ROMA, giovedì, 5 maggio 2011 (ZENIT.org).
Gli angeli sono una invenzione umana per rassicurare le persone o realtà concrete che intervengono nella storia di ognuno? A questa ed altre domande cerca di rispondere il libro di don Marcello Stanzione dal titolo “I Papi e gli angeli” (Gribaudi editore). Autore già di numerosi volumi sull'argomento, don Stanzione organizza ogni anno un meeting annuale sugli angeli. Nel libro in questione che sarà presentato dal dott. Angelo Scelzo, sottosegretario vaticano delle Comunicazioni Sociali e Nerea de Giovanni, presidente internazionale dei critici letterari, venerdì 6 maggio a Roma alle 17,30 presso la libreria Paolo VI (in via di Propaganda Fide), don Marcello traccia un ritratto originale dei Pontefici e del loro rapporto con gli angeli. Di ogni Pontefice riporta una breve biografia, l’analisi della personalità, gli scritti e soprattutto l’esperienza dell’angelo custode che ne ha guidato i passi. Per conoscere gli aneddotti e la devozione che i Papi hanno nutrito nei confronti degli angeli, ZENIT ha intervistato don Marcello Stanzione.
Alcuni credono che il culto degli angeli sia una pratica per bambini, mentre lei sostiene nel suo libro che c’è una grande venerazione dei Papi per gli angeli. Cosa ha scritto in proposito?
Da San Pietro, primo Papa, fino all’attuale Benedetto XVI sono ben 265 i Papi avvicendatisi sulla cattedra romana: diversi per provenienza, nazionalità, cultura, personalità e valore, furono tutti testimoni di una identica fede e di una medesima protezione angelica. Sant’Anselmo chiama il Papa “angelo del gran consiglio”. Santa Veronica Giuliani in una delle sue mirabili estasi vide e scrisse che il vicario di Cristo è sempre circondato, riverito e assistito da uno stuolo di dodici angeli custodi, quasi una sorta di collegio angelico che richiama quello apostolico e che gli fa costantemente da corte invisibile. A questo riguardo la vicenda del primo Papa della storia, San Pietro, è assai significativa; infatti l'angelo del Signore liberò il Capo degli Apostoli dal carcere, ben due volte. Nei Padri apostolici, in particolare Papa Clemente, troviamo allusioni agli angeli in riferimento al servizio di Cristo e degli uomini. Un Concilio tenutosi a Roma nel 745, sotto Papa Zaccaria, proibisce di invocare i nomi di Uriel, Raguel, Tofoas, Sabaoth e Simile, dichiarando che questi presunti angeli sono in realtà diavoli. Possono essere legittimamente invocati i nomi di origine biblica, Michele, Gabriele e Raffaele. La stessa sede romana, a volte, a partire dalla fine del VI secolo, veniva definita “angelica”. In questo periodo Papa Leone viene designato con questo termine dal diacono Porfirio durante il Concilio di Calcedonia, e nella corrispondenza dei Vescovi orientali, durante lo scisma di Acacio, spesso si annuncia al Papa l’invio di messaggeri alla sua “sede angelica”.
La spiegazione di quest’aggettivo va senza dubbio rintracciata in una lettera di Remigio di Reims, il quale spiega al suo corrispondente che i Vescovi sono angelici perché sono quegli “angeli delle chiese” di cui si parla nel libro dell’Apocalisse di san Giovanni. Ma nel maggio 519, un Vescovo di Prevalitana, che scriveva al Papa Ormisda come a un “maestro eguale agli angeli per merito”, preannunciava senz’altro l’uso del termine più tardo “coangelico”, di ispirazione greca, che, comparso forse alla fine del VI secolo, fu riservato esclusivamente ai Papi, e che è simboleggiato dalla loro veste bianca.
E’ vero che Attila decise di ritirarsi perchè vide a fianco di Papa Leone I un angelo guerriero che gli intimò di fermarsi?
