Ogni giorno il Signore mi dà la grazia di convivere con persone per cui il
rapporto con Cristo è l’unica ragion di vita. Persone semplici, a volte
analfabete, che testimoniano come sia possibile, e allo stesso tempo bello,
vivere il cristianesimo dentro tutte le circostanze della vita. Vi propongo la
storia quotidiana di due donne sposate che lavorano con i miei malati e
mostrano a tutti che quando Cristo diventa il criterio di tutto, la vita
diventa intensa e umana.
Saturnina vive in uno dei piccoli villaggi che formano il comune della
città di Itá. Villaggi o “compagnie” che in questo posto si chiamano
Fraternità. È un’espressione di origine francescana il cui significato indica
l’essenza del cristianesimo. «Siate uno affinché il mondo creda», disse Gesù.
Fra Luis de Balaños e gli evangelizzatori francescani solitamente chiamavano
così le piccole comunità che nascevano grazie all’incontro con Gesù.
Così come alcune decadi più tardi i gesuiti, creando le Riduzioni, hanno
voluto proporre il carisma di Sant’Ignazio che chiamò i suoi amici “La
compagnia di Gesù”. Tornare a scoprire le nostre origini significa riconoscere
chi siamo. Evangelizzare significa rivivere oggi, con una coscienza ancora
maggiore, la nostra appartenenza a Cristo.
Saturnina è figlia di una di queste Fraternità e vive nell’insediamento
chiamato 30 de Agosto-km 34. Madre di sette figli, suo marito è morto di cancro
nella nostra clinica. La povertà, la semplicità di cuore e la passione per il
lavoro sono le sue caratteristiche. L’attenzione e la compagnia che abbiamo
offerto a suo marito nella clinica sono state per lei motivo di grande
gratitudine al Signore. Rimasta vedova, ci ha chiesto di rimanere a lavorare
con noi come responsabile della lavanderia. Si alza ogni giorno alle tre del
mattino. Prepara tutto per i suoi sette figli in modo che possano affrontare il
duro lavoro di ogni giorno.
Alle quattro e mezza, dopo aver camminato per 30 minuti, raggiunge la
fermata dell’autobus che la porta ad Asunción in due ore. Comincia la sua
giornata con noi accompagnando la processione Eucaristica che si sviluppa tra
un letto e l’altro dei pazienti. Poi fa colazione e, con le sue amiche, scende
nel seminterrato della clinica dove rimane al lavoro fino alle 15, manovrando
le grandi macchine per lavare e asciugare l’enorme mole di lenzuola, federe,
asciugamani che i pazienti usano ogni giorno.
Qualche settimana fa ho voluto mostrare alle infermiere il lavoro che
Saturnina e le sue colleghe fanno nella lavanderia, perché l’unico metodo per
imparare è quello di vedere. Saturnina era sola nella lavanderia, mentre le sue
compagne erano già andate via. Le ho domandato come mai alle 17 era ancora lì.
E lei: «Padre, io non vado mai via sino a che non finisco di lavare tutto,
perché non voglio che manchi ai pazienti la biancheria necessaria. A volte,
quando non riesco a finire rimango qui anche a dormire. E lo faccio con tanto
amore e passione. Ma solitamente vado a casa, dove arrivo intorno alle 20,
quando già l’oscurità avvolge la realtà. Una volta a casa, però, mi rimangono
ancora da fare i lavori domestici che mi obbligano a stare in piedi fino a
mezzanotte. Dormo non più di tre ore al giorno».
Tutti noi rimaniamo muti, perché di solito le infermiere, che lavorano
trenta ore la settimana, arrivata l’ora mettono il loro dito sul marcatore di
presenza e vanno via. Quelli che fanno il turno di notte, lavorano solo tre
notti alla settimana. Che abisso con Saturnina e le altre donne che lavorano in
lavanderia.
Il pane quotidiano
Non ho mai visto nella mia vita una simile testimonianza di passione e amore
per gli altri, per il lavoro. San Paolo in una sua lettera afferma: «Chi non
vuole lavorare neppure mangi». Nel nostro paese coloro che avrebbero
l’esclusivo diritto di mangiare sarebbero Saturnina e le altre donne che
vengono dalla campagna e che lavorano così tanto assumendosi la responsabilità
della famiglia a 360 gradi. Inoltre Saturnina, con tutto il suo sacrificio,
guadagna solo il minimo sindacale che, secondo me, è niente di niente
paragonato ai sacrifici che affronta ogni giorno.
