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Il vivere diverso, la novità di vita, consiste nel fatto che un uomo persegue in tutto il suo destino: persegue in tutto Cristo, il suo destino. Avendolo riconosciuto, persegue in tutto il suo destino.
Centinaia di migliaia, milioni di persone hanno vissuto così, e hanno creato una nuova civiltà. Perseguire in tutto il destino: «Sia che mangiate, sia che beviate». Il monastero di Cluny - dico Cluny come esempio -, con tutte le centinaia di donne e di uomini che c’erano dentro, era forse un ambito a stento sopportabile, arido, senza significato, per nulla emotivo? Per quegli uomini e donne era la fonte emotivamente più ricca. E quando ascoltiamo i brani di Ildegarda di Bingen, ascoltiamo parole e musica di una donna che era chiusa fra quattro mura e, se prestiamo attenzione, diciamo con meraviglia: «Altro che civiltà, la nostra: è inciviltà la nostra, rispetto a quella!». Perché civile non è la scoperta di meccanismi nuovi, particolarmente adatti ad andare sulla Luna o anche su Marte, oppure a cavarsi non solo il pelo della barba, ma anche la radice, così che per tre giorni uno non si fa la barba… La civiltà non è questa. La civiltà è al di là del meccanismo. Quando uno dice “io” o “tu”, non dice un meccanismo. Ciò che possiede tutti i meccanismi che abbiamo addosso, non è meccanismo. L’uomo che incontra Gesù, gli dice di sì e lo segue penetrando in questo rapporto, diventa un nuovo essere, acquista un modo diverso di guardare, di conoscere, di giudicare, di affrontare la realtà, di fare; acquista un nuovo amore per tutto ciò che è. «Tutti voi che siete stati battezzati vi siete immedesimati con Cristo: non esiste più né giudeo, né greco, né schiavo, né libero, né uomo, né donna, ma tutti voi siete una sola persona in Cristo». È questo popolo che crea la storia. Per questo il filosofo McIntyre scrive: «Un punto di svolta decisivo in quella storia più antica si ebbe quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l’imperium romano e smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la conservazione di tale imperium. Il compito che invece si prefissero (spesso senza rendersi conto pienamente di ciò che stavano facendo) fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la morale avessero la possibilità di sopravvivere all’epoca incipiente di barbarie» (Dopo la virtù. Saggio di teoria morale, 1993).
La civiltà è tale nella misura in cui esalta la persona secondo la totalità dei suoi fattori, la segue nel suo cammino al riconoscimento e all’espressione di sé, e fa della società una famiglia, un luogo familiare, un popolo. Mentre adesso non c’è più popolo, non c’è più casa, non c’è più famiglia, non c’è più persona. Così, nella mentalità moderna, il sentimento ridotto a sentimentalismo prevale sulla ragione; meglio, il sentimento prevale sul cuore, tanto che il cuore è identificato col sentimento. Perciò il sentimentalismo opera un dissolvimento di tutto, di ogni concordia, di ogni coesione, di ogni organismo, di ogni organizzazione. Invece, per chi vive fino in fondo la ragione, ogni creatura, piccola o grande che sia, è riflesso dell’Eterno. Allora è abolita l’estraneità e nasce un innamoramento più grande che neanche quello di un uomo e di una donna. E quando è rivolto verso Cristo, questo innamoramento assume il calore di certe note di canto, in cui si percepisce che non è parola né proclamazione formale. È proprio l’amore: amore a Lui.
Questa è la vittoria che vince il mondo: la fede, riconoscere questa Presenza. Ciò era riconosciuto, con una sensibilità e una intensità che ci è nota da tutti i suoi canti, dall’abbadessa Ildegarda di Bingen. Si chiama Chiesa il luogo dove l’umanità riprende vita per la passione di Cristo. La Chiesa è questo luogo che, come dice il canto Ave generosa, vibra, riluce di gioia.
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Che lo Spirito Santo illumini la tua mente e che Dio ti ricolmi di ogni grazia, spirituale e materiale, e la speciale benedizione materna di Maria scenda su di te..