Dal sito della Fraternità Sacerdotale San Carlo, l'omelia di Mons. Camisasca in occasione dell'ordinazione sacerdotale dello scorso 22 giugno..
Carissimi fratelli e amici,
questa celebrazione riveste un significato particolare per me e per i giovani che ora riceveranno l’ordine del presbiterato e del diaconato.
Per me si tratta del singolare privilegio che mi è concesso da Cristo di poter ordinare dei fratelli che ho accolto e accompagnato nella Fraternità san Carlo; per loro si tratta di un avvenimento che cambia interamente l’esistenza, in continuità e fioritura del loro battesimo, ma con una richiesta di donazione da parte di Cristo che supera ogni umana progettazione e previsione.
Le letture di questa santa Liturgia, che abbiamo appena ascoltato, sono il portale che ci introduce, con la profondità inesauribile della Parola di Dio, alla comprensione commossa di quanto sta accadendo. Devo limitarmi a riprendere con voi la pagina del Vangelo di Luca. Mentre gli altri Vangeli sinottici collocano il dialogo di Gesù con i discepoli, che abbiamo ascoltato, lungo la strada verso Cesarea di Filippo o arrivati in quel luogo, Luca ci mostra Gesù in preghiera. I discepoli stanno a distanza. Lui si avvicina a loro e pone una domanda. È una domanda che nasce dalla profondità del dialogo col Padre, non dalla vanità che può invece originarla sulle nostre labbra: “Cosa pensano gli altri, la gente, di me?”. Per Gesù si tratta di un itinerario chiaro: dalle opinioni della gente vuol arrivare a suscitare e verificare la fede personale dei discepoli. Dalle loro risposte comprendiamo che la gente che seguiva Gesù non aveva idee strane o fantasiose o irriverenti su di Lui. Sono evidentemente persone che conoscono la Scrittura e hanno seguito le vicende del Battista. Le loro risposte, che ora non possiamo analizzare, sono illuminate e per nulla banali. Ci fanno capire come la gente guardasse a Gesù. E ci riempiono della stessa ammirazione e attesa di quella moltitudine. Eppure tutto ciò non basta. Gesù prosegue: “Ma voi, avete saputo vedere meglio? Avete fatto tesoro delle mie parole e delle mie azioni? Avete penetrato il mistero della mia persona?”.
Luca e gli altri Vangeli non riportano le risposte degli apostoli e dei discepoli. Emerge soltanto la voce di Pietro che sovrasta le altre e le cancella dalla memoria: “Tu sei l’Unto di Dio”.
Fermiamoci un momento. Questa sera il dialogo avviene con voi. È a voi che Gesù chiede, a ciascuno di voi: “E tu, chi dici che io sia?”.
Questa domanda ci interpella nel profondo, ma si rivolge ora soprattutto a voi, cari fratelli che state per essere ordinati. Si può dire con assoluta verità e pertinenza che la vita del sacerdote si spiega e si regge soltanto come strada di una progressiva conoscenza di Cristo. Conoscenza intellettuale, certo, da alimentare con lo studio e la meditazione, ma anche e soprattutto conoscenza affettiva che avviene nella preghiera, nella celebrazione dei sacramenti, nell'accompagnamento e nella guida delle persone che ci sono affidate da Cristo.
La conoscenza di Cristo è la realtà più avvincente del sacerdozio: una conoscenza personale, inesauribile. Ogni volta che una persona vi accosterà aprendo il suo cuore; ogni volta che direte: io ti assolvo, questo è il mio corpo; ogni volta che spiegherete e leggerete la Scrittura; ogni volta che aiuterete un uomo o una donna a leggere la sua vita, le sue gioie e i suoi dolori; … ogni volta sarà una nuova conoscenza di Cristo, un nuovo passo verso la realtà della sua Incarnazione, Passione, Morte e Resurrezione, della sua Presenza tra noi.
Amore di Dio e degli uomini, conoscenza di Dio e degli uomini di fondono nel nostro itinerario sacerdotale, nel nostro cammino verso Cristo.
Ma la domanda di Gesù rivela non solo il nostro cammino verso di Lui, in Lui, come direbbe san Paolo. Essa ci apre innanzitutto al cammino di Gesù verso di noi, verso ciascuno di noi. Il sacramento che ora riceverete, prima ancora di affidarvi delle responsabilità, è un atto di misericordia verso di voi. Miserando atque eligendo, dice il motto di Papa Francesco tratto da Beda, il Venerabile. Ti ha scelto perché ha avuto misericordia di te. Ripensiamo così alla domanda di Cristo: chi dite che io sia? Gesù sa bene chi Lui è. La sua domanda non nasce da curiosità, vanagloria, dubbio, incertezza. Nasce dalla carità. Desidera essere amato dai suoi, perché sa che in questo amore è la loro salvezza. Ed essi, dodici di essi, in questo passaggio che accoglie la carità di Cristo, da discepoli diventano apostoli.
Ha sete di te l’anima mia (Sal 62,2). Questa è la preghiera di ognuno di noi a Cristo. Ma “ho sete” è anche parola di Cristo a noi, parola di Cristo rivolta a ciascuno di noi. Soltanto rispondendo alla sua sete scopriamo la nostra identità. Cari fratelli desidero dunque lasciarvi questo pensiero: in Cristo noi conosciamo noi stessi.
“Chi dici che io sia?” è la domanda che ciascuno di noi dice all'amico per ricevere la rivelazione del suo io. Secretum meum mihi (Is 24,16).
Ognuno di noi cerca nell'altro la risoluzione del proprio segreto. “Io, che sono?” diceva Leopardi. La domanda dell’uomo a se stesso trova questa sera una risposta nel dialogo tra Cristo e i suoi: Io sono colui che Cristo ha amato e ama. Per questo ha accettato di “soffrire molto, essere rifiutato… , venire ucciso” ed è risorto il terzo giorno. Perché mi ama.
Cari fratelli, come Pietro ha ricevuto il dono di entrare nel dialogo tra il Padre e Gesù, così ora lo concede anche a voi. Il Padre vi rivela chi sia Gesù e quale sia la sua missione, quel mistero che a Pietro ripugna e vorrebbe in ogni modo allontanare. Eppure non c’è conoscenza di Gesù se non stando dietro a Lui. “Stammi dietro”, dice il Maestro a Pietro.
Questa è la consegna che questa sera vi affido: state dietro a Gesù. Chi perde, cioè dona la sua vita per Lui senza mai misurare, costui la salverà. Amen.
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Tra le braccia di Molly Malone
1 mese fa
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Che lo Spirito Santo illumini la tua mente e che Dio ti ricolmi di ogni grazia, spirituale e materiale, e la speciale benedizione materna di Maria scenda su di te..