Io lo faccio spesso riprendendo articoli che leggo da varie parti.
In questo caso è un post che ho letto su un blog amico e che,invece che copiare di sana pianta ho letto, meditato e cercato di riportare con parole mie.
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Credo che il motivo principale che ci fa muovere ed operare nella vita sia una “logica di convenienza”. Uno fa una determinata scelta piuttosto che un’altra perché ritiene sia più conveniente per la sua persona. E questo avviene anche per la fede, per il credere in Dio oppure no.
Uno sceglie di rimanere nella compagnia di Dio perché sperimenta che questo è conveniente per lui.
Ma a volte è come se si avesse l’impressione che sia poco conveniente essere buoni, che agli altri (i “cattivi”) vada meglio.
Ma non è così !
Il punto è che è bene avere le ragioni per credere ed amare Gesù. Per stare dalla Sua parte. E questo aiuta a vincere l’apparenza della sconfitta.
Non serve a nulla essere apparentemente bravi, frequentare chiesa e sacramenti ma con il dubbio lacerante che gli “altri” se la godano di più. Ed un po’ invidiandoli.
Un po’ come il fratello maggiore del figlio prodigo, quello che era rimasto a casa a “fare il bravo” ed ammazzandosi di lavoro nella fattoria paterna. Ma con un crescente mal di fegato per non potersi (o volersi) godere la vita. Infatti non appena il fratello minore torna a casa pentito e viene riaccolto dal Padre scatta la reazione “a lui che ha sperperato i tuoi beni il vitello grasso e a me manco un capretto….”
E il Padre gli risponde in pratica “bastava lo chiedessi” perché “quello che è mio è tuo”.
Dio è un Padre, non un padrone o un tiranno.
Vuole la nostra felicità.
I comandamenti non sono lacci per castrare la nostra umanità, ma suggerimenti per farla fiorire.
Come dice il Deuteronomio al cap. 5 “se avessero sempre un tal cuore, da temermi e da osservare tutti i miei comandi, per essere felici loro e i loro figli per sempre”.
Ma se non si è convinti, persuasi, che seguire Gesù sia conveniente, se lo si fa senza ragioni, se si è buoni ma tristi, è quasi meglio essere cattivi.
Perché vuol dire che non si percepisce l’amore del Padre!
Il figlio prodigo ha capito, dopo essersene andato e aver dissipato, che nella casa del Padre poteva essere, comunque fosse, più felice e amato, che tornare e seguire e servire quel Padre da cui era fuggito era conveniente per lui, per la sua umanità; è tornato a casa pensando di essere servo ed è stato accolto come figlio.
Il fratello maggiore era sì rimasto nella casa paterna, ma scontento e senza ragioni. Non aveva riconosciuto appieno il Padre, infatti non si attentava neanche di chiedere un capretto per far festa.
Bisogna, nella vita, decidere se essere caldi o freddi, se amare Dio o rinnegarlo.
I tiepidi non servono a nulla !
Se riconosco che Dio è Dio, allora mi devo comportare di conseguenza, non ci si può fermare a metà del guado o volgersi indietro avendo abbracciato l’aratro.
Per cui decidersi o con amore e letizia dalla parte di Dio oppure nello schieramento opposto.
Ma se si sceglie per questa seconda ipotesi andate fino in fondo per verificare se seguire fino in fondo ciò che piace renda pienamente felici. Con l’augurio (e la preghiera) che possa capitare, quando ci si è ridotti a pascolare maiali sognando di mangiare carrube, di comprendere che è molto meglio seguire il proprio Padre che il proprio istinto.
Non servono a nulla credenti (o pseudo tali) tristi che sono inutili a se stessi e agli altri.
Se non si capisce che essere buoni (= amare Dio e i fratelli) è un guadagno in primo luogo per noi non si può essere liberi e lieti nella propria bontà.
Né rendere ragione della propria fede.
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