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Questo blog è uno spazio per aiutarsi a riprendere a pensare da cattolici, alla luce della vera fede e della sana dottrina, cosa che la società moderna sta completamente trascurando se non perseguitando. Un aiuto (in primo luogo a me stesso) a restare sulla retta via e a continuare a camminare verso Gesù Cristo, Via Verità e Vita.
Ogni suggerimento e/o contributo in questa direzione è ben gradito.
Affido allo Spirito Santo di Dio, a Maria Santissima, al Sacro Cuore di Gesù e a San Michele Arcangelo questo lavoro di testimonianza e apostolato.
Un caro saluto a tutti e un sentito ringraziamento a chi vorrà contribuire in qualunque modo a questa piccola opera.

S. Giovanni Paolo II

Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata... Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità di distruggere la vita non nata...Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio... Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio viene abbandonata all'egoismo umano... e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale... Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell'individuo ma anche per quello della società... Ci alzeremo quando la libertà viene usata per dominare i deboli, per dissipare le risorse naturali e l'energia e per negare i bisogni fondamentali alle persone e reclameremo giustizia... Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto.

lunedì 25 ottobre 2010

I minatori e le stelle (Contributi 391)

Non si tratta di un errore, l'articolo che vi propongo è tratto proprio da Il Sussidiario di oggi...

Lo so molto bene che non è giornalisticamente corretto mettersi a commentare una notizia che è vecchia già di due settimane. Ma lo faccio lo stesso, perché mi sembra proprio il caso di non cedere alla consumazione da fast food delle notizie.
Per quale ragione una cosa capitata due settimane fa deve per forza finire nella pattumiera, insieme alle bucce dei frutti mangiati, o nel cestino dei fogli scarabocchiati? Sarà pure possibile che ci siano fatti sui quali uno ritorna con la memoria, perché hanno ancora una grande ricchezza d’insegnamento.
Anzi, nel turbine degli accadimenti, le cose più care sono proprio quelle su cui ci si può continuamente attardare, che si possono continuamente guardare, senza neanche troppo la preoccupazione di “commentarle”. Così è dell’avventura dei trentatre minatori cileni estratti dalle viscere della terra dopo che li si era creduti morti e dopo che per settanta giorni si è cercato, alla fine con successo, di estrarli incolumi, superando uno strato di terra e roccia di oltre seicento metri.
I commenti ci sono stati, abbondanti, spesso profondi e azzeccati. Si è parlato di vittoria della speranza e della combattiva tenacia che si oppone alla crudeltà della natura, e all’incuria degli uomini. Si è parlato della fede che ha sorretto i minatori e che la preghiera di migliaia di persone ha quotidianamente alimentato.
Si è acutamente proposta le metafora della ri-nascita, del nuovo venire alla luce di questi uomini che sembravano imprigionati nel ventre oscuro della terra. O quella della guarigione, che altro non è che il divincolarsi da una materia ostile e soffocante per tornare a respirare a pieni polmoni l’aria della salubrità. E poi l’accento sull’attesa dei parenti: il volto del bambino che, col suo caschetto bianco, aspetta il papà, quelli della moglie agitata o dei genitori sfiniti.
Non voglio aggiungere altre immagini. Mi chiedo soltanto come mai questa notizia sia stata per me - e penso per molti - così coinvolgente da arrivare alla commozione. Credo che sia perché abbiamo visto che non c’è abisso buio e soffocante dal quale non si possa risalire. Sappiamo bene che l’abisso esiste.
Lo sappiamo negli strani momenti in cui dentro, in fondo, qualcosa improvvisamente cede, come la falda di una miniera, e la luce che sembrava inestinguibile di colpo o lentamente s’affievolisce, soffoca per mancanza d’aria.
Lo sappiamo quando buttiamo lo sguardo su certi dolori del presente o del passato, o quando lo stesso giornale che ci dà la notizia dei minatori ci sbatte in faccia il delitto assurdo per una coda alla biglietteria del metro o per un cane sfuggito dal guinzaglio e investito da un taxista. In questi momenti verrebbe da dire che il profondo dell’uomo è una miniera buia da cui è impossibile risalire.
Ma loro - lo abbiamo visto - sono risaliti. Il profondo non è un abisso di oscurità, ma il luogo dove abita, comunque, un’umanità che vuole accanitamente vivere, tornare a galla, respirare.
L’umanità di noi, minatori della vita, che dopo tutti gli attraversamenti pericolosi e difficili, dopo il buio più infernale, vogliamo uscire «a riveder le stelle».
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