Un altro articolo/intervista, sempre tratto da La Bussola, ma stavolta di Antonio Giuliano sul tema del Volto di Gesù:
Per secoli gli artisti hanno cercato di ricostruire il volto di Gesù di Nazaret. E se invece Cristo stesso avesse lasciato i tratti del proprio viso impressi in un’immagine? Per la tradizione del cristianesimo orientale è molto più di un’ipotesi suggestiva visto il culto e la devozione per le icone Acheropite. Dal greco, letteralmente, immagini di Gesù «non fatte da mano d’uomo», ma rinvenute e tramandatesi prodigiosamente. La teologa Emanuela Fogliadini ne ha fornito un’indagine certosina nel volume Il volto di Cristo. Gli Acheropiti del Salvatore nell’Oriente cristiano (Jaca Book, pp. 248, euro 24) ripercorrendo le origini di un mistero che continua ad affascinare e a far discutere.
Qual è la genesi di questi volti?
La prima immagine Acheropita di cui si ha notizia tra il 560 e il 574 è quella passata alla storia come Camuliana, da Camulia, il nome di un villaggio della Cappadocia. L’icona venne fuori qui miracolosamente dal desiderio di conversione al Cristianesimo di una pagana chiamata Ipazia: cercava una prova e la ottenne trovando in una piscina il santo volto di Cristo dipinto su un tessuto di lino. Il prodigio fu duplice perché subito si produsse una copia dell’immagine sulla veste usata dalla donna per avvolgerla. È questa un’altra caratteristica degli acheropiti: nascevano e si moltiplicavano per miracolo, ed erano in grado di produrre guarigioni inspiegabili. Il fatto che le icone acheropite siano state ritrovate nel VI secolo non deve però ingannare: secondo la tradizione ortodossa esse sono contemporanee alla vita di Cristo. Frutto o di un intervento indiretto di Cristo appena risorto, come nel caso della Camuliana, o addirittura donate da Gesù stesso mentre era ancora in vita: è il caso del Mandylion…
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Un altro volto miracoloso?
Sì. Il Mandylion o immagine del Cristo di Edessa è la più celebre icona Acheropita che conosciamo, ne parla già Eusebio di Cesarea nella sua Storia ecclesiastica (325). Secondo la tradizione Abgar V Ukama (“il Nero”), re di Edessa in Mesopotamia (4.a.C-7, 13-50), era malato e sapendo che Gesù operava guarigioni gli inviò un messaggero per chiedergli di recarsi alla sua corte. Gesù non andò, ma gli mandò la sua immagine asciugandosi il volto su un telo. Quel panno, chiamato sindon o mandylion, fu consegnato al re, che lo venerò e fu guarito dalla sua malattia.
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Ma perché questi volti tornarono alla ribalta solo secoli dopo la morte di Gesù?
Sono stati occultati in parte per paura delle persecuzioni pagane. E tornarono d'interesse durante il grande dibattito iconoclasta, sulla liceità o meno di raffigurare Dio nelle immagini. Ma non ebbero vita facile. Proprio per le lotte iconoclaste dell’VIII secolo tutti i santi volti furono distrutti. Le icone della Camuliana sparirono, tranne il volto di Edessa la cui presenza è ancora attestata a Costantinopoli durante la Quarta crociata nel 1204.
Chi garantisce che i volti non siano stati inventati ad hoc dalla Chiesa?
Gli occidentali accusano la Chiesa orientale di aver inventato i santi volti con poteri miracolosi e di averli fatti risalire a Gesù stesso in modo che nessuno avrebbe potuto controbattere sull’impossibilità di dipingere i volti di Cristo, dei santi e della madre di Dio. Però di questi volti parlano già due testi del III e IV secolo, la Dottrina di Addai e gli Atti di Taddeo.
Di fatto però oggi non abbiamo originali, ma solo copie.
Ma questo è un problema tutto occidentale. A noi solo interessa sapere se un dipinto è di Raffaello o della scuola di Raffaello. Per la tradizione ortodossa non è così significativo che manchi l’archetipo: importante è che le copie siano conformi. Perché in ogni icona conforme all’originale e benedetta della Chiesa c’è il vero volto di Cristo. Attenzione a non liquidare la questione come marginale. Se non abbiamo presente le icone acheropite non capiremmo secoli di iconografia successiva. Il fatto che Gesù venga dipinto sempre nello stesso modo dipende proprio dalla convinzione che Cristo stesso avrebbe lasciato quel volto. Per questo polemizzarono con gli occidentali, che soprattutto durante il Rinascimento ne cambiarono i connotati.
Quali sono le caratteristiche fisiche dei volti che riproducono gli acheropiti?
