamo con fede? Viviamo con amore?
O siamo solo bravi a parole?....
Dio sara' il nostro giudice, e come giudicheremo saremo giudicati, forse è il caso che cominciamo a pensarci seriamente... scendiamo dal pulpito dove tutti ci possono vedere e scendiamo nelle profondita' del nostro cuore: Signore aprici gli occhi e le orecchie, facci capire se e dove sbagliamo, Ti chiediamo perdono se non siamo perfetti ma continueremo a provare.....
Questa è la mia riflessione al vangelo di oggi, ecco abbiano un'occasione per dimostrare a noi stessi e a Dio quanto e come siamo cristiani!

replica Marina:
La cara amica Lella ha ragione! Ci sentiamo tutti indignati perchè vogliono togliere il crocifisso dalle aule delle scuole quando è da un bel pezzo che è stato tolto dal cuore di tanta gente, soprattutto da quello di genitori che hanno smesso di educare i loro figli alla fede.
Ciò che è emerso dalla sentenza di Strasburgo non è altro che la conseguenza dello stile di vita che conduciamo tutti: uno stile pochissimo in linea con il Vangelo.
Se non siamo noi a dimostrare che il sacrificio di Gesù sulla croce è qualcosa che dà vero senso alla nostra vita, come possiamo pretendere che altri lo rispettino e lo accolgano?
Forse questa sentenza non è arrivata per caso!
Forse il Signore l'ha permessa per costringere noi cristiani a rivedere un pò tutta la nostra vita che, senza Colui che ha sacrificato se stesso salendo sulla croce, perde il suo vero valore e il suo significato più profondo.

Occorre tornare ad affermare Cristo, in primo nella nostra vita e, a seguire, nella realtà che ci circonda. Affermare Cristo nel nostro cuore, nella nostra vita e quindi nella nostra realtà. Pregare di essere conformi a Lui (per essere più noi stessi). E' il passaggio da fare per salvare questa società dall'auto-distruzione.
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venerdì 6 novembre 2009

Contributi 182 - Così cancellano la nostra cultura

riporto quanto dice Antonio Socci su Libero che ci aiuta a capire quanto dobbiamo alla cultura cattolica:

