Benvenuti

Questo blog è uno spazio per aiutarsi a riprendere a pensare da cattolici, alla luce della vera fede e della sana dottrina, cosa che la società moderna sta completamente trascurando se non perseguitando. Un aiuto (in primo luogo a me stesso) a restare sulla retta via e a continuare a camminare verso Gesù Cristo, Via Verità e Vita.
Ogni suggerimento e/o contributo in questa direzione è ben gradito.
Affido allo Spirito Santo di Dio, a Maria Santissima, al Sacro Cuore di Gesù e a San Michele Arcangelo questo lavoro di testimonianza e apostolato.
Un caro saluto a tutti e un sentito ringraziamento a chi vorrà contribuire in qualunque modo a questa piccola opera.

S. Giovanni Paolo II

Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata... Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità di distruggere la vita non nata...Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio... Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio viene abbandonata all'egoismo umano... e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale... Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell'individuo ma anche per quello della società... Ci alzeremo quando la libertà viene usata per dominare i deboli, per dissipare le risorse naturali e l'energia e per negare i bisogni fondamentali alle persone e reclameremo giustizia... Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto.

martedì 13 settembre 2011

Un affare del cuore (Contributi 522)

Un altro interessante editoriale di Samizdat on Line:

"L’educazione è un affare del cuore" (S. Giovanni Bosco)

Ho due figli che da piccoli si stanno facendo grandi. Chi vive la necessità e il tormento di educare sa molto bene quale fatica pesi sull'animo. Spesso, quasi sempre, ci sentiamo inadeguati.
Talvolta qualcuno ci viene in aiuto. Con qualche parola, con qualche consiglio. Ogni cosa può aiutarci nel nostro compito. E' con gratitudine che ho letto, quindi, questa riflessione del cardinale Caffarra, "La responsabilità dell'educatore".
Ecco, qualcuno adesso storce il naso. Cosa ne può sapere uno così? Beh, leggete. Poi ditemi se non vi rinfresca, se non vi coinvolge, se non vi mette in azione il cuore molto di più di certi sproloqui che si suole leggere in giro. Irti di tecnicismi, di dati-di-fatto che tali non sono ma spesso solo modi per sfuggire una responsabilità.
Perché il punto iniziale è giusto quello. La responsabilità. Una responsabilità implica un non potersi tirare indietro, un doversi mettere in gioco. Tanto più quando l'oggetto di tale responsabilità non è un'idea ma una persona vera, reale. Che deve imparare a vivere, a convivere con gli altri e a godere delle verità che impara. Chè senza questo, cosa educhiamo a fare?
Ecco, magari su questo non siete d'accordo. Certamente pare non essere d'accordo la scuola di oggi, almeno in alcune sue componenti. Dove sembra che il punto nodale della scuola non sia l'educare ma l'imparare, e forse neanche, forse solo l'impiegare. Come fa notare Caffarra, "senza preoccuparsi di trasmettere un progetto di vita, ritenuto veramente buono". Perché quel progetto non lo si trova più, è smarrito.
Mi scrivono così:
"Io sono un insegnante di scuola superiore in un Istituto statale: dopo ventotto anni di esercizio di tale professione nella Pubblica Amministrazione italiana sono arrivato a questa conclusione: non solo non esiste, nelle scuole italiane statali, il concetto stesso di educazione (nella riforma Berlinguer, per fare un esempio tra i tanti, non veniva neppure utilizzata la parola, ma si parlava al massimo di "istruzione") ma, cosa ancora più grave, gli addetti alla fornitura del servizio scolastico pubblico non hanno nemmeno l'idea corretta della natura dell'uomo, di come sia fatta e quali dinamiche abbia la persona umana. Gli studenti sono "clienti" (se non addirittura "consumatori" del servizio scolastico), tanto è vero che vengono chiamati "utenza"; gli insegnanti poi non vengono neanche presi in considerazione, in quanto sono considerati semplici ingranaggi dell'apparato pubblico (sono "forza-lavoro", per usare un termine marxiano che però è sempre di grande attualità nella realtà delle scuole nostrane).
In sintesi, per poter parlare di educazione, ossia di una comunicazione di sé da persona che educa a persona che accetta di essere educata, occorre sapere cosa è l'uomo, altrimenti tutta la costruzione cresce sbilanciata e dissestata; se l'uomo viene ridotto ad un agglomerato di molecole casualmente incontratesi non potrà esservi alcuna forma di reale educazione ma, starei per dire, nemmeno di effettivo apprendimento."
Per educare bisogna compiere delle scelte. Educare comporta "un giudizio circa la bontà di ciò che sto scegliendo. La libertà implica sempre un riferimento alla verità." E la verità implica un rapporto con l'infinito, con ciò che va oltre la nostra misura, è indipendente da noi.
Con qualcosa di più grande che su di noi si china e ci sorride, perché ha chiaro chi siamo e cosa è bene per noi. “Incipe, parve puer, risu cognoscere matrem" (Virgilio, Ecloghe)
(Comincia, o piccolo fanciullo, a riconoscere col sorriso la madre)
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