F.Borgani - incontro fra Leone I e Attila (1614) |
Missione impossibile, probabilmente mortale. Per ricordarlo al Pontefice, vi era l’esempio, non molto vecchio, del Vescovo di Reims, Nicasio, massacrato dagli invasori Vandali che voleva pacificare; era nel 407, ieri, ed i Barbari dell’epoca non erano certo più malvagi degli Unni...
Leone I non si lascia dissuadere dalla sua cerchia, ma, prima di andare incontro ad Attila consacra solennemente la Città a San Michele. E l’incredibile si realizza: Attila si lascia sedurre dal bottino che gli offre il Papa ed accetta di risparmiare Roma. Nella famosa Leggenda Aurea di Jacopo da Varaggine è scritto che quando i due capi si affrontarono sul Mincio, trovatisi l’uno di fronte all’altro, scesero da cavallo per accordarsi. All’improvviso Attila si gettò ai piedi del Pontefice dicendogli di chiedere qualunque cosa volesse. Il Papa lo invitò ad abbandonare l’Italia e di rilasciare i prigionieri. La cosa fu fatta all’istante. Quando poi i guerrieri unni chiesero al loro capo la ragione di quella decisione, Attila rispose di aver visto accanto al Pontefice “un soldato fortissimo, in piedi, con la spada sguainata che diceva: 'se non ubbidisci a quest’uomo, tu e tutti i tuoi morirete'”.
In rendimento di grazie, una chiesa fu innalzata all’arcangelo sulla Via Salaria, all’uscita di Roma, sotto il nome di San Michele e dei Santi angeli (non resta più nulla oggi di San Michele della Via Salaria, salvo la festa della sua dedicazione, il 29 settembre, che era la data di elevazione al pontificato di Leone I e che è divenuta, poi, la festa liturgica di San Michele per tutta la Chiesa universale). Non è che un inizio. Nel 1754 Papa Benedetto XIV lo proclamò Dottore della Chiesa. Leone fu il primo Pontefice che prese il titolo di Magno. Le sue spoglie furono sepolte dapprima nell’atrio di San Pietro e successivamente all’interno.
Cosa può dirci a proposito di Papa Gregorio I, la peste che flagellava Roma e la statua che da allora è in cima a Castel Sant’Angelo?
Secondo la leggenda vi fu un’apparizione dell’arcangelo al Papa San Gregorio Magno che a causa di una grave epidemia di peste che aveva colpito Roma aveva indetto una grande processione penitenziale partita dalla basilica di Santa Maria Maggiore. Una volta arrivati nei pressi del Mausoleo di Adriano, infatti, il Papa avrebbe avuto una visione di San Michele in alto sulla torre nell’atto di rinfoderare la spada, segno che la peste era ormai terminata. Da allora in poi, il culto di san Michele a Roma si svilupperà sempre più e addirittura nelle vicinanze tra il Vaticano e la Mole Adriana, poi ribattezzata Castel Sant’Angelo, saranno erette ben nove chiese e cappelle dedicate al Capo degli angeli.
Anche il beato Giovanni Paolo II era molto devoto degli angeli, non è vero? Può narrarci qualche aneddoto in proposito?
Certamente san Michele, l’angelo protettore del papato, e le schiere angeliche lo custodirono amorosamente nei quasi suoi 27 anni di pontificato, infatti in uno dei suoi libri autobiografici, Giovanni Paolo II confidò: “Ho una particolare devozione per l’Angelo Custode. Sin da bambino, probabilmente come tutti i fanciulli, ho ripetuto tante volte l’invocazione: 'Angelo di Dio, che sei il mio Custode, illumina, custodisci, reggi e governa me'. Il mio Angelo Custode sa che cosa sto facendo. La mia fiducia in lui, nella sua presenza protettrice, si va in me costantemente approfondendo. San Michele, San Gabriele, San Raffaele sono gli Arcangeli che spesso invoco nella preghiera”.
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