Gesù è stato giudicato - duemila anni fa - dalle varie magistrature del suotempo. E sappiamo cosa decise la "giustizia" di allora. Oggi la Corte europea di Strasburgo ha emesso una sentenza secondo cui lasciare esposta nelle scuole la raffigurazione di quell'Innocente massacrato dalla"giustizia umana" viola la libertà religiosa.
È stato notato che semmai il crocifisso ricorda a tutti che cosa è la giustizia umana e cosa è il potere ed è quindi un grande simbolo di laicità (sì, proprio laicità) e di libertà (viene da chiedersi se gli antichi giudici di Gesù sarebbero contenti o scontenti che una sentenza di oggi cancelli l'immagine di quel loro "errore giudiziario" o meglio di quella loro orrenda ingiustizia) .
Ma discutiamo pacatamente le ragioni della sentenza di oggi: il crocifisso nelle aule, dicono i giudici, costituisce "una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni" e una violazione alla "libertà di religione degli alunni".
Per quanto riguarda la prima ragione obietto che quel diritto dei genitori è piuttosto leso da legislazioni stataliste che non riconoscono la libertà di educazione e che magari usano la scuola pubblica per indottrinamenti ideologici.
La seconda ragione è ancor più assurda. Il crocifisso sul muro non impone niente a nessuno, ma è il simbolo della nostra storia.
Una sentenza simile va bocciata anzitutto per mancanza di senso storico, cioè di consapevolezza culturale, questione dirimente visto che si parla di scuole.
Pare ignara di cosa sia la storia e la cultura del nostro popolo.
Per coerenza i giudici dovrebbero far cancellare anche le feste scolastiche di Natale (due settimane) e di Pasqua (una settimana), perché violerebbero la libertà religiosa. Stando a questa sentenza, l'esistenza stessa della nostra tradizione bimillenaria e la fede del nostro popolo (che al 90 per cento sceglie volontariamente l'ora di religione cattolica) sono di per sé un "attentato"alla libertà altrui.
I giudici di Strasburgo dovrebbero esigere la cancellazione dai programmi scolastici di gran parte della storia dell'arte e dell'architettura, di fondamenti della letteratura come Dante (su cui per altro si basa la lingua italiana: cancellata anche questa?) o Manzoni, di gran parte del programma di storia, di interi repertori di musica classica e di tanta parte del programma di filosofia.
Infatti tutta la nostra cultura è così intrisa di cristianesimo che doverla studiare a scuola dovrebbe essere considerato - stando a quei giudici - un attentato alla libertà religiosa.
In lingua ebraica le lettere della parola"italia" significano "isola della rugiada divina": vogliamo cancellare anche il nome della nostra patria per non offendere gli atei?
E l'Inno nazionaleche richiama a Dio? Perfino lo stradario delle nostre città (Piazza del Duomo, via San Giacomo, piazza San Francesco) va stravolto?
Addirittura l'aspetto (che tanto amiamo) delle vigne e delle colline umbre e toscane -come spiegava Franco Rodano- è dovuto alla storia cristiana e ad un certo senso cattolico del lavoro della terra: vogliamo cancellare anche quelle?
Ma non solo.
Come suggerisce Alfredo Mantovano, "se un crocifisso inun'aula di scuola è causa di turbamento e di discriminazione, ancora di più il Duomo che "incombe"su Milano o la Santa Casa di Loreto, che tutti vedono dall'autostrada Bologna-Taranto: la Corte europea dei diritti dell'uomo disporrà l'abbattimento di entrambi? ".
Signori giudici, si deve disporre un vasto piano di demolizioni, di cui per altro dovrebbero far parte pure gli ospedali e le università (a cominciare da quella di Oxford) per lo più nati proprio dal seno della Chiesa?
Infine (spazzata via la Magna Charta, san Tommaso e la grande Scuola di Salamanca) si dovrebbero demolire pure la democrazia e gli stessi diritti dell'uomo (a cominciare dalla Corte di Strasburgo) letteralmente partoriti e legittimati (con il diritto internazionale) dal pensiero teologico cattolico e dalla storia cristiana?
La stessa Costituzione italiana - fondata sulle nozioni di "persona umana" edi "corpi intermedi" (le comunità che stanno fra individui e Stato) - è intrisa di pensiero cattolico. Cancelliamo anche quella come un attentato alla libertà di chi non è cattolico?
E l'Europa?
L'esistenza stessa dell'Europa si deve alla storia cristiana, se non altro perché senza il Papa e i re cristiani prima sui Pirenei, poi a Lepanto e a Vienna, l'Europa sarebbe stata spazzata via diventando un califfato islamico.
Direte che esagero a legare al crocifisso tutto questo.
Ma c'è una controprova storica.
Infatti sono stati i due mostri del Novecento -nazismo e comunismo- a tentare anzitutto di spazzare via i crocifissi dalle aule scolastiche e dalla storia europea.
Odiavano l'innocente Figlio di Dio massacrato sulla croce, furono sanguinari persecutori della Chiesa e del popolo ebraico (i due popoli di Gesù) che martirizzarono in ogni modo e furono nemici assoluti (e devastatori) della democrazia e dei diritti dell'uomo (oltreché della cultura cristiana dell'Europa e della civiltà).
Il nazismo appena salito al potere scatenò la cosiddetta "guerra deicrocifissi" con la quale tentò di far togliere dalle mura delle scuole germaniche l'immagine di Gesù crocifisso. Non sopportavano quell'ebreo, ilfiglio di Maria, e volevano soppiantare la croce del Figlio di Dio, con quella uncinata, il simbolo esoterico dei loro dèi del sangue e della forza.
Lo stesso fece il comunismo che tentò di sradicare Cristo dalla storia stessa.
Se le moderne istituzioni democratiche europee si fondano sulla sconfitta dei totalitarismi del Novecento, non spetterebbe anche alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo considerare che la tragedia delNovecento è stata provocata da ideologie che odiavano il crocifisso (e tentarono di sradicarlo) e che i loro milioni di vittime si ritrovano significate proprio dal Crocifisso?
Non a caso è stata una scrittrice ebrea, Natalia Ginzburg, a prendere le difese del crocifisso quando -negli anni Ottanta - vi fu un altro tentativo di cancellarlo dalle aule: "Non togliete quel crocifisso" fu il titolo delsuo articolo. Scriveva: "il crocifisso non genera nessuna discriminazione.Tace. È l'immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l'idea dell'uguaglianza fra gli uomini fino allora assente. La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? (...) Dicono che da un crocifisso appeso al muro, in classe, possono sentirsi offesi gli scolariebrei. Perché mai dovrebbero sentirsene offesi gli ebrei? Cristo non era forse un ebreo e un perseguitato, e non è forse morto nel martirio, come è accaduto a milioni di ebrei nei lager? Il crocifisso è il segno del dolore umano".
La Ginzburg proseguiva: "Non conosco altri segni che diano con tanta forza il senso del nostro umano destino. Il crocifisso fa parte della storia del mondo(...) prima di Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti, ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo situare la solidarietà fra gli uomini... A me sembra un bene che i ragazzi, i bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola".
Con tutto il rispetto auspichiamo che pure i giudici lo apprendano.
"Il crocifisso fa parte della storia del mondo", scrive la Ginzburg.
Infine il crocifisso è il più grande esorcismo contro il Male. Infatti non è il crocifisso ad aver bisogno di stare sui nostri muri, ma il contrario.
Come dice un verso di una canzone di Gianna Nannini: "Questi muri appesi ai crocifissi(. ..)".
Letteralmente crolla tutto senza di lui, tutti noi siamo in pericolo.
Per questo potranno cancellarlo dai muri e alla fine - come accade in Arabia Saudita - potranno proibirci anche di portarne il simbolo al collo, ma nessuno può impedirci di portarlo nel cuore. E questa è la scelta intima di ognuno.
La più importante.

