Benvenuti

Questo blog è uno spazio per aiutarsi a riprendere a pensare da cattolici, alla luce della vera fede e della sana dottrina, cosa che la società moderna sta completamente trascurando se non perseguitando. Un aiuto (in primo luogo a me stesso) a restare sulla retta via e a continuare a camminare verso Gesù Cristo, Via Verità e Vita.
Ogni suggerimento e/o contributo in questa direzione è ben gradito.
Affido allo Spirito Santo di Dio, a Maria Santissima, al Sacro Cuore di Gesù e a San Michele Arcangelo questo lavoro di testimonianza e apostolato.
Un caro saluto a tutti e un sentito ringraziamento a chi vorrà contribuire in qualunque modo a questa piccola opera.

S. Giovanni Paolo II

Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata... Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità di distruggere la vita non nata...Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio... Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio viene abbandonata all'egoismo umano... e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale... Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell'individuo ma anche per quello della società... Ci alzeremo quando la libertà viene usata per dominare i deboli, per dissipare le risorse naturali e l'energia e per negare i bisogni fondamentali alle persone e reclameremo giustizia... Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto.

mercoledì 27 agosto 2014

Anania, una famiglia con 16 figli (Contributi 981)

Riporto  da Tempi un'intervista che riporta l'esperienza di una famiglia MOLTO numerosa. Credo possa essere utile che venga conosciuta.


L’ultima volta che la cicogna è passata dalla famiglia Anania, per via Fleres a Catanzaro, è stata l’anno scorso, il 29 giugno, quando ha portato Paola: la sedicesima figlia della famiglia più numerosa d’Italia. Oltre a Paola, Rita e Aurelio sono genitori, nell’ordine, di Marta, 19 anni, Priscilla, 18, Luca, 17, Maria, 16, Giacomo 15, Lucia, 14, Felicita, 12, Giuditta, 11, Elia 10, Beatrice, 9, Benedetta 8, Giovanni 6, Salvatore, 5, Bruno, 4 e Domitilla, 3. Quasi un figlio all’anno, persino in tempi di recessione economica. Al rientro delle vacanze, Aurelio continua a ripetere, con la sua voce pacata e quasi divertita, dello stupore che suscitano gli Anania: «Non siamo anormali, né straordinari. Dico sempre che noi siamo una famiglia straordinariamente normale».

Scusi Aurelio, ma la domanda è quasi d’obbligo. Chi ve l’ha fatto fare? Sedici figli sono tantissimi.
Noi abbiamo solo risposto alla chiamata del Signore. Siamo cattolici e quando ci siamo sposati con mia moglie Rita non abbiamo fissato un numero. Non è che avessimo pensato di fare 16 figli o 20. Abbiamo deciso solo di fare la volontà di Dio, che poi si è tradotta in questa apertura alla vita. Ma non è che siamo straordinari. Io dico sempre che noi siamo una famiglia straordinariamente normale. Nel fare la volontà di Dio c’è anche la paura, il timore o la preoccupazione di non farcela. Ma c’è anche la fede che Dio provvede sempre. Guardi, prevengo le obiezioni: la nostra non è ignoranza, non siamo incoscienti. Siamo perfettamente consapevoli di quello che avviene e sappiamo che sempre Dio ci tiene per mano. Le posso anticipare una sua domanda?

Prego.
Sicuramente si chiederà com’è che non ci siamo fermati prima, o se abbiamo intenzione di farlo. No, non ci siamo mai fermati. È difficile spiegare come si fa ad arrivare a 16 figli. Qualcuno potrebbe pensare che siamo dei cattolici esaltati. Ma non è così. Siamo solo cattolici che vogliono fare la volontà di Dio, e questo può passare anche dall’avere una famiglia numerosa. Anzi, la più grande d’Italia. Ma non ci fermeremo. Il regista di questa storia è Dio, noi siamo solo degli attori e facciamo la nostra parte, seguendo le “direttive” che ci giungono tramite i fatti della vita quotidiana.

Chi di voi lavora in famiglia?
Solo io, lavoro all’accademia di Belle arti di Catanzaro, sono coaudiatore. Quello che una volta si chiamava “bidello”.

Quanto guadagna?
Lo stipendio che ho preso oggi per il mese di agosto, comprensivo degli assegni familiari che spettano a chi ha dei figli, è di 3.500 euro.

Che facendo un rapido calcolo fanno meno di duecento euro a testa per tutto il mese. Come fate a vivere? Vi aiuta qualcuno?
La Provvidenza. Ripeto che non si tratta di essere bravi. Certo, stiamo attenti ai conti, e cerchiamo di fare la spesa al supermercato seguendo tutte le offerte. Ma siamo contenti della vita che facciamo. Vivo di Provvidenza, e questo significa che ogni volta che ci sono state delle necessità, il Signore si è presentato e ci ha aiutato.

