Benvenuti

Questo blog è uno spazio per aiutarsi a riprendere a pensare da cattolici, alla luce della vera fede e della sana dottrina, cosa che la società moderna sta completamente trascurando se non perseguitando. Un aiuto (in primo luogo a me stesso) a restare sulla retta via e a continuare a camminare verso Gesù Cristo, Via Verità e Vita.
Ogni suggerimento e/o contributo in questa direzione è ben gradito.
Affido allo Spirito Santo di Dio, a Maria Santissima, al Sacro Cuore di Gesù e a San Michele Arcangelo questo lavoro di testimonianza e apostolato.
Un caro saluto a tutti e un sentito ringraziamento a chi vorrà contribuire in qualunque modo a questa piccola opera.

S. Giovanni Paolo II

Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata... Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità di distruggere la vita non nata...Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio... Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio viene abbandonata all'egoismo umano... e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale... Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell'individuo ma anche per quello della società... Ci alzeremo quando la libertà viene usata per dominare i deboli, per dissipare le risorse naturali e l'energia e per negare i bisogni fondamentali alle persone e reclameremo giustizia... Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto.

lunedì 18 giugno 2012

Il terremoto e la verità (Contributi 665)

Pigi Colognesi da Il Sussidiario torna a parlare degli attacchi alla Chiesa con un bel giudizio: 

 «Il mondo non è che una continua altalena. Tutte le cose vi oscillano senza posa: la terra, le rocce del Caucaso, le Piramidi d’Egitto, e per l’oscillazione generale e per la propria. La stessa costanza non è altro che un’oscillazione più debole».
Sono parole di Michel de Montaigne i cui Saggi – opera centrale per il passaggio alla modernità - sono stati recentemente ripubblicati. Che «tutte le cose oscillano» è esperienza evidentissima e quotidiana per gli abitanti delle zone terremotate: le mura che fino a ieri offrivano solido appoggio oggi minacciano di crollare, la torre che costituiva elemento essenziale del paesaggio familiare è caduta. 
Ma in fondo ogni persona minimamente pensosa sa che la precarietà, il continuo movimento, la transitorietà caratterizzano la natura attorno a noi ed anche – ciò che più importa – noi stessi. Di fronte a questa constatazione si apre un bivio. La prima strada percorribile è – come scrive Remo Bodei presentando i Saggi - quella di non affannarsi a cercare «risposte definitive», non ambire ad una felicità permanente, ad una verità indiscutibile e assoluta. 
È una strada che appariva ragionevole a Montaigne in un periodo e in un Paese – la Francia del secondo Cinquecento, dilaniata dai conflitti di religione tra cattolici e protestanti – in cui spesso le «risposte definitive» erano imbracciate come armi contro gli avversari e la «verità» usata come un manganello. Meglio accontentarsi di verità parziali, di speranze limitate, di soddisfazioni quotidiane piuttosto che dell’inarrivabile felicità. 
Procedendo in questa direzione, si giunge però a preferire la precarietà rispetto alla difficile esigenza di stabilità e, quindi, a sentire nemico chi, come la Chiesa cattolica, continua a sostenere che verità, libertà, felicità non sono chimere irraggiungibili, ma l’unica destinazione adeguata all’uomo e, per di più, una destinazione di cui si può da subito sperimentare una caparra. 
È questa la seconda strada. In essa realisticamente non si finge che la precarietà non esista o che non ci sia oscillazione di sé e delle cose, né ci si nasconde che le «risposte definitive» possono essere travisate e strumentalizzate. In essa però, nello stesso tempo, non si è disposti a tacere che l’esigenza di stabilità è più radicale della constatazione dell’effimero e non si inganna, con speranze piccole e felicità a portata di mano, lo struggimento che tende a quelle grandi e permanenti. 
In questa strada chi afferma di possedere le «risposte definitive» non vanta una propria superiorità o una volontà di esclusione: semplicemente è contento del tesoro trovato e vorrebbe farne parte tutti. 
A questo riguardo è abbastanza frequente leggere saggi e inchieste che incolpano la Chiesa cattolica di essere arroccata sulle sue «risposte definitive» senza mostrare nessuna disponibilità ad adeguarsi alla liquida flessibilità in cui il mondo cosiddetto secolarizzato si è ormai assestato. 
Se la Chiesa – dicono - rinunciasse alla pretesa della definitività, verrebbe compresa ed accettata molto più facilmente dal mondo moderno. Probabilmente è vero: all’inizio verrebbe accettata come una delle tante voci del multiforme coro della precarietà, ma ben presto sarebbe dimenticata o buttata come ultimamente insignificante. 
Invece offrendo la sua «risposta definitiva» la Chiesa riconosce ed afferma la statura «grande» della ragione umana. 
Una ragione che anela a poter dire col salmista: «Non temiamo se trema la terra, se crollano i monti nel fondo del mare».
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