«Peccatori sì, corrotti no». Papa Francesco, durante la messa celebrata lunedì 11 novembre, nella cappella di Santa Marta, è tornato a parlare della corruzione, meglio dei corrotti la cui «doppia vita» li rende simili «a una putredine verniciata».
La riflessione del Pontefice ha preso spunto dalla lettura di un brano del Vangelo di Luca (17, 1-6): «Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai — ha confidato — vedo sempre un ritratto di Gesù. Lo abbiamo sentito tante volte: lui non si stanca di perdonare. E ci consiglia di fare lo stesso». Il vescovo di Roma si è poi soffermato sulla figura del peccatore che chiede perdono, ma pur essendo davvero pentito cade ancora e cade più volte nel peccato. Egli, ha spiegato il Papa, «si pente ma non può uscire da questo; è debole. È la debolezza del peccato originale». C’è la buona volontà, ma c’è anche la debolezza e «il Signore perdona». L’unica condizione è quella di «andare da lui — ha aggiunto — e dire: “Ho peccato, perdonami. Vorrei non farlo più, ma io sono debole”. Questo è il peccatore». E l’atteggiamento di Gesù è sempre quello del perdono.
Nel brano del Vangelo è contenuto un altro passaggio in cui, ha notato il Vescovo di Roma, Gesù dice: «Guai a colui a causa del quale vengono gli scandali». Gesù, ha spiegato, «non parla del peccato ma dello scandalo» e dice: «È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!». Il Pontefice si è quindi chiesto: «Ma che differenza c’è tra il peccare e lo scandalizzare? Che differenza c’è tra fare un peccato e fare qualche cosa che dà scandalo e fa male, tanto male?». La differenza, ha detto, è che «chi pecca e si pente chiede perdono, si sente debole, si sente figlio di Dio, si umilia e chiede la salvezza di Gesù. Ma chi dà scandalo non si pente e continua a peccare e fa finta di essere cristiano». È come se conducesse «una doppia vita» e, ha aggiunto, «la doppia vita di un cristiano fa tanto male».
A questo proposito il Pontefice ha richiamato come esempio colui che mette la mano in tasca e fa vedere che aiuta la Chiesa mentre con l’altra mano ruba «allo Stato, ai poveri». Questi «è un ingiusto» per il quale sarebbe stato meglio — «e non lo dico io ma Gesù» ha sottolineato il Papa — che gli mettessero una macina da mulino e lo gettassero in mare. Non si parla di perdono qui, «perché questa persona inganna», ha detto il Papa facendo poi riferimento alla prima lettura, tratta dal libro della Sapienza (1, 1-7), dove si legge: «Il santo spirito, che ammaestra, fugge ogni inganno, si tiene lontano dai discorsi insensati e viene scacciato al sopraggiungere dell’ingiustizia».
«Dove c’è l’inganno — ha commentato Papa Francesco — non c’è lo Spirito di Dio. Questa è la differenza tra peccatore e corrotto. Quello che fa la doppia vita è un corrotto. Quello che pecca invece vorrebbe non peccare, ma è debole o si trova in una condizione a cui non può trovare una soluzione ma va dal Signore è chiede perdono. A questo il Signore vuole bene, lo accompagna, è con lui. E noi dobbiamo dire, noi tutti che siamo qui: peccatori sì, corrotti no». I corrotti, ha spiegato ancora il Papa, non sanno cosa sia l’umiltà. Gesù li paragonava ai sepolcri imbiancati: belli di fuori ma dentro pieni di ossa marce. «E un cristiano che si vanta di essere cristiano ma non fa vita da cristiano — ha rimarcato — è un corrotto».
Tutti conosciamo qualcuno che «è in questa situazione e tutti sappiamo — ha aggiunto — quanto male fanno alla Chiesa i cristiani corrotti, i preti corrotti. Quanto male fanno alla Chiesa! Non vivono nello spirito del Vangelo, ma nello spirito della mondanità. E san Paolo lo dice chiaramente ai romani: Non conformatevi a questo mondo (cfr. Romani 12, 2). Ma nel testo originale è ancora più forte: non entrare negli schemi di questo mondo, nei parametri di questo mondo, perché sono proprio questi, questa mondanità, che portano alla doppia vita».
Avviandosi a conclusione il Santo Padre ha detto: «Una putredine verniciata: questa è la vita del corrotto. E Gesù semplicemente a questi non li chiamava peccatori. Ma gli diceva ipocriti». Gesù, ha ricordato ancora, perdona sempre, non si stanca di perdonare. L’unica condizione che chiede è che non si voglia condurre questa doppia vita: «Chiediamo oggi al Signore di fuggire da ogni inganno, di riconoscerci peccatori. Peccatori sì, corrotti no».
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