Un commento di Introvigne sull'odierna udienza papale da La Bussola
Proseguendo nelle catechesi sul Credo per l'Anno della fede, iniziate da Benedetto XVI, Papa Francesco ha commentato nell'udienza generale del 17 aprile l’affermazione che Gesù «è salito al cielo, siede alla destra del Padre», seguendo il testo dell'evangelista San Luca, e insistendo più volte - riprendendo un tema caro a Benedetto XVI - che l'Ascensione non è un mero simbolo, ma un «fatto», un «evento» che si è realmente verificato nella storia e di cui gli Apostoli sono stati testimoni diretti.
San Luca riferisce: «Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli (Gesù) prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme» (Lc 9,51). L'Ascensione sta in uno stretto rapporto con la Crocifissione. Gesù crocifisso e glorificato ascende al Cielo perché è anzitutto «asceso» alla croce. «Mentre "ascende" alla Città santa, dove si compirà il suo "esodo" da questa vita, Gesù vede già la meta, il Cielo, ma sa bene che la via che lo riporta alla gloria del Padre passa attraverso la Croce, attraverso l’obbedienza al disegno divino di amore per l’umanità».
Il Catechismo della Chiesa Cattolica c'insegna che «l’elevazione sulla croce significa e annuncia l’elevazione dell’ascensione al cielo» (n. 661). Questo collegamento fra Ascensione e Crocifissione non è una semplice curiosità storica. «Anche noi dobbiamo avere chiaro, nella nostra vita cristiana, che l’entrare nella gloria di Dio esige la fedeltà quotidiana alla sua volontà, anche quando richiede sacrificio, richiede alle volte di cambiare i nostri programmi».
Un secondo spunto di meditazione riguarda il luogo dove avviene l'Ascensione, che non è casuale. «L’Ascensione di Gesù avvenne concretamente sul Monte degli Ulivi, vicino al luogo dove si era ritirato in preghiera prima della passione per rimanere in profonda unione con il Padre». Anche noi, se vogliamo ascendere a Dio, dobbiamo necessariamente passare per la preghiera: «Ancora una volta vediamo che la preghiera ci dona la grazia di vivere fedeli al progetto di Dio».
Un terzo spunto si riferisce alle modalità dell'Ascensione. San Luca le descrive così: Gesù condusse i discepoli «fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio» (24,50-53). In questo racconto ci sono, spiega il Papa, due elementi. Anzitutto, «durante l’Ascensione Gesù compie il gesto sacerdotale della benedizione e sicuramente i discepoli esprimono la loro fede con la prostrazione, si inginocchiano chinando il capo». Si tratta di un elemento simbolico di grande rilievo. Ci ricorda che «Gesù è l’unico ed eterno Sacerdote che con la sua passione ha attraversato la morte e il sepolcro ed è risorto e asceso al Cielo; è presso Dio Padre, dove intercede per sempre a nostro favore».
In quanto intercede, mentre è sacerdote Gesù è anche avvocato, secondo l'espressione che san Giovanni usa nella sua Prima Lettera e che il Papa commenta citando, come fa spesso, le insidie molto reali del demonio. «Egli è il nostro avvocato: che bello sentire questo! Quando uno è chiamato dal giudice o va in causa, la prima cosa che fa è cercare un avvocato perché lo difenda. Noi ne abbiamo uno, che ci difende sempre, ci difende dalle insidie del diavolo, ci difende da noi stessi, dai nostri peccati!».
È raro però che l'avvocato venga da noi. Siamo noi che dobbiamo andare da lui. «Carissimi fratelli e sorelle - ha implorato ancora una volta Papa Francesco -, abbiamo questo avvocato: non abbiamo paura di andare da Lui a chiedere perdono, a chiedere benedizione, a chiedere misericordia! Lui ci perdona sempre, è il nostro avvocato: ci difende sempre! Non dimenticate questo!».
