E' nei momenti di grande emozione che emerge la vera stoffa di una persona o di un popolo. Il lutto che ha colpito l'Italia qualche giorno fa con l'uccisione di sei soldati a Kabul ha mostrato che il popolo italiano c'e' ancora, sa stringersi intorno ai soldati impegnati in difficili missioni in terre lontane, è fedele alle tradizioni religiose dei padri, insomma, non e' quella massa di edonisti relativisti che la pseudoinformazione vuol far credere. E' stato bello ed educativo partecipare al dolore composto dei familiari, leggere le loro parole, tristi ma consapevoli che quelle morti hanno avuto un senso, constatare la tranquilla fermezza dei commilitoni, consci del pericolo, ma anche dell'importanza del compito che é stato affidato.
Ma, tanto per ricordarci che siamo nel mondo reale, c'e' stata anche la stupidita' di chi, legato all'ideologia, preferisce la posizione inumana del contro a tutti i costi, del separare buoni e cattivi perfino fra i morti.Mi e' stato insegnato che l'importante e' giudicare secondo i termini che la realtà detta, usando sia la ragione che il cuore.
I soldati italiani sono in Afghanistan in seguito a un mandato ONU, affidato alla NATO, organizzazione di cui l'Italia fa parte: partecipare alla missione é inevitabile, a meno di isolarsi e rovinare ulteriormente la propria immagine internazionale. E' semmai possibile avviare una riflessione con gli alleati per ripensare tempi e modi della permanenza.Lo scopo della missione internazionale é ostacolare l'azione dei terroristi che, per primi, hanno attaccato varie nazioni occidentali, causando migliaia di morti, e che tuttora impongono le loro idee ammazzando chiunque non e' d'accordo.Il modo per ottenere lo scopo di cui sopra e' stabilire nel paese un regime passabilmente democratico e affidabile, con cui si possa ragionare in termini di sicurezza e progresso comune, consentendo al popolo afghano di godere della libertà di espressione e di scelta di cui noi, grazie al lavoro dei nostri predecessori, disponiamo.Ci sono afghani disposti a seguire il percorso verso la libertà e la democrazia; la partecipazione alle elezioni dimostra che sono anche tanti; ce ne sono anche molti però che non esitano a ammazzare chi non la pensa come loro. Quindi, per compiere la missione, bisogna difendere gli afghani amici, usando la forza se necessario.
In conclusione, l'Afghanistan oggi è un teatro di guerra, in cui i nostri soldati sono coinvolti, insieme agli altri paesi dell'ONU, per fronteggiare il terrorismo internazionale più virulento. Allora, se i nostri soldati sono in questa situazione estremamente rischiosa e critica, diamogl la possibilità di difendersi, fornendoli di mezzi e di norme di comportamento adeguati.
Finche' lo scopo della missione sara' contribuire alla sicurezza di tutto il mondo attraverso lo sviluppo di un paese, è giusto continuare l'impegno intrapreso, cercando di evitare il più possibile lutti e violenze, ma difendendo in ogni modo i nostri soldati e i cittadini afghani vittime innocenti della violenza integralista.
Ma, tanto per ricordarci che siamo nel mondo reale, c'e' stata anche la stupidita' di chi, legato all'ideologia, preferisce la posizione inumana del contro a tutti i costi, del separare buoni e cattivi perfino fra i morti.Mi e' stato insegnato che l'importante e' giudicare secondo i termini che la realtà detta, usando sia la ragione che il cuore.
I soldati italiani sono in Afghanistan in seguito a un mandato ONU, affidato alla NATO, organizzazione di cui l'Italia fa parte: partecipare alla missione é inevitabile, a meno di isolarsi e rovinare ulteriormente la propria immagine internazionale. E' semmai possibile avviare una riflessione con gli alleati per ripensare tempi e modi della permanenza.Lo scopo della missione internazionale é ostacolare l'azione dei terroristi che, per primi, hanno attaccato varie nazioni occidentali, causando migliaia di morti, e che tuttora impongono le loro idee ammazzando chiunque non e' d'accordo.Il modo per ottenere lo scopo di cui sopra e' stabilire nel paese un regime passabilmente democratico e affidabile, con cui si possa ragionare in termini di sicurezza e progresso comune, consentendo al popolo afghano di godere della libertà di espressione e di scelta di cui noi, grazie al lavoro dei nostri predecessori, disponiamo.Ci sono afghani disposti a seguire il percorso verso la libertà e la democrazia; la partecipazione alle elezioni dimostra che sono anche tanti; ce ne sono anche molti però che non esitano a ammazzare chi non la pensa come loro. Quindi, per compiere la missione, bisogna difendere gli afghani amici, usando la forza se necessario.
In conclusione, l'Afghanistan oggi è un teatro di guerra, in cui i nostri soldati sono coinvolti, insieme agli altri paesi dell'ONU, per fronteggiare il terrorismo internazionale più virulento. Allora, se i nostri soldati sono in questa situazione estremamente rischiosa e critica, diamogl la possibilità di difendersi, fornendoli di mezzi e di norme di comportamento adeguati.
