Un dono inestimabile per la Chiesa e il mondo: così Benedetto XVI ha definito la vita di Madre Teresa nel suo messaggio di “partecipazione spirituale” all’inizio dell’Anno speciale per il centenario della nascita della beata di Calcutta.
Ad AsiaNews noi temiamo però che questo “dono inestimabile” rischia di non essere valorizzato a pieno né dal mondo, né dalla Chiesa. Già i (pochi) resoconti sul centenario pubblicati dai media tendono a sottolineare in prevalenza l’aspetto sentimentale del ricordo di questa donna, che ha vissuto fra le fogne di Calcutta e i palazzi di principesse e capi di Stato. Agli occhi di molti – forse anche cristiani - la sua generosità appare immotivata, ammirevole, ma impossibile da imitare; i suoi metodi di affronto della povertà e della malattia sorpassati e anzi controindicati.
Insomma il ricordo di Madre Teresa è come quello di nostra nonna, una specie di favola bella, che ci ridà il gusto di un’infanzia perduta, delle speranze degli anni ’80 quando sembrava che il mondo potesse cambiare per il suo eroismo. Ma proprio questo eroismo, a noi emancipati e scientifici del XXI secolo ci sembra ormai sorpassato.
E invece no.
Le proposte vissute da Madre Teresa sono una buona soluzione anche alle crisi del mondo contemporaneo. La madre di Calcutta ha curato malati terminali, lebbrosi, tubercolotici, di Aids (la prima a prenderseli in casa, mentre nel mondo li si isolava). Ciò è avvenuto non per uno slancio irrazionale, ma con un amore che univa scienza e sapienza.
Ancora oggi le missionarie della Carità studiano medicina, infermieristica, gli ultimi ritrovati della medicina, ma sanno offrire tutte queste cure trattando il malato come persona e non come oggetto o un peso.
L’impegno di Madre Teresa a combattere l’aborto con le adozioni gli ha attirato le ire di molti, anche in organismi internazionali che dovrebbero proteggere la madre e l’infanzia. La Madre è stata spesso accusata di “viziare i poveri”, lasciando senza freni (abortivi) la crescita della popolazione. Mi chiedo se non è però più realista la posizione di Madre Teresa, che si affida alle adozioni e ai metodi naturali, senza ammazzare nessuno, piuttosto che la posizione di quei medici che da una parte praticano l’aborto e dall’altra “viziano i ricchi” usando la medicina per maternità in tarda età, o scegliendo per la fecondazione i cromosomi migliori come al mercato.
D’altra parte, ai vari responsabili che si occupavano della povertà “in generale”, dai loro uffici e organizzazioni – anche cattoliche – Madre Teresa ha sempre detto: “Venite a toccare i poveri”. E questa esperienza diretta è il miglior bagaglio per l’uso della scienza e della sociologia.
Vale la pena citare qui anche il suo impegno per la pace vivendo sulle frontiere del Libano, dell’Iraq, dell’Azerbaijan. O la sua speciale “teologia della liberazione” che invece di programmare il bene per il futuro, dava ai poveri subito, oggi, dignità e nutrimento. E ha insegnato a tutti che la persona bisognosa davanti a me è più importante del mio progetto, anche il più intelligente.
È importante citare un ultimo aspetto: quello di fare le cose “per Gesù”. Per noi cattolici che rischiamo di assorbire l’aria “post-cristiana” del mondo, vi è il forte rischio di ridurre la fede a piccoli valori borghesi, ad alleanze politiche, a ricerche di potere (“a fin di bene”, naturalmente!).
Con i suoi rosari, adorazioni e messe, Madre Teresa ci ha insegnato che tutte le attività nascono dalla gratitudine a Gesù Cristo.
E questo amore solo - non un’emozione momentanea - spinge a offrire la vita per sempre nella gioia.
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