Don Didimo Mantiero |
Il Cardinale Joseph Ratzinger parlava di Don Didimo Mantiero come
di “una figura umile e appunto grande proprio nell’umiltà […], che non ha mai
cercato onore e cariche, ma voleva solo servire semplicemente Dio negli uomini
e gli uomini per Dio”. Don Luigi Giussani vedeva nel prete di Bassano del
Grappa “una umanità che dalla familiarità col Signore traeva l’esempio di una
partecipazione appassionata e fedele alla vita dei giovani che incontrava”.
Per questo “sfidando la loro libertà con l’impeto del suo
temperamento e con la forza della sua esperienza […], non si scandalizzava e
non si spaventava di nulla tanto era certo della sua fede”. Marina Corradi,
curando la prefazione ai Diari di Don Didimo, lo paragona al curato d’Ars per
“la tensione all’educazione cristiana”, a Don Giussani per quel “suo vivere
l’amicizia come solo autentico metodo pastorale” e per “la totalità di una fede
che non rinnega proprio nulla della vita concreta, della povera carne”, al Don
Camillo di Guareschi per quel suo “andare a trovare Cristo sull’altare […] in
grande confidenza”.
Tante sono le riflessioni che si potrebbero fare sulla figura di
questo sacerdote, ma, senza dubbio, uno dei modi migliori per conoscerlo è quello
di incontrare i frutti vivi della sua opera: La dieci, Il Comune dei Giovani,
La scuola di Cultura Cattolica.
Don Didimo ha sempre avvertito chiaramente
l’urgenza dell’educazione. Scriveva: “È vero, molta gente scrive e parla della
gioventù, ma lo fa come se si trattasse di una cosa ora utile, ora fastidiosa,
ora dannosa. E intanto la gioventù, quella vera che ci cresce intorno, non ha
più dove posare la testa”. In questo modo, nasce nel 1962 a Bassano del Grappa
il Comune dei Giovani.
Don Didimo ne racconta così la genesi in un testo manoscritto:
“Era dunque finito il tempo di continuare a pensare, di fare viaggi e di
consultare personaggi. Bisognava agire. Il parroco raccolse nel suo studio 15
giovani, studenti, operai e qualche contadino. Scoprì loro il segreto che da
vent’anni portava in cuore e suggerì a tutti di pregare e di riflettere.
«Ritornerete fra 15 giorni – concluse – e ognuno dirà se gli pare che tra noi
si potrà piantare il Comune dei Giovani». Ritornarono convinti che si doveva
fare il Comune. Allora il parroco affidò ad ognuno dei 15 cinque nominativi di
altrettanti giovani, così che sommati ne sarebbe sortita una comunità di 75
persone”. Così si svolgono le prime elezioni l’11 settembre 1962 e nasce il
Comune dei Giovani.
Don Didimo scommette sull’io che deve diventare protagonista della
propria vita e della propria educazione. Scommette sui giovani che sentono
assai vivo il desiderio di felicità, di bellezza, di verità, di amore, di
giustizia. Nella comunione, nella condivisione, nell’amicizia autentica possono
avvenire la crescita e la formazione di ciascuno nella valorizzazione delle
differenze e dei talenti individuali, messe a disposizione di tutti e
dell’Ideale.
“Nella verità” scriveva Don
Didimo nel 1970 “la ragione dell’uomo trova finalmente la propria dimensione,
allora essa si apre. E mentre la verità rende possibile la comunione, la
comunione rende viva la verità. […] Allora la comunione è completa quando le
persone sono riuscite a capire che amore e verità e vita sono la stessa cosa,
che sono infiniti, che sono una Persona, Gesù Cristo, che noi siamo dentro
questa Persona. Allora la comunione tra le persone è veramente la sorgente
della vita, della luce, della ricchezza”.
Per questo l’educazione nel Comune dei Giovani avviene in un
percorso costante e continuo, attraverso il metodo dell’amicizia e della
compagnia, lo stesso metodo (cioè strada) che ha scelto Gesù per condurci al
Padre. Come ha ben evidenziato Papa Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas
est: “All’origine dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una
grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla
vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”.
Non è un
ragionamento, ma un incontro che decide dell’esistenza: un affetto e un
abbraccio, non un discorso o una morale. Bisogna incontrare l’Ideale e poter
camminare insieme rivolti verso di Lui.
Nella società odierna, invece, troppo spesso i giovani hanno
davanti ai loro occhi molti idoli, che mostrano non la verità e la bellezza, ma
se stessi come risposta al bisogno e alle domande dell’uomo. Gli idoli non sono
compagnia nel cammino dell’esistenza. Se lo fossero, mostrerebbero tutta la
loro inconsistenza. Gli idoli sembrano affascinare per la loro presunta
autonomia, per l’autosufficienza, come se fossero in grado di darsi la felicità
da soli. L’uomo autentico, però, il giovane come l’adulto, percepisce che non
ha bisogno di idoli, ma di maestri.
Nella proposta educativa di don Didimo, incentrata sui cardini
della formazione, della preghiera e della responsabilità, ogni particolare
dell’esistenza, dalla vita quotidiana alla cultura, dalla politica allo sport,
dalla scuola e dal lavoro al tempo libero, viene così vissuto alla luce
dell’incontro fatto e dell’esperienza vissuta. La vita tutta così diventa
affascinante, un’avventura in cui ciascuno di noi è protagonista o
“avventuriero”, se vogliamo usare le parole di Chesterton.
Per questo condivido pienamente quanto scriveva il Cardinale
Ratzinger: “Al fascino e alla vitalità di queste associazioni potrà
difficilmente sottrarsi chi le incontra. Qui non c’è nulla di stravagante,
nulla di forzato, nessun accanimento ideologico; qui c’è la gioia cristiana e
dalla gioia e dalla forza del vangelo deriva l’impegno umano”.
E mi unisco
all’auspicio di Ratzinger: “Spero che […] l’eredità spirituale di questo
sacerdote possa divenire efficace di gran lunga al di là di Bassano del
Grappa”.
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