giovedì 5 novembre 2009

Contributi 181 - Ruini: rifiutando Dio si dissolve l'uomo

riporto di seguito un'intervista al Card. Ruini tratta da Il Sussidiario

In un momento storico nel quale la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo stabilisce che la presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisce "una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni" è utile fare un passo indietro e interrogarsi sull'idea di educazione che viene proposta dalla società, dai media e dalle istituzioni. Da anni la Chiesa richiama l’attenzione sull’"emergenza educativa", forse la sfida antropologica più impegnativa del nostro tempo, in cui la società sembra aver abdicato al suo compito «in nome di una sterile neutralità». A partire da questa preoccupazione è nato il Comitato per il Progetto culturale della Conferenza episcopale italiana, presieduto dal cardinale Camillo Ruini, che ci ha gentilmente concesso un'ampia intervista su questi temi.

Eminenza, il Progetto culturale della Cei nasce dalla preoccupazione di offrire un contributo per rispondere alle sfide più urgenti delle persone e della società in Italia. Quali sono oggi le esigenze e i pericoli che interrogano maggiormente i cristiani e la Chiesa?
Per il cristiano autentico è innanzitutto fondamentale il suo rapporto con Dio, che passa attraverso Gesù Cristo. Questa è la prima preoccupazione che deve avere, anche nel campo della cultura. La cultura contemporanea tende spesso, infatti, a lasciare Dio fuori dal proprio orizzonte e ad allontanare noi stessi da Lui.

