Benvenuti

Questo blog è uno spazio per aiutarsi a riprendere a pensare da cattolici, alla luce della vera fede e della sana dottrina, cosa che la società moderna sta completamente trascurando se non perseguitando. Un aiuto (in primo luogo a me stesso) a restare sulla retta via e a continuare a camminare verso Gesù Cristo, Via Verità e Vita.
Ogni suggerimento e/o contributo in questa direzione è ben gradito.
Affido allo Spirito Santo di Dio, a Maria Santissima, al Sacro Cuore di Gesù e a San Michele Arcangelo questo lavoro di testimonianza e apostolato.
Un caro saluto a tutti e un sentito ringraziamento a chi vorrà contribuire in qualunque modo a questa piccola opera.

S. Giovanni Paolo II

Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata... Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità di distruggere la vita non nata...Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio... Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio viene abbandonata all'egoismo umano... e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale... Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell'individuo ma anche per quello della società... Ci alzeremo quando la libertà viene usata per dominare i deboli, per dissipare le risorse naturali e l'energia e per negare i bisogni fondamentali alle persone e reclameremo giustizia... Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto.

martedì 5 aprile 2011

Lampedusa e Sant'Agostino (Contributi 451)

Vi propongo un testo molto interessante di Luca Doninelli, tratto da Il Sussidiario, su cui sarebbe interessante avere un vostro parere:

Guardo e riguardo su internet le immagini di Lampedusa nuovamente svuotata dopo la disperata invasione di migranti delle settimane scorse. Ora il paesaggio si è come svuotato, e la bellezza dell’isola contrasta con quello che resta della presenza di queste persone, e che gli addetti alle pulizie si stanno adoperando a far sparire.
Ma c’è qualcosa che è destinato a non sparire. È la domanda che sale dalle scene concitate dei giorni scorsi. Una domanda che non segue le coordinate del nostro mondo, né le costituzioni degli Stati, né il Diritto internazionale, né le più o meno legittime posizioni dei diversi partiti. Si tratta del diritto elementare dell’uomo ad avere un futuro, della sua aspirazione a una vita dignitosa, a una destinazione per il proprio viaggio.
Un mio amico kosovaro, Sebastian, che fu costretto anche lui, anni fa, ad attraversare il mare su un barcone, mi racconta che quel barcone, al viaggio successivo, affondò con cinquanta persone a bordo. Di quel barcone, come di molti altri, nessuno ha saputo mai nulla, e adesso il mare custodisce il triste segreto di quei poveretti. Perciò ogni volta che incontro o vedo in tv le facce degli immigrati in attesa di sistemazione, avvolti nelle coperte o alle prese con le visite mediche, penso a quanti altri non hanno mai visto questi momenti. E rido sinceramente quando il politico di turno grida il suo “föra d’i ball”, come se le sue parole potessero fare anche soltanto il solletico alla tragedia che si svolge sotto gli occhi di tutti, e che lui, semplicemente, non vede.
Il fatto è che la società ricca ha smesso di porsi le domande elementari che la nostra civiltà, nelle diverse epoche, si è sempre posta: che cos’è l’uomo, che cos’è il destino? Se lo chiedevano gli Ebrei e i Greci, se lo chiedevano i Padri della Chiesa, se lo chiedevano i dottori medievali e gli umanisti, gli idealisti e gli illuministi.
Che cos’è un uomo?
Che cos’è un emigrante?
Che cos’è un uomo costretto a viaggiare per necessità?
Che cos’è un uomo che annega, che cos’è un bambino che muore di stenti o che viene gettato fuori dal barcone mentre il mare è agitato?
Che cos’è una donna che partorisce su una nave?
Non mi chiedo nemmeno che speranza possiamo offrire a quelle persone, ma soltanto se riusciamo a cogliere la speranza che li anima, e che fa tutt’uno con la loro sofferenza. Aver fatto tanta strada esige un termine del cammino.
La responsabilità è di tutti noi, perché tutti noi - compresi quelli che dicono “föra d’i ball” - siamo i responsabili di quanto succede: non siamo lo sfondo, la scenografia, ma personaggi di un dramma. E il dramma è quello lì, è quel dolore lì, non quello che pensiamo noi.
Tornano alla mente S. Agostino e le parole sconcertanti che pronunciò all’indomani del Sacco di Roma del 410 d.C. da parte dei Visigoti. Anziché stracciarsi le vesti, osservò come, nonostante i morti e le devastazioni, che sono - purtroppo - il normale bilancio di tutte le guerre, una strana mitezza si fosse impadronita di uomini tanto selvaggi, tanto che le chiese non furono toccate e divennero anzi il rifugio in cui ciascuno poté preservare la propria vita. In questo modo, S. Agostino fece avanzare di cento chilometri la riflessione sulle invasioni barbariche, ricordando agli intellettuali scandalizzati (scandalizzarsi è uno sport per intellettuali) che le stesse domande si agitano nel cuore di tutti.
Tanto da fargli concludere che solo Gesù Cristo poteva aver compiuto un simile miracolo. E lo sapeva bene, perché lui stesso era stato miracolato.
Oggi questa conclusione fa ridere. Anche i cristiani, temo, non ci credono. Ma che riso è? Proviamo a chiedercelo. Agostino, le cui osservazioni posero le basi per la costruzione di una nuova civiltà, parlò di miracolo operato dalla Grazia di Cristo.
Oggi noi ridiamo, scettici, di quell’ipotesi, però intanto diciamo “föra d’i ball” o altre cose simili (il buonismo non è molto meglio, anzi: è peggio perché non possiede nemmeno quella pur demenziale sincerità). E non poniamo certo le basi per il futuro.
Intanto, milioni di uomini combattono per un destino umano. Per secoli e secoli i loro avi trovarono, ossia incontrarono in Europa (dove molti la pensavano come Agostino) una risposta.
Ma se questa risposta dovesse finire di esistere, quale altra risposta degna di una simile domanda potrebbero sperare di trovare?
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1 commento:

  1. I pensieri, le riflessioni e la solidarietà nazionale, finiscono per scontrarsi con la realtà e il compito politico di una nazione: ovvero, procurare il benessere dei propri cittadini. La carità cristiana è compito di ogni uomo, ma chi è a capo di una nazione, di un ordine, di una famiglia, non può sacrificare le persone a lui affidate per far del bene ad altri. Naturalmente, non può nemmeno chiudersi nell'indifferentismo e dire: "Non mi riguarda", specie se il problema gli si propone davanti in modo ineluttabile. Come sempre, occorre trovare la giusta via di mezzo, lungi dalle vuote parole buoniste, ahimè anche di molti della nostra Chiesa Cattolica, per operare con carità, prudenza e senno.

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Che lo Spirito Santo illumini la tua mente e che Dio ti ricolmi di ogni grazia, spirituale e materiale, e la speciale benedizione materna di Maria scenda su di te..

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