Propongo all'attenzione dei lettori l'ultimo editoriale di SamizdatOnLine:
Molti sono convinti che la vita di una creatura conti solo se è una “scelta cosciente”, un atto dovuto, altrimenti diventa una costrizione, un “un dovere morale” e spetti alle donne, in nome del valore supremo della difesa della propria libertà, decidere della sorte di quel figlio che s’è “annidato” nel loro ventre.
Le cose di fatto sono più semplici: un figlio è un figlio, cercato, capitato, è un essere indifeso che ha bisogno d’essere custodito.
L'inizio della Quaresima ci invita a chiedere perdono .. SamizdatOnLine
LETTERA A UN BAMBINO MAI NATO
Su Il Giornale del 7 febbraio è stata pubblicata questa lettera appello:
"Buongiorno, mi chiamo Marco e ho 37 anni. Vi scrivo perché sono disperato. Tra una settimana la mia compagna farà un'interruzione di gravidanza. Non permetterà a nostro figlio di venire al mondo. La cosa sconvolgente è che su quel figlio abbiamo fantasticato. .. non è stato un incidente. L’altra cosa sconvolgente è che tra noi andava tutto benissimo e non è accaduto niente che potesse rovinare il nostro rapporto. Semplicemente da un giorno all'altro non ho più trovato di fronte la stessa persona. Premetto che la nostra è una relazione molto giovane e vissuta in gran parte in clandestinità , ma poi era diventata finalmente libera. (…) Quando una donna vuol mettere al mondo un figlio senza il supporto del padre, è donna-coraggio, mentre l'uomo è solo un poveraccio con desiderio di paternità. Non desidero altro che prendermi la responsabilità di qualcosa che abbiamo fatto in due e i cui frutti non sono un oggetto fastidioso di cui liberarsi al più presto ma una nuova vita. (…) "
Qualche tempo dopo Marco dava notizia che l’interruzione di gravidanza era stata eseguita.
Qualcuno ha preso le difese di Marco a cui veniva impedito di diventare padre, altri della sua compagna, libera di decidere di non diventare madre. Io ho pensato che se proprio qualcuno si doveva difendere era il “terzo incomodo”, quel figlio “fantasticato” concepito e rinnegato.
Caro piccolo e fragile figlio. Non ti ha ucciso l’indigenza dei tuoi genitori, né la loro giovane sventatezza, né la solitudine di una donna abbandonata, né l’arroganza di un uomo che non voleva fare il padre. Nessuno di noi sa davvero quale sentimento sia stato più forte della vita.
Un figlio fa sempre un po’ paura, un figlio cambia la vita, certo, ma non è detto la cambi in peggio, perché un figlio è il nostro sguardo sul domani, cambia il nostro modo di vedere le cose quotidiane, le vacanze, la domenica, la sera, cambia il nostro rapporto con i soldi, un figlio dice di che pasta siamo fatti, misura la nostra pazienza, la nostra tenerezza, la nostra disponibilità . Un figlio dice se due si amano in modo da saper guardare a un altro.
Caro piccolo e fragile figlio, questa storia, non è solo la storia di una “guerra” dove a perdere sei stato tu, l’innocente, in questa storia non ci sono vincitori, ma solo vinti.
Questa storia dice che a perdere siamo anche noi. Noi che crediamo che la libertà consista nel poter scegliere, che la vita possa essere messa nelle mani di un sentimentalismo “me la sento” o “non me la sento” di dire un “si”, che assumersi delle responsabilità sia un modo di fare un po’ antiquato.
Qui bisogna ricominciare dal principio. Ricominciare a dire cos’è l’amore, cosa vuol dire scegliersi per la vita, per un compito, per un destino. Se l’amore non è volere il bene dell’altro, se un figlio non è il frutto di un amore ma solo un desiderio pur bello, un progetto, un calcolo, finisce che a volte diventi un “incauto acquisto”, una scelta sbagliata, un errore di programmazione.
Caro piccolo e fragile figlio, a te e agli altri come te chiediamo perdono.
Siamo adulti fragili e smarriti. Amiamo più l’amore dell’amato, vogliamo vivere insieme ma lasciando la porta aperta alla fuga, troviamo il matrimonio un inutile gesto burocratico, e anche quando decidiamo di sposarci in Chiesa lo facciamo con la speranza che “ci vada bene”, affidando più al fato che a Dio la nostra unione. Recitiamo con voce commossa la formula “Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita” senza capire fino in fondo, che si tratta di un impegno per la vita, che comporta anche un lavoro, perché la vita ci cambia.
Se si educa più con quello che si fa che con quello che si dice, piccolo e fragile figlio non nato, non possiamo non interrogarci: a cosa educhiamo i giovani, gli uomini di domani che ci guardano vivere? Ti chiediamo perdono, per la nostra smemoratezza, per la nostra tiepidezza nel testimoniare l’amore alla vita, l’importanza della famiglia, la certezza di un domani buono perché non lo abbiamo deciso noi.
Nella speranza che il tuo sacrificio serva a cambiare il nostro cuore, prima di tutti il mio.
Anerella socio di SamizdatOnLine
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Tra le braccia di Molly Malone
1 mese fa
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Che lo Spirito Santo illumini la tua mente e che Dio ti ricolmi di ogni grazia, spirituale e materiale, e la speciale benedizione materna di Maria scenda su di te..