A partire da questa esigenza quali obiettivi si pone il Progetto culturale?
Il Progetto Culturale vuole tenere aperto il rapporto dell’uomo con Dio. Un rapporto che ha due direzioni: da Dio all’uomo, innanzitutto, perché Dio per primo viene in cerca di noi e, in secondo luogo, dall’uomo a Dio. Con questo Progetto la Chiesa riafferma la validità della fede in quel Dio che si rivela, concetto purtroppo scomparso dall’orizzonte della cultura contemporanea, e, in secondo luogo, lascia spazio alla ricerca di Dio. L’uomo, interrogandosi, giunge di fronte alla questione di Dio e soltanto rispondendo ad essa in maniera positiva trova un compimento del suo percorso, anche intellettuale.

Quali sono i principali campanelli d’allarme della cosiddetta “emergenza educativa” a cui lei sta dedicando da anni molta attenzione? Chi deve sentirsi chiamato a rispondere a questa emergenza?
Tutti devono sentirsi chiamati a rispondere: i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti, ma anche i politici, i giornalisti, il mondo dello sport, dello spettacolo e del tempo libero. Ogni persona ha responsabilità educative, compresi gli stessi ragazzi.

Cosa intende per educazione?
La formazione della persona, che avviene attraverso il dialogo tra due libertà, quella di colui che educa e quella di colui che viene educato. Anzi, più propriamente, di colui che cerca di educarsi attraverso l’uso positivo della sua intelligenza e della sua libera volontà, per indirizzare positivamente gli impulsi che sente dentro di sé. La responsabilità è quindi universale, anche se naturalmente ha diversi gradi di intensità.

Nel Rapporto dal titolo “La sfida educativa” si avverte la preoccupazione antropologica della Chiesa, che interviene quando avverte il pericolo che l’uomo perda se stesso. Mettere al centro l’uomo può costituire un terreno comune per un dialogo tra cattolici e laici?
Il Concilio Vaticano II lo dice chiaramente: credenti e non credenti si pongono come domanda fondamentale chi sia l’uomo, anche se le risposte che danno sono diverse. In questa direzione si erano già mossi Paolo VI, Giovanni Paolo II e, oggi, Papa Benedetto XVI. La questione dell’uomo è centrale, come sempre, ma nel tempo lo sarà sempre di più.

Per quale motivo?
Perché oggi l’uomo in quanto tale rischia di essere ridotto al dato naturale, dissolvendo l’uomo come soggetto, che era stato al centro della cultura moderna e che, secondo la parola di Kant, deve essere considerato sempre come un fine e mai soltanto come un mezzo. Vorrei poi far notare che c’è un rapporto profondo tra la questione dell’uomo e la questione di Dio.

Cosa intende?
Giovanni Paolo II nella sua seconda enciclica, Dives in Misericordia, afferma che il teocentrismo e l’antropocentrismo non sono alternativi fra loro, come pensa spesso il pensiero non credente, ma sono intimamente congiunti, e congiunti in Cristo. Se l’uomo non fosse veramente soggetto sarebbe difficile pensare a un Dio personale e libero, allo stesso tempo se Dio non ci fosse sarebbe ben difficile non ridurre l’uomo al resto della natura. Da dove potrebbero venire infatti la sua intelligenza, la sua libertà, la sua irriducibilità in quanto soggetto, se non vi fosse una realtà originaria che abbia carattere personale?

Con queste premesse la Chiesa rilancia il dialogo con tutti coloro che vorranno confrontarsi. Ritiene possibile la ripresa di un serio dibattito culturale, in un contesto di contrapposizione permanente e a tutti i livelli?
Penso che questa ripresa sia già in atto. Naturalmente il dibattito culturale si articola in maniera diversa a seconda degli interlocutori. Non dobbiamo considerare i laici, nel senso di coloro che non si considerano in senso proprio appartenenti alla Chiesa, come un blocco monolitico e omogeneo. Come già sottolineava l’allora Cardinale Ratzinger, in un suo libro in dialogo con Marcello Pera, gli atteggiamenti dei laici nei confronti della fede sono molto diversi. Del resto anche coloro che si professano “credenti” non sempre hanno dentro di sé una profonda adesione di fede.