Innanzitutto sono tutte immagini del volto di Cristo senza collo, come prevede l’iconografia ortodossa. Raffigurano una persona di trent’anni circa, ancora in vita e in pieno possesso delle sue facoltà. Gli occhi sono neri e sempre identici, grandi e aperti; i capelli perfettamente divisi prima lisci e poi ricci; la barba biforcuta; il naso lungo e stretto che forma con le sopracciglia una figura che fa pensare a una palma; i lobi esterni delle orecchie. Ciascuno di questi particolari ha suggerito delle riflessioni: gli occhi aperti che fissano lo spettatore, tipico delle icone. I lobi delle orecchie per sottolineare l’attenzione di Cristo stesso verso chi lo contempla. I capelli terminano spesso alle estremità in due ciuffi da una parte e tre dell’altra, a simboleggiare la doppia natura di Cristo e della Trinità delle persone.
E’ ragionevole pensare che il volto di Gesù fosse così?
Sì. Anche le testimonianze arrivate in Occidente riportano queste caratteristiche. Come un testo apocrifo, attribuito a Lentulo, funzionario romano contemporaneo di Gesù, che parla di Cristo come un uomo i cui capelli hanno i colori delle noci di Sorrento. Al di là di questa testimonianza, sono verosimili i tratti di una persona mediorientale: capelli lunghi scuri come gli occhi e la carnagione. Certo siamo lontani dal ritratto “modello” che la filmografia ci ha tramandato. Ma se vogliamo anche la patristica all’inizio ha inteso un Cristo non certo bello come intendiamo noi, facendo riferimento al testo di Isaia di uomo rigettato e reietto, l’uomo dei dolori. E le icone non si preoccupano di esprimere canoni di bellezza troppo carnali. Non sei tu che guardi l’icona. Ma è Lui che guarda te, secondo i dettami dell’ortodossia. Non siamo dinanzi alla bellezza del Cristo di Michelangelo, con gli addominali scolpiti. Piuttosto le icone testimoniano sempre un Cristo vivo. Anche nel pieno della sofferenza umana devono comunque dar conto della divinità. Ti puoi anche chiamare Rublëv ed essere un bravissimo pittore, l’iconografo deve esprimere non solo l’umanità del Cristo, ma la sua divinità.
Nel suo studio manca la Sindone.
La Sindone ha molte somiglianze somatiche con i volti acheropiti. Anzi alcuni studiosi ritengono che il telo con l’immagine del Cristo di Edessa sia proprio quello della Sindone di Torino. Ma la Sindone è comunque il telo di Cristo morto. Mentre le immagini acheropite rappresentano un Cristo ancora in vita con gli occhi aperti. Un uomo vivo e sereno, non sofferente come l’uomo della Sindone.
Alla fine però anche l’Occidente è stato contagiato dalla passione per i santi volti.
L’attenzione con cui la Chiesa d’Oriente ha circondato gli Acheropiti ha finito per coinvolgere anche l’Occidente che dal XIII secolo in poi ha importato alcune presunte immagini di Cristo non prodotte da mano d’uomo di chiaro stampo bizantino. Come il Volto Santo «della Veronica», di cui parlano anche Dante e Petrarca, l’immagine che secondo la tradizione apocrifa si stampò sul panno di Veronica da Gerusalemme quando asciugò il volto di Cristo sul Calvario: il panno traslato a Roma fu poi distrutto dai protestanti nel XVI secolo. E poi i Volti Santi di Laon, di Genova e di Manoppello che rivendica di essere l’originale Acheropita perduto di Camuliana. E tuttavia in Occidente nessuno ha mai pensato che Cristo stesso avesse lasciato il suo volto su quelle immagini. Sono state trattate non come attestazione dell’incarnazione del Figlio di Dio ma come reliquie, generando una devozione del tutto priva di implicazioni autenticamente teologiche.
Perché invece è importante considerare la teologia sottesa ai volti tramandati dalla Chiesa orientale?
Se spetta alla fede credere che Gesù stesso sia l’artefice di quei volti, non è irrilevante la differenza di atteggiamento. Nel momento in cui guardo e prego l’icona, guardo e prego la Persona viva che vi è rappresentata. Per noi invece è solo un ricordo. Pensiamo solo alle nostre liturgie, facciamo tranquillamente a meno delle immagini. Tutt’al più sono elemento marginale, a corredo della Parola, così come un tempo si affrescavano le chiese con scene della vita di Gesù per spiegare le Scritture. Mentre nel Cristianesimo orientale non si celebra nulla senza Vangelo e icona, per loro l’immagine è complementare. Per questo durante le lotte iconoclaste i monaci erano pronti a farsi massacrare: distruggere l’icona significava distruggere anche la fede in Cristo vivo e vero.
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Tra le braccia di Molly Malone
1 mese fa
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Che lo Spirito Santo illumini la tua mente e che Dio ti ricolmi di ogni grazia, spirituale e materiale, e la speciale benedizione materna di Maria scenda su di te..