lunedì 16 novembre 2009
La sentenza della Corte europea che impone di togliere i crocifissi dalle nostre aule scolastiche appare con tutta evidenza opera di qualcuno che è “nemico” di ciò che quel segno indica. È nemico del fatto storico che ne sta all’origine: un uomo che si è detto figlio di Dio e che i suoi contemporanei hanno ucciso nel modo più infamante, quello appunto della crocifissione.
È nemico di ciò che da quel fatto è stato generato: un fiume millenario di uomini che, dal mattino in cui il condannato crocifisso si è mostrato risorto, gli hanno dato la vita, trovando in lui la sorgente della speranza, la possibilità di una compagnia reale, il gusto di una costruttività a tutto campo. È nemico di tutti coloro che, pur non volendo credere alla risurrezione, trovano in quel segno un conforto per la loro dolente umanità.
I nemici: una buona parte dei salmi che da secoli i cristiani usano come trave portante della propria preghiera è dedicata proprio all’invocazione di essere liberati dai tanti nemici che affliggono la nostra esistenza. Nemici sono i potenti iniqui che sembrano farla sempre franca, mentre chi rispetta la legge paga in prima persona. Nemici sono quelli che coi loro eserciti devastano la propria terra. Nemici sono coloro che insultano, denigrano, tendono tranelli. Nemico è chi mostra un apparente volto benevolo, ma «uscito fuori sparla». E perfino «l’amico in cui confidavo» può rivelarsi un nemico.
Ma, come tutti i grandi maestri dello spirito hanno sempre sottolineato, questi nemici esterni hanno sempre - e questa è la cosa più temibile - un alleato nel nostro cuore, una quinta colonna nel nostro intimo. Così, mentre sento giustissimo protestare e difendersi dall’attacco dei nemici che vogliono toglierci i crocifissi, sento fondamentale capire dove in me essi trovano una connivenza. Da quali pareti della mia vita, da quali momenti della mia giornata io vorrei togliere il crocifisso?
Lo vorrei togliere dalla parete scintillante e multicolore dei rapporti che gratificano, dei successi lavorativi, delle piccole e grandi soddisfazioni acquisite in autonomia e in forza delle mie risorse. Lì il crocifisso mi ricorda realisticamente e drammaticamente che gratificazioni, successi e soddisfazioni non sono la salvezza che cerco; che quella salvezza è stata per me conquistata da un sacrificio, da una dimenticanza di sé, da una donazione e non da un accaparramento.
Lo vorrei togliere dalla parete scura e screpolata della contraddizione negli affetti, della stanchezza che snerva, della tristezza che assale improvvisa. Lo vorrei togliere per quella strana malattia originale per cui l’uomo tende a piegarsi su di sé, abbeverandosi delle proprie lacrime. Proprio lì, invece, il crocifisso mi ricorda che ogni tipo di male e di dolore, ogni anticipo della morte, non è condanna a una solitudine definitiva.
L’uomo inchiodato sul legno della «crux fidelis» ha già preso sulle sue spalle, salvandola, ogni mia contraddizione. Dice un inno monastico: «Con te siamo saliti sulla croce»: non siamo soli nel dolore. Perciò possiamo chiedere: «Fa’ che la nostra morte sia assorbita dalla luce gloriosa della Pasqua».
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È nemico di ciò che da quel fatto è stato generato: un fiume millenario di uomini che, dal mattino in cui il condannato crocifisso si è mostrato risorto, gli hanno dato la vita, trovando in lui la sorgente della speranza, la possibilità di una compagnia reale, il gusto di una costruttività a tutto campo. È nemico di tutti coloro che, pur non volendo credere alla risurrezione, trovano in quel segno un conforto per la loro dolente umanità.
I nemici: una buona parte dei salmi che da secoli i cristiani usano come trave portante della propria preghiera è dedicata proprio all’invocazione di essere liberati dai tanti nemici che affliggono la nostra esistenza. Nemici sono i potenti iniqui che sembrano farla sempre franca, mentre chi rispetta la legge paga in prima persona. Nemici sono quelli che coi loro eserciti devastano la propria terra. Nemici sono coloro che insultano, denigrano, tendono tranelli. Nemico è chi mostra un apparente volto benevolo, ma «uscito fuori sparla». E perfino «l’amico in cui confidavo» può rivelarsi un nemico.
Ma, come tutti i grandi maestri dello spirito hanno sempre sottolineato, questi nemici esterni hanno sempre - e questa è la cosa più temibile - un alleato nel nostro cuore, una quinta colonna nel nostro intimo. Così, mentre sento giustissimo protestare e difendersi dall’attacco dei nemici che vogliono toglierci i crocifissi, sento fondamentale capire dove in me essi trovano una connivenza. Da quali pareti della mia vita, da quali momenti della mia giornata io vorrei togliere il crocifisso?