A quali posizioni si riferisce?
Ci sono laici, ad esempio, che intendono la loro laicità come rifiuto di ogni ruolo pubblico della Chiesa e spesso anche come rifiuto di qualsiasi possibilità dell’esistenza di Dio.

Questo impedisce ogni possibilità di dialogo?
Con queste posizioni inevitabilmente il dialogo diventa un confronto critico, nel quale il terreno comune è difficile da trovare. In questi casi occorre sostenere le ragioni della fede con quella generosità, pazienza e carità, che sono richieste sempre al cristiano, ma anche con rigorosità e fermezza, secondo la prima Lettera di San Pietro: sempre pronti a rendere ragione della speranza che è in noi, con dolcezza e rispetto.

Quale posizione realmente laica rende invece possibile il dialogo?
Esistono moltissimi laici, in Italia e nel mondo, tra le persone comuni o gli intellettuali, che hanno una posizione aperta e con cui è facile trovare dei punti di incontro, soprattutto, come dicevamo prima, riguardo alla questione dell’uomo. Molti di questi laici sono preoccupati di conservare, difendere e rilanciare il carattere umanistico della nostra civiltà, la centralità dell’uomo e la sua non riducibilità a “semplice particella della natura”, per usare un’espressione del Concilio Vaticano II, nella Gaudium et Spes.

A volte però il dibattito che lei auspica sembra difficile da realizzare. Si assiste spesso al muro contro muro e gli interventi della Chiesa, soprattutto sui temi etici, vengono bollati di intolleranza, ingerenza e integralismo. Perché avviene questo?
A causa di un concetto troppo stretto di laicità, che comporta l’esclusione della trascendenza, di ogni apertura verso Dio, ma anche il rifiuto di una morale oggettiva, fondata sulla natura stessa dell’uomo. La Chiesa interviene su questioni che riguardano l’ordine politico e legislativo, quando questo ordine tocca problematiche che hanno innanzitutto una dimensione di etica pubblica, circostanza divenuta molto più frequente negli ultimi decenni, non per volontà della Chiesa.

Quali sono allora le cause?
Da una parte gli sviluppi scientifici che riguardano l’uomo, le questioni bioetiche, dall’altra i cambiamenti avvenuti nel costume, per cui ciò che per secoli, anche da parte dei laici, era accettato sebbene avesse storicamente una matrice cristiana è stato sistematicamente negato e avversato. Se non si accetta una morale oggettiva, fondata sulla natura dell’uomo, non si accetta nemmeno che la Chiesa intervenga. Se invece si riconosce che vi sono delle leggi non scritte che stanno prima del nostro libero arbitrio, viene riconosciuto anche il diritto-dovere della Chiesa di ricordare all’uomo queste verità.

A proposito degli sviluppi scientifici, poco tempo fa Lei si è pronunciato sul dibattito tra fede e scienza, destinato a diventare sempre più attuale. Può ricordare il motivo della sua preoccupazione?
La fede non è affatto ostile alla scienza. L’intelligenza è il grande dono che Dio ha fatto all’uomo, e la scienza è un suo prodotto insigne. La scienza moderna e contemporanea, da Galileo in poi, è una nuova tappa del percorso intellettuale dell’umanità. Ha un grande valore e non deve avere limiti. Tutti noi vogliamo che cresca. Se da un lato però non si devono mettere limiti al conoscere, dall’altro bisogna accettarne sull’uso delle capacità tecnologiche, di cui ci ritroviamo a poter usufruire.

Quale criterio permette di stabilire i limiti appropriati?
Quando l’applicazione tecnologica della scienza contemporanea riguarda la vita stessa dell’uomo, il criterio in base al quale discernere sul suo impiego è quello dell’uomo come fine e non come strumento. Ciascuna persona umana è fine in sé e non può mai essere usata come mezzo per ottenere altri risultati.