Come vorrei dare a queste donne molto di più! Per questo prego la Divina
Provvidenza che ci ama, di darci la possibilità di offrire uno stipendio
dignitoso a quanti si guadagnano il pane di ogni giorno con molto sacrificio e
sudore della fronte.
Nilda vive a Itá con la sua famiglia. Ha 42 anni, sposata in chiesa, sei
figli. Si alza alle quattro del mattino, prepara il mate, la colazione per la
sua famiglia e poi prende l’autobus e va a lavorare alla fattoria San Padre.
Due anni fa è riuscita a comprarsi una motocicletta che le permette di
utilizzare al meglio il suo prezioso tempo. Non solo lavora a casa sua e
nella fattoria, dove la fondazione San Rafael ospita i suoi malati di Aids, ma
si occupa anche della cappella dove è catechista e segretaria della Legione di
Maria.
Da lunedì a sabato, fa anche da mamma a un gruppo di adulti che l’Aids non
si è portato al cimitero grazie alle cure che hanno ricevuto e che ricevono
ogni giorno. Alla mattina, quando arriva, riunisce i ragazzi nella cappella per
la liturgia della Parola. Con la sua intelligenza di fede, la spiega ai ragazzi
e poi distribuisce la comunione ai malati. Le sue ore lavorative sono molte, ma
l’amore che la muove è così grande che nemmeno se ne rende conto. Parla con
sano orgoglio della sua famiglia di sangue e di quella spirituale, fatta di
volti concreti che si chiamano Thomas, Robert, Alcides, Vicente, José, Julio.
Persone che arrivano da tutto il mondo perché abbandonati, a causa della loro
malattia, persino dai propri parenti.
Nilda cura ognuno di loro con un amore commovente, fatto di cose molto
concrete come cucinare, lavare, stirare, tenere in ordine il giardino e molte
altre cose. Grazie a lei e a questi ragazzi la fattoria ha un orto che è un
paradiso di bellezza. Le piace raccontarmi spesso che lei ha frequentato
soltanto il secondo grado della scuola elementare e malgrado ciò, la Legione di
Maria l’ha scelta per redigere i “verbali” di ogni riunione.
«Non sapevo né leggere né scrivere ma la Vergine Maria è stata la maestra
che mi ha insegnato non solo a scrivere, ma anche a leggere. E a leggere bene».
Vi garantisco che la maggior parte dei professori non saprebbero proclamare la
Parola di Dio come la signora Nilda.
La visita del superiore
È venuto a trovarci il superiore generale della Fraternità sacerdotale dei
missionari di san Carlo Borromeo, padre Paolo Sottopietra, e noi sacerdoti
siamo andati con lui alla fattoria per condividere con gli ammalati il pranzo e
mostrargli tutte le novità successe negli ultimi anni. La signora Nilda ha
preparato un pranzo di prim’ordine con galline allevate in fattoria, verdure
dell’orto e molte altre cose. Finito il pranzo ho chiesto chi volesse
raccontare la propria avventura. Hanno parlato diversi ragazzi lasciandoci a
bocca aperta. L’ultima a intervenire è stata la signora Nilda. Ha raccontato la
sua storia con molti particolari, uno più bello dell’altro.
Tuttavia, quello che ha commosso tutti, è stato quando lei, piangendo dalla
commozione, ci ha parlato dell’Eucaristia, della sua relazione con Cristo
Eucaristia. Ha ricordato il giorno in cui le ho chiesto di distribuire
quotidianamente la comunione ai malati. Per lei questa richiesta era troppo
grande e sono stati necessari diversi giorni per convincerla. Si sentiva
indegna di toccare l’ostia consacrata. Mentre raccontava questo avvenimento, il
più grande della sua vita, piangeva, tanto era il suo amore a Gesù.
Non ho mai visto piangere una persona parlando del dono di toccare
l’Eucaristia! Nemmeno noi preti, che quando celebriamo Messa spesso osiamo
sostituirci a Gesù. Guardando il superiore diceva: «Padre, non puoi immaginare
quello che significa per me distribuire ogni giorno la santa Eucaristia ai
malati, a questi miei figli malati».
La cappella, benedetta dall’ex nunzio apostolico, quel sant’uomo di Dio,
monsignor Antonini, è per noi il cuore della fattoria nella quale possiamo
rifugiarci in ogni momento difficile o bello, per chiedere aiuto o lodare il
Signore. È proprio vero che Gesù si fa presente mediante la luce dei semplici
di cuore, semplici come lo sono queste persone.
-------
Nessun commento:
Posta un commento
Che lo Spirito Santo illumini la tua mente e che Dio ti ricolmi di ogni grazia, spirituale e materiale, e la speciale benedizione materna di Maria scenda su di te..