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Questo blog è uno spazio per aiutarsi a riprendere a pensare da cattolici, alla luce della vera fede e della sana dottrina, cosa che la società moderna sta completamente trascurando se non perseguitando. Un aiuto (in primo luogo a me stesso) a restare sulla retta via e a continuare a camminare verso Gesù Cristo, Via Verità e Vita.
Ogni suggerimento e/o contributo in questa direzione è ben gradito.
Affido allo Spirito Santo di Dio, a Maria Santissima, al Sacro Cuore di Gesù e a San Michele Arcangelo questo lavoro di testimonianza e apostolato.
Un caro saluto a tutti e un sentito ringraziamento a chi vorrà contribuire in qualunque modo a questa piccola opera.

S. Giovanni Paolo II

Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata... Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità di distruggere la vita non nata...Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio... Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio viene abbandonata all'egoismo umano... e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale... Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell'individuo ma anche per quello della società... Ci alzeremo quando la libertà viene usata per dominare i deboli, per dissipare le risorse naturali e l'energia e per negare i bisogni fondamentali alle persone e reclameremo giustizia... Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto.

venerdì 2 marzo 2012

Il "patrono" della libertà religiosa (Contributi 588)

Propongo all'attenzione dei lettori questo articolo di Marco Respinti tratto da "La Bussola" che ci fa ricordare un testimone ed un martire dell'amore a Gesù. Quanti nel nostro civilizzato occidente rischierebbero, non dico la vita, ma la propria faccia per Cristo???

Un anno fa veniva assassinato Shabhaz Bhatti (1968-2011), il ministro per le Minoranze religiose del Pakistan, cristiano, cattolico. Venne abbattuto perché attraverso un incarico di governo interpretato secondo una precisa idea della politica aveva osato affermare pubblicamente che ciò che anima l’uomo, sotto ogni sole e in ogni tempo, è quell’irriducibile libertà di rapportarsi al Signore del tempo e delle cose che ne fa un essere naturalmente e strutturalmente religioso. Molto più, cioè, di una banale "libertà di coscienza": si tratta infatti di quella libertà suprema e fondamentale che consiste nel corrispondere all’elezione con cui Dio onora ciascuna persona, dapprima chiamandola all’essere, poi accompagnandola provvidentemente per i giorni che gli concede, infine convocandola per il giudizio finale particolare in vista di quello definitivo universale.
Bhatti ha offerto la propria vita in olocausto affinché sia continuamente possibile qui e ora l’epifania di questa totale signoria di Dio sulla storia delle sue creature. Bhatti ha militato e lottato per garantire a ogni persona lo spazio necessario ad affrontare adeguatamente la questione fondamentale dell’esistenza: il rapporto con Dio che dà senso alle cose. Solo l’otium che libera da quelle che san Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) apostrofava come le «maledette occupazioni» quotidiane può infatti garantire l’onestà necessaria ad affrontare bene - direbbe il filosofo Josef Pieper (1904-1997) - la "questione Dio", e quindi a decidersi per il "Dio giusto", quello vero, l’unico. La libertà religiosa per tutti, in particolare per le conculcate, vessate e perseguitate minoranze religiose che si trovano a vivere come isole in un oceano ostile, è insomma il prerequisito fondamentale per la missione, per l’evangelizzazione.
Bhatti lo ha capito nel profondo, con il cuore oltre che con la mente, e si è dato tutto per i diritti basilari - quelli religiosi - delle minoranze del suo Pakistan non solo perché così ha sperato di lucrare vantaggi per la minoranza a cui egli stesso apparteneva, ma perché era convinto che la libertà di adorare Dio secondo coscienza fosse - come la tradizione e i dottori del pensiero cristiano hanno sempre affermato, sostenuto e difeso - un bene inalienabile in sé. L’unico che conduce al Dio vero, Gesù Cristo incarnato, morto e risorto.
Bhatti ha dato la vita per cercare di garantire a tutti l’occasione della propria vita: la conversione a Cristo che senza il preambulum fidei della libertà non è concretamente possibile. Chi ha fermato questa sua piccola grande crociata probabilmente aveva capito, se non altro intuito, e per questo ha odiato. Ce lo dice scopertamente la Chiesa Cattolica del Pakistan, che infatti da mesi ha presentato al Santo Padre la richiesta di proclamare martire Shabhaz, onorandolo come «patrono della libertà religiosa». Un titolo sublime, che non è certo una versione riveduta e corretta della vera fede ai tempi dell’ecumenismo, ma l’intuizione più profondamente adatta alle cogenze dell’ora presente, come sempre ha fatto nella storia la Chiesa madre e maestra, esperta di umanità oltre che - il va sans dire - di santità.
Accade però sempre nella storia del popolo cristiano che la Chiesa riconosca e benedica esperienze in atto, gesti vissuti e pratiche condivise, agendo all’esatto contrario dell’illuminismo che prima sogna l’inesistente e poi cerca di imporlo alla realtà. Affinché Shabhaz Bhatti venga riconosciuto dalla Cattedra di Pietro «martire e patrono della libertà religiosa» bisogna che il popolo cristiano cominci da sé a farlo, a venerarlo, a pregarlo. La Chiesa Cattolica che è in Pakistan ha già cominciato, a noi non resta che seguirla. Perché la cosa più stupefacente dell’intero martirio di Bhatti è che noi che ancora non godiamo della visione beatifica del Signore di tutto abbiamo però da un anno esatto a questa parte un protettore celeste in più, un patrono che ci guida, ci conduce e ci ispira nella nostra battaglia quotidiana, sia essa culturale, giornalistica, o altro, per l’affermazione della libertà religiosa che è conditio sine qua non dell’evangelizzazione, della conversione e dell’adveniat regnum tuum.
Dal giorno in cui Bhatti ha offerto la propria vita per questa verità, l’esigenza di una libertà autentica per tutti, la necessità che siano garantiti i diritti di Dio che fondano quelli dell’uomo, la possibilità di esprimere la propria fede in piena coscienza e la Signoria dolce di Cristo sulla storia non hanno infatti smesso di avere nemici feroci, mitra in mano o giacca e cravatta indosso. La lotta contro la cristianofobia e per la libertà religiosa nel mondo resta dunque la battaglia campale del nostro tempo. L’esempio del martire Shabhaz Bhatti ci insegna come combatterla attraverso una frase del suo testamento spirituale che potrebbe essere la preghiera da rivolgergli: «Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire».
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