Per esempio?
Quando abbiamo dovuto comprare i libri scolastici per i ragazzi, abbiamo trovato tra i librai sempre persone che ci conoscevano e che sapendo che in quel momento non potevamo pagare, ci hanno fatto la cortesia di farci acquistare “a rate”, poco per volta. E noi puntualmente abbiamo sempre pagato. La Provvidenza non è trovare migliaia di euro ma solo il necessario a sopravvivere. Io non sono abituato a chiedere nulla agli altri, né a pretendere. Però quando abbiamo avuto bisogno, è sempre accaduto un fatto che ci rispondeva. Le racconto un altro episodio. Una sera non avevamo nulla da mangiare. All’improvviso ha chiamato un amico che era andato dal macellaio, dicendomi: “Senti non so perché, ma mi sei venuto in mente e ho preso della carne per te. Non è che ti offendi, se ti faccio questo regalo?”. Quando è arrivato in casa era stupito che proprio quel giorno avessimo bisogno, e gli ho risposto: “Vedi, non mi sono offeso. Tu sei stato la risposta del Signore che per stasera ha provveduto al nostro bisogno”. Il mio amico ci ha portato solo la carne per quel giorno, non per i successivi venti, ma non bisogna preoccuparsi. È come quando il Signore ha mandato la manna del cielo agli ebrei nel deserto: l’ha mandata poco per volta, giorno dopo giorno. Secondo me, noi cristiani dovremmo recitare ogni giorno il salmo 94. “Se oggi ascolti la mia voce non indurire il tuo cuore”. Ad ogni giorno basta la sua pena.

La maggior parte dei suoi figli è adolescente, quindi è lecito supporre che qualcuno di loro le avrà chiesto un vestito di marca, un motorino o il cellulare all’ultimo grido. Come fate?
Certo che mi chiedono queste cose. È semplice. Abbiamo educato i più grandi come i più piccoli a non pretendere nulla, e che la cosa più importante è la fede. Ciò non toglie che ci siano anche i capricci, è normale. La mia seconda figlia ha compiuto 18 anni e ha ricevuto un paio di scarpe costose in regalo. Così anche le altre figlie mi hanno chiesto delle scarpe di marca, e io ho fatto loro un discorso. “Qual è la differenza tra un paio di scarpe di 250 euro e un altro di buona qualità? Le scarpe servono a camminare senza farsi male, e a non bagnarsi. Perciò un paio vale l’altro”. Con mia moglie abbiamo sempre cercato di spiegare loro che la vanità non serve a nulla. A che serve acquistare il modello di cellulare più costoso, se tanto la funzione di tutti i cellulari è chiamare?

Lapalissiano.
Non è questione di povertà, ma di avere il senso dell’utilità delle cose. Detto questo, la Provvidenza ci accompagna anche nelle cose futili. Questo è il quindicesimo anno che andiamo in vacanza al mare e abbiamo trovato una casa adatta a tutti noi, grazie ad un nostro amico che ce l’ha affittata ad un prezzo ragionevole. L’anno prossimo vedremo.

Lei vive in una zona del meridione dove la disoccupazione raggiunge proporzioni impietose. Cosa le dicono i suoi amici, quando lei parla con loro di Provvidenza?
Qui si lamentano tutti. Ma la lamentela è normale. E io non è che mi lamento perché sono anormale. È che non ho nulla da lamentarmi. Io ho 46 anni, una che mi è stata data da Signore, anche con difficoltà. Ma su questo pianeta non sono solo, c’è Gesù Cristo. Una volta un mio amico è sbottato: “Con questa crisi, se tutti la pensassero come te, saremmo tutti felici”. Gli ho risposto che non è utopia. È una vita possibile. Il Papa in questi giorni ha vissuto un lutto e per me è stato d’esempio. Non ho visto una persona disperata, che si è lacerata le vesti per aver perso i propri cari in un tragico e improvviso incidente. Ha mantenuto la sua fede e ringraziato con la preghiera Dio. Chi è un uomo di fede sa che l’esperienza su questa terra finisce, ma c’è un salmo che dice “Signore, insegnami a contare i miei giorni e arriverò alla pienezza del cuore”. Chi si preoccupa o si lamenta non vive contando i suoi giorni o guardando alla pienezza del cuore. Se si pensa solo a fare i soldi, e si ama i soldi su tutto, è normale che poi non si abbia più rispetto per nessuno. Io non ho bisogno di una casa di 500 metri per essere felice. Preferisco il Paradiso.

Come è organizzata la vita quotidiana in casa?
Ci aiutiamo tutti, e fin da quando i bimbi sono piccoli. I figli più grandi pensano ai più piccoli, si occupano di lavarli e vestirli al mattino prima di uscire, o alla sera. Facciamo i turni per apparecchiare, sparecchiare, pulire. Per ora studiano tutti, la grande si è appena iscritta a giurisprudenza. Fanno il loro dovere, ma non sono gelosi degli altri fratelli.

Beato lei, verrebbe da dire.
Non siamo stati bravi noi. Si comportano così non perché sono anormali, ma perché sono stati educati a valori della vita che possiamo racchiudere nella parola “fede”, e che concretamente significa essere coraggiosi, fiduciosi, generosi. L’altro giorno ero in auto con mio figlio Bruno, 4 anni, fermi al semaforo. C’era un lavavetri che chiedeva l’elemosina, ma io ero assorto in altri pensieri e non ci avevo fatto caso. Mio figlio Bruno mi ha richiamato: “Papà, ma non vedi che c’è uno che ha più bisogno di noi? Dagli dei soldi!”. Avevo pochi euro ma glieli ho dati subito con gioia, e mi sono complimentato con lui: Bruno aveva dimostrato di aver recepito l’educazione che gli abbiamo dato.

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