La lezione dell'Ascensione, allora, è che anche noi possiamo salire in alto, ma solo se rimaniamo legati a Gesù. «Lui è come un capo cordata quando si scala una montagna, che è giunto alla cima e ci attira a sé conducendoci a Dio. Se affidiamo a Lui la nostra vita, se ci lasciamo guidare da Lui siamo certi di essere in mani sicure, in mano del nostro salvatore, del nostro avvocato».
Il secondo elemento del racconto di san Luca emerge quando l'evangelista riferisce che gli Apostoli, dopo aver visto l'Ascensione, tornarono a Gerusalemme «con grande gioia». «Questo - commenta il Pontefice - ci sembra un po’ strano. In genere quando siamo separati dai nostri familiari, dai nostri amici, per una partenza definitiva e soprattutto a causa della morte, c’è in noi una naturale tristezza, perché non vedremo più il loro volto, non ascolteremo più la loro voce, non potremo più godere del loro affetto, della loro presenza. Invece l’evangelista sottolinea la profonda gioia degli Apostoli». Ma questa reazione apparentemente singolare si manifesta «proprio perché, con lo sguardo della fede, essi comprendono che, sebbene sottratto ai loro occhi, Gesù resta per sempre con loro, non li abbandona e, nella gloria del Padre, li sostiene, li guida e intercede per loro».
San Luca riferisce il fatto dell’Ascensione due volte. Lo fa anche all'inizio degli Atti degli Apostoli, «per sottolineare che questo evento è come l’anello che aggancia e collega la vita terrena di Gesù a quella della Chiesa». E negli Atti c'è anche un altro elemento: san Luca «accenna anche alla nube che sottrae Gesù dalla vista dei discepoli, i quali rimangono a contemplare il Cristo che ascende verso Dio (cfr At 1,9-10)» e a «due uomini in vesti bianche che li invitano a non restare immobili a guardare il cielo, ma a nutrire la loro vita e la loro testimonianza della certezza che Gesù tornerà nello stesso modo con cui lo hanno visto salire al cielo (cfr At 1,10-11).». Qui troviamo, ancora, la descrizione di un evento senza dubbio storico ma che insieme invita a meditare sul tema cruciale della relazione fra contemplazione e azione. C'è in questo brano «l'invito a partire dalla contemplazione della Signoria di Cristo, per avere da Lui la forza di portare e testimoniare il Vangelo nella vita di ogni giorno: contemplare e agire, ora et labora insegna san Benedetto [480-547], sono entrambi necessari nella nostra vita di cristiani».
Se ne guardiamo tutto gli elementi con uno sguardo riassuntivo, ha concluso il Papa, «l’Ascensione non indica l’assenza di Gesù, ma ci dice che Egli è vivo in mezzo a noi in modo nuovo; non è più in un preciso posto del mondo come lo era prima dell’Ascensione; ora è nella signoria di Dio, presente in ogni spazio e tempo, vicino ad ognuno di noi». È un'informazione su un evento storico, ma è anche un'indicazione per la nostra vita di fede. «Nella nostra vita non siamo mai soli: abbiamo questo avvocato che ci attende, che ci difende. Non siamo mai soli: il Signore crocifisso e risorto ci guida; con noi ci sono tanti fratelli e sorelle che nel silenzio e nel nascondimento, nella loro vita di famiglia e di lavoro, nei loro problemi e difficoltà, nelle loro gioie e speranze, vivono quotidianamente la fede e portano, insieme a noi, al mondo la signoria dell’amore di Dio, in Cristo Gesù risorto, asceso al Cielo, avvocato per noi». È la Chiesa, in cammino nella storia.
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Tra le braccia di Molly Malone
1 mese fa
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Che lo Spirito Santo illumini la tua mente e che Dio ti ricolmi di ogni grazia, spirituale e materiale, e la speciale benedizione materna di Maria scenda su di te..