Lo vorrei togliere dalla parete scintillante e multicolore dei rapporti che gratificano, dei successi lavorativi, delle piccole e grandi soddisfazioni acquisite in autonomia e in forza delle mie risorse. Lì il crocifisso mi ricorda realisticamente e drammaticamente che gratificazioni, successi e soddisfazioni non sono la salvezza che cerco; che quella salvezza è stata per me conquistata da un sacrificio, da una dimenticanza di sé, da una donazione e non da un accaparramento.
Lo vorrei togliere dalla parete scura e screpolata della contraddizione negli affetti, della stanchezza che snerva, della tristezza che assale improvvisa. Lo vorrei togliere per quella strana malattia originale per cui l’uomo tende a piegarsi su di sé, abbeverandosi delle proprie lacrime. Proprio lì, invece, il crocifisso mi ricorda che ogni tipo di male e di dolore, ogni anticipo della morte, non è condanna a una solitudine definitiva.
L’uomo inchiodato sul legno della «crux fidelis» ha già preso sulle sue spalle, salvandola, ogni mia contraddizione. Dice un inno monastico: «Con te siamo saliti sulla croce»: non siamo soli nel dolore. Perciò possiamo chiedere: «Fa’ che la nostra morte sia assorbita dalla luce gloriosa della Pasqua».
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Carissimo gianandrea,
RispondiEliminaquesto falso ateismo dilagante sta mostrando in questi ultimi esempi il suo vero volto. Il volto di una vera e propria religione. Io ho sempre detto che l'ateo è una prova paradossale dell'esistenza di Dio. Per quanto atei si possa essere,non ci si può non scontrarci con la questione "Dio". Ma al di là di ciò,qui non è l'ateismo la questione di fondo. La questione di fondo è la militanza di tipo religioso di una certa parte che ha letteralmente "a rabbia" tutto ciò che fa riferimento al sacro o al religioso,figuriamoci verso il crocifisso....
Ci sono atei autorevoli,anche persone di una certa cultura,ma che non hanno mai preso posizioni del genere. Ecco quale differenza c'è con certe associazioni ed un certo tipo di eteismo mascherato. Figuriamoci con gli agnostici...ancora peggio! ...per non parlare poi dei "razionalisti". Infatti,se volessimo usare proprio la "ragione",la recta ratio,nessun uomo,per quanto ateo o agnostico si adopererebbe per portare scompiglio ad una società che è felice di mantenere i propri valori,semplicemente per soddisfare i propri desideri di orgoglio personale. Ci sono persone che potrebbero dire tante cose riguardo tante cose che succedono nel mondo,ma proprio per ragionevolezza e discrezione,non si dice niente per non combinare "casini"... Persone come quelle della sentenza di Strasburgo,al di là della religione o meno,mancano innanzitutto di senso di "responsabilità". Partendo da questo presupposto,cosa c'è di più forte del senso di responsabilità? Ragionevolmente si risponde semplicemente così: l'ideologia! Cosa c'è che tra gli uomini riesce a far accantonare il senso di responsabilità? Sempre la stessa risposta: L'ideologia! L'ideologia rende cieco l'uomo. La sentenza di Strasburgo è un caso ideologico,fino a prova contraria naturalmente...
un saluto e buon lavoro
I nemici del crocifisso sono soprattutto tutti quei "cattivi cristiani" che in questi giorni hanno pure gridato " GIU' LE MANI DAL CROCIFISSO" e poi con il modo di pensare e con lo stile di vita dimostrano tutto il contrario.
RispondiEliminaTra questi "cattivi cristiani", purtroppo, ci siamo un pò tutti e nelle situazioni di cui parla Bolognesi. Tenere il crocifisso appeso alle pareti non può essere solo segno di una tradizione che si tramanda da anni; è necessario uscire da questo superficialismo di cui ci siamo rivestiti e cercare di guardare più in profondità.Il Cristo appeso alla croce è il grande segno di un'umanità gravemente colpita dal peccato della quale Dio stesso si è preso cura, ridonandole nel Figlio, una dignità maggiore di quella che aveva al momento della creazione. Se non siamo noi cristiani per primi a guardare alla croce con occhi da SALVATI e REDENTI è chiaro che poi prendono piede, come dice Andrea,ideologie pericolose che rendono ciechi gli uomini.E quando si è ciechi non si vede bene la vera via da percorrere.
Grazie per questo confronto.
Un caro saluto!!!