Finche' lo scopo della missione sara' contribuire alla sicurezza di tutto il mondo attraverso lo sviluppo di un paese, è giusto continuare l'impegno intrapreso, cercando di evitare il più possibile lutti e violenze, ma difendendo in ogni modo i nostri soldati e i cittadini afghani vittime innocenti della violenza integralista.
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Mi dispiace, ma dissento fortemente da questo post. Al di là della retorica della "democrazia esportabile" (chi ha detto che il regime democratico è il migliore in assoluto? Dove sta scritto che ogni contesto nazionale/culturae/religioso possa reggersi e svilupparsi in una democrazia? Noi stessi, poi, viviamo veramente in una democrazia solo perchè ogni tanto facciamo un "X" su un foglio di carta?), la storia delle "missioni di pace" contro il terrorismo armato e suicida non regge più. Iraq docet: un paese che con Saddam (con tutti i suoi limiti, per carità!) aveva raggiunto una discreta prosperità ed anche una spinta all'occidentalizzazione è stato raso al suolo dall'Imperialismo Usa con la scusa di armi di distruzioni di massa (mai trovate..) e dopo quella catastrofe che è servita come "pretesto alla lotta globale al terrorismo", alias 11 Settembre (sulla quale io, come gran parte del globo, nutre forte dubbi circa la verità espressa). Siamo in Afghanistan perchè succubi degli Usa, per una guerra che non ci appartiene, e mandiamo a morire i nostri ragazzi per interessi che non sono i nostri. Pace alle loro anime, che il Signore li accolga nel Regno dei Cieli e doni loro la gioia senza fine.
RispondiEliminaRispondendo all'amico Nicola posso dire che non sono daccordo sull'affernmazione"stiamo combattendo una guerra che non ci appartiene". Sarebbe troppo bello e comodo per tutti potersene stare a casa tranquilli e ricevere notizie ogni tanto di gente che muore per la violenza integralista senza avere la più pallida idea di quello che significa vivere in quei luoghi e in quelle condizioni. Se ognuno dovesse combattere solo le guerre che lo riguarda, poveri noi! Anche noi abbiamo avuto bisogno dell'aiuto degli altri paesi durante la guerra. L'impegno di ognuno( a seconda delle proprie possibilità e capacità) deve essere quello di farsi carico di situazioni come quella dell'Afghanistan, e non mi riferisco solo ai soldati, ma anche ai tanti missionari che ogni giorno muoiono per aiutare gente come quella ( ma nessuno ne parla perché non fa comodo).
RispondiEliminaCaro Nicola rispondimi su questo: vale più la vita di un nostro soldato, di un nostro missionario o quella di tanta gente innocente che ogni giorno muore per la fame, per la guerra, per la prepotenza di chi si crede più forte...? La povera gente afghana non ha scelto di fare la guerra, non ha scelto di morire di fame, non ha scelto di essere vittima dei talebani. E' giusto che nessuno li difenda? E credo che solo dove c'è vera libertà di azione, di espressione si abbia la possibilità di crescere sotto tutti i punti di vista. Al di là degli interessi politici che ci saranno pure, è necessario vedere nella missione dei nostri soldati un aiuto umanitario considerevole che essi con coraggio offrono agli afghani. Sono d'accordo sul fatto che è importante mettere i soldati nella condizione di operare con più sicurezza, ma le regole d'ingaggio dipendono dalla Nato e i nosri politici possono e devono far pressione sugli organi internazionali competenti.
Un caro saluto!
"Sarebbe troppo bello e comodo per tutti potersene stare a casa tranquilli e ricevere notizie ogni tanto di gente che muore per la violenza integralista senza avere la più pallida idea di quello che significa vivere in quei luoghi e in quelle condizioni"
RispondiEliminaPunto primo: di quei luoghi sappiamo solo quello che ci viene raccontanto, e non è certo la verità, dato che i media non fanno altro che manipolare l'informazione sotto dettatura dei poteri forti. (es. presentare Hamas come il male assoluto della Palestina: chiedete ai palestinesi chi si occupa di loro, fornendo scuole, rifornimenti e ospedali). Secondo punto: invece la gente che muore per l'imperialismo statunitense? La democrazia che vogliono esportare non esiste nemmeno in casa loro: libertà di stampa e di espressione ridotta al lumicino (prova a parlare contro l'11 settembre o sull'influenza della lobby ebraica..diventerai una non persona), leggi che possono reprimere le più naturali libertà (Patriot Act) e metodi al limiti dell'umano (vedi innumerevoli torture a Guantabnamo)
E poi perchè ci facciamo carico solo di alcuni problemi e non di altri? La nostra presenza in Afghanistan è dettata da una "solidarietà umana" o molto più semplicemente da interessi di geopolitica (che tra l'altra non sono i nostri, ma quelli Usa)? Perchè allora non difendiamo a spada tratta i palestinesi, trucidati dall'invasione e dalla politica razzista di Israele? O le popolazioni africane e molti altri luoghi dove avvengono repressioni e guerre civili? Tanto non cambierà nulla, non abbiamo una politica estera, dato che altri ci dettano l'agenda politica. Così continueremo a mandare a morire i nostri ragazzi.