E’ scritto nel libro dei Proverbi (24,16) che “il giusto pecca sette volte”.
Come in molti casi nella Scrittura non si tratta di un dato contabile come la nostra mentalità può essere portata a pensare. Non vuol dire “più di sei, meno di otto” ma indica un numero indeterminato e comunque elevato.
Se dunque il giusto, colui che ha Dio come riferimento privilegiato del suo vivere e del suo operare, è così fortemente in difetto verso Dio , noi – che giusti spesso non siamo – ci troviamo ad essere ad ancor maggior distanza dal modello che, nel Vangelo di Matteo (5,48) , ci viene indicato: “siate perfetti come lo è il Padre vostro celeste”.
Il problema è che essendo talmente enorme la sproporzione che separa la creatura dal Creatore, non è ragionevolmente pensabile che tale distanza possa essere colmata da uno sforzo o da una capacità umana.
Ciò che ci salva è principalmente l’amore di Dio per noi. Amore immenso, gratuito e santificante di cui l’uomo, per sua natura, non sarebbe neanche degno, ma di cui è destinatario per libera iniziativa divina.
Il solo atto che può compiere l’uomo di fronte a questo dato originario è il riconoscere umilmente il proprio essere nulla e la totalità dell’essere di Dio, affidarsi in toto a Lui chiedendo la Sua divina protezione.
Senza infatti la continua e costante assistenza divina siamo in balia dei nostri sensi e del nemico che ci porta a seguire i nostri criteri o il pensare comune, mascherando spesso con una parvenza di bontà atti che sono invece sbagliati.
L’azione più giusta che può compiere un uomo è quindi di pregare costantemente, avere il cuore e la mente rivolti a Dio per chiedere la Sua protezione e la Sua assistenza, in breve il Suo Spirito, senza cui, ripeto, “nulla è nell’uomo, nulla senza colpa”.
Siamo terra e fango elevati al rango di creature amate e privilegiate.
Pura materia in cui è stato innestato lo Spirito di Dio e per la quale il Creatore stesso si è fatto uomo che ha vissuto la nostra vita, patito, e crudelmente, la nostra morte per donarci la Sua resurrezione e la pienezza della Sua vita.
Ciò che conta è riconoscere questo, capire che Dio desidera sempre salvarci e perdonarci, che il Suo amore vince ogni nostro limite e che solo abbandonandoci con filiale sicurezza al Suo abbraccio abbiamo la salvezza.
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Tra le braccia di Molly Malone
1 mese fa
Riconoscersi creatura è il primo passo da compiere per percorrere la strada "spirituale" che ci porterà al Creatore.
RispondiEliminaNon è per niente facile ma alla fine penso che sia giusto tentare. Gesù invita a fare come i bambini, ossia a fidarci di Lui sapendo che ci aiuterà e che ci vuole salvare.
SG