Un articolo di Paolo Sottopietra dal sito della Fraternità San Carlo:
I vangeli ci hanno descritto solo pochi movimenti fisici di Cristo e tra questi hanno privilegiato quelli del suo sguardo.
A volte alzava il capo e gli occhi sulla folla, sui discepoli o semplicemente su ciò che aveva davanti: come uscendo dalla sua concentrazione, rispondeva allora a chi lo interrogava, o prendeva la parola. Luca è il più attento a questo gesto, assieme a Giovanni. Ecco come lo ritrae, per esempio, mentre inizia il grande discorso delle beatitudini: Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio» (Lc 6,20). Oppure, nel tempio: Alzati gli occhi, vide alcuni ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro (Lc 21,1). E Giovanni annota, raccontando la moltiplicazione dei pani: Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?» (Gv 6,5). A Giovanni sono rimaste impresse nella memoria altre due occasioni. Quella della risurrezione di Lazzaro: Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato» (Gv 11,41). E poi la grande preghiera sacerdotale, durante l’ultima cena. Qui il gesto di Gesù esprime il suo essere proteso, spiritualmente e fisicamente, nel dialogo con la persona vivente del Padre: Così parlò Gesù. Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: «Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te» (Gv 17,1).
Perché gli evangelisti sono stati colpiti da questo movimento del capo di Cristo che si leva e indirizza lo sguardo verso l’alto? Perché i discepoli intuivano che, quando parlava, egli usciva da un raccoglimento permanente e traeva da lì le sue parole. Era con loro, ma stava con un Altro. Di qui veniva l’intelligenza e la pertinenza dei suoi interventi. Di qui anche la dolcezza, l’ironia, oppure l’energia e l’ira che di volta in volta connotavano le sue parole. L’unità con il Padre, la sua preghiera, lungi dall'estraniarlo, lo immergeva nella realtà con tanta più forza. Egli infatti viveva il presente con un’intensità pacata e straordinaria.
Ciò che Cristo comunicava era un tutt'uno con il suo rapporto con il Padre, con la sua preghiera al Padre. Io dico al mondo le cose che ho udito da lui (Gv 8,26), la verità udita da Dio (Gv 8,40). A volte la sua predicazione diventava spontaneamente una preghiera esplicita (cfr. Lc 10,17-22), ma tutta la sua comunicazione agli uomini, anche quando rimaneva oggettiva, manteneva la forma della preghiera.
Don Giussani ha scritto che «l’uomo consapevole», ovvero l’uomo cosciente della sua dipendenza da Dio, «è uno spettacolo», perché la sua dimensione spirituale investe la materia, «gli stessi dati fisici e biologici», e li trascina dentro di sé. Per questo, «quando l’uomo incomincia a diventare stabilmente uomo, comincia a esercitare un fascino che nessuno conosce di noi, tra i propri simili, perché è così raro». Questa è la promessa della preghiera: essere un avvenimento di profonda unificazione della nostra persona, attraverso l’abbandono a Dio, la disponibilità, la docilità di chi spera tutto da Lui. La preghiera ci trasforma.
Tra le braccia di Molly Malone
1 mese fa
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Che lo Spirito Santo illumini la tua mente e che Dio ti ricolmi di ogni grazia, spirituale e materiale, e la speciale benedizione materna di Maria scenda su di te..