Quali conseguenze porta l’uso della persona come mezzo?
Questo sta già accadendo? In base a questo errore di fondo si stanno distruggendo embrioni per curare malattie, una pratica che tra l’altro la scienza stessa ha scoperto di poter evitare attraverso la riprogrammazione delle cellule staminali adulte, che diventano così pluripotenti. Lo stesso errore si commette sul tema del “fine vita”. Non si tratta di ricadere nell’accanimento terapeutico, ma semplicemente di rispettare la vita umana senza strumentalizzarla per altri scopi.

Affrontando questi temi non può non tornare alla mente il Caso di Eluana Englaro, la contrapposizione di quei giorni e la tragica conclusione della vicenda. Cosa ha significato questo fatto e quali conseguenze ha avuto?
Al di là delle questioni sul testamento biologico, nel caso Englaro ci fu un aspetto molto grave: Eluana non aveva lasciato un tale testamento, ma questo è stato presupposto. Un fatto di una gravità enorme. L’esperienza poi insegna che bisognerebbe andare cauti sull’idea di testamento biologico.

A quale esperienza si riferisce?
L’uomo, quando si trova nel pericolo, normalmente vuole continuare a vivere e accetta anche condizioni inferiori e diverse, che probabilmente da sano non avrebbe pensato di poter accettare. In ogni età e condizione le nostre attese e pretese si modellano anzitutto sulla realtà, ma il desiderio fondamentale di ogni esistente rimane quello di continuare a vivere. Vorrei però sottolineare il fatto che non sono in gioco soltanto l’origine e la fine della vita, ma l’uomo in quanto tale.

Quali pericoli intravede su questa strada?
Fra non molti anni le biotecnologie saranno capaci di modificare profondamente il soggetto umano: c’è chi tende a una specie di superuomo, illudendosi così di fare il bene dell’umanità. È importante che le biotecnologie vengano usate per curare il soggetto umano, non per trasformarlo o per distruggerlo, secondo un disegno prometeico che si rivolgerebbe contro l’uomo stesso.

Quale responsabilità hanno i cattolici impegnati in politica riguardo a questi temi?
Ultimamente in alcune formazioni sembrano non avere il diritto a una posizione dettata dalla coscienza su temi sensibili, dove prevale la linea di partito. Penso che l’indicazione data da Giovanni Paolo II al Convegno Ecclesiale di Palermo del 1995 sia ancora pienamente valida. I cattolici devono essere coerenti con i valori umani essenziali anche nel campo legislativo e politico. Nella misura in cui questa coerenza è esercitabile nell’una o nell’altra formazione politica, i cattolici possono svolgervi il loro compito. Se invece constatano che in una determinata formazione non ci sia più spazio, allora per coerenza dovrebbero rinunciare a quella collocazione politica.

Seguendo il suo ragionamento, in ogni circostanza la Chiesa rimette l’uomo al centro, questo vale anche sulle questioni economiche, come la crisi che stiamo attraversando. Anche questa crisi ha cause antropologiche?
Certamente. Come la crisi del comunismo fu una crisi economica che aveva però profonde cause antropologiche, una visione riduttiva dell’uomo, come scriveva Giovanni Paolo II nella Centesimus Annus, così anche la crisi del sistema economico attuale ha come causa una visione soltanto economicistica. Il fattore umano in quanto tale, e la sua centralità non sono stati tenuti abbastanza in conto, così come la centralità dell’etica. L’etica non è qualcosa di aggiunto dall’esterno, ma un’esigenza interna alla stessa economia. Se viene meno, alla lunga non possono che arrivare risultati negativi. Questo è anche il senso profondo dell’Enciclica Caritas in veritate.

Da ultimo qual è il richiamo della Chiesa invece davanti alla questione morale tornata all’ordine del giorno dopo i numerosi scandali che vedono protagonista la politica?
Il richiamo della Chiesa è ben noto, dai 10 comandamenti in poi. La Chiesa però non deve lasciarsi coinvolgere nell’uso strumentale di queste questioni, come spesso accade nel dibattito politico.
(Carlo Melato)
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