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Questo blog è uno spazio per aiutarsi a riprendere a pensare da cattolici, alla luce della vera fede e della sana dottrina, cosa che la società moderna sta completamente trascurando se non perseguitando. Un aiuto (in primo luogo a me stesso) a restare sulla retta via e a continuare a camminare verso Gesù Cristo, Via Verità e Vita.
Ogni suggerimento e/o contributo in questa direzione è ben gradito.
Affido allo Spirito Santo di Dio, a Maria Santissima, al Sacro Cuore di Gesù e a San Michele Arcangelo questo lavoro di testimonianza e apostolato.
Un caro saluto a tutti e un sentito ringraziamento a chi vorrà contribuire in qualunque modo a questa piccola opera.

S. Giovanni Paolo II

Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata... Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità di distruggere la vita non nata...Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio... Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio viene abbandonata all'egoismo umano... e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale... Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell'individuo ma anche per quello della società... Ci alzeremo quando la libertà viene usata per dominare i deboli, per dissipare le risorse naturali e l'energia e per negare i bisogni fondamentali alle persone e reclameremo giustizia... Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto.

martedì 8 maggio 2012

La politica non salva (Contributi 632)

Un articolo di Pigi Colognesi da Il Sussidiario 

Anno Domini 452. L’impero romano d’Occidente, ufficialmente cristiano, ha da poco subito lo shock della devastazione di Roma a opera dei Visigoti di Alarico e ora si trova di fronte al pericolo ben più grave dell’immane esercito di Attila, gran khan degli Unni. Egli ha saccheggiato gran parte delle terre germaniche e della Gallia. 
In verità due città sono sfuggite alla devastazione delle sue orde: Parigi e Orléans. 
La prima è stata salvata dalla preghiera di una monaca: santa Genoveffa. È lei che ha sostenuto i parigini durante l’assedio e li ha incitati alla preghiera fiduciosa. Sembra che il capo unno abbia risparmiato la città per qualche segno malaugurate che ha colpito la sua vivace superstizione, ma per tutti gli abitanti della città sulla Senna è stata l’invincibile speranza di Genoveffa a fermare i barbari. 
A Orléans è ancora un santo, Aniano, il vescovo della città, il protagonista: organizza la resistenza e invita a non cedere. Gli Unni alla fine, per il sopraggiungere dell’esercito romano, devono ritirarsi. Poco dopo vengono sconfitti dalle truppe del generalissimo romano Ezio nella battaglia dei Campi Catalaunici. Ma è una sconfitta non definitiva. Ben presto si riorganizzano e puntano sull’Italia, al cuore dell’impero. Distruggono Aquileia e decine di altre città e si avviano senza incontrare rilevanti ostacoli verso Roma. I romani sono terrorizzati: la fine della civiltà cristiana sembra imminente. 
Mentre il popolo prega nelle chiese, i nobili sfoderano il loro presunto realismo: «La religione è bella e buona in tempo di pace, quando tutto procede liscio. Ma in tempi di guerra si deve guardare in faccia alla realtà» dice uno di loro nel romanzo storico di Louis de Vohl Attila, appena pubblicato. È il solito pragmatismo dei fortunati, di quelli che scambiano il realismo con la difesa dei propri interessi e il cristianesimo con una favola che va bene solo fino a quando la realtà non morde con la sua difficile concretezza. 
Ma anche a Roma c’è un santo e un grande - sarà chiamato magno - santo: papa Leone. Non ha da opporre ad Attila la forza delle armi, né l’intelligente furbizia della diplomazia o il disincantato scetticismo di chi si arrende. Ha una sicurezza che poggia su una solidità indipendente dai successi immediati o dalla riuscita delle realizzazioni storiche. 
È questo il cuore del suo dialogo con lo scoraggiato imperatore Valentiniano III. Il pavido sovrano pensa che non ci sia nulla da fare contro Attila e ritiene che stia per finire la civiltà romana e, con essa, la Chiesa. 
Ma Leone gli obietta: «Le civiltà vanno e vengono. La Chiesa resta. Se anche Roma venisse rasa al suolo, e, del pari, tutte le città e i villaggi d’Italia, e l’impero stesso, nemmeno allora la Chiesa perirebbe. Nulla di più falso che credere che Chiesa e impero siano congiunti per la vita a per la morte. So che tutti gli imperi della storia sono opera dell’uomo, e quindi perituri come l’uomo; tutti periscono, prima o poi, e ogni volta è la fine di una civiltà, la fine di uno stile di vita, di questa o quella egemonia politica. Cristo è morto per tutta l’umanità, e il nostro dovere è quello di istruire tutti i popoli». 
In base a questo autentico realismo Leone trova il coraggio di affrontare personalmente Attila. Non sappiamo come si sia storicamente svolto il colloquio; sta di fatto che dopo aver parlato col vecchio vescovo di Roma Attila ha levato le tende ed è tornato nelle sue terre. 
Morirà l’anno successivo e il suo gigantesco impero si sfalderà immediatamente. Il realismo di Leone invece durerà e arriverà - carico di insegnamento - a noi oggi.
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