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Questo blog è uno spazio per aiutarsi a riprendere a pensare da cattolici, alla luce della vera fede e della sana dottrina, cosa che la società moderna sta completamente trascurando se non perseguitando. Un aiuto (in primo luogo a me stesso) a restare sulla retta via e a continuare a camminare verso Gesù Cristo, Via Verità e Vita.
Ogni suggerimento e/o contributo in questa direzione è ben gradito.
Affido allo Spirito Santo di Dio, a Maria Santissima, al Sacro Cuore di Gesù e a San Michele Arcangelo questo lavoro di testimonianza e apostolato.
Un caro saluto a tutti e un sentito ringraziamento a chi vorrà contribuire in qualunque modo a questa piccola opera.

S. Giovanni Paolo II

Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata... Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità di distruggere la vita non nata...Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio... Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio viene abbandonata all'egoismo umano... e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale... Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell'individuo ma anche per quello della società... Ci alzeremo quando la libertà viene usata per dominare i deboli, per dissipare le risorse naturali e l'energia e per negare i bisogni fondamentali alle persone e reclameremo giustizia... Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto.

domenica 30 maggio 2010

Dio aiuti il Papa a convertire i vescovi (Contributi 309)

Riporto dal suo blog l'ultimo articolo di Antonio Socci:

La Chiesa è una cosa troppo importante (e troppo preziosa) per essere lasciata a preti, vescovi e prelati. Ci pensavo partecipando a una recente puntata di “Annozero” dove si parlava degli scandali della pedofilia (del clero) e un vescovo, mandato dalla Cei, ha fatto, poveretto, una figura desolante.

Non ha saputo rispondere alle domande più ovvie, appariva palesemente impreparato quando si trattava di difendere il papa e la Chiesa da accuse ingiuste, e non ha saputo dire parole cristiane a chi è stato vittima di abusi. Eppure gli bastava ripetere sinceramente le cose grandi e umili che ha detto Benedetto XVI.
Ma non voglio colpevolizzare il povero monsignore di Palestrina, fin troppo biasimato in questi giorni dai suoi confratelli che lo hanno mandato allo sbaraglio e che lì, nella fossa dei leoni, ha pensato di cavarsela distribuendo maldestre risate.
Non sono abituati, molti di loro, a esporre la faccia alle cannonate. Hanno vissuto sempre in sacrestia e non hanno mai rischiato qualche sprangata per annunciare Gesù Cristo. Non sanno dare ragioni.
Ma quel che è peggio pochi – fra i prelati – sembrano voler capire quello che il Papa sta dicendo, sta facendo e sta chiedendo. Molti sembrano intenzionati a far finta di nulla. Ignorando questa sua rivoluzione pericolosa per le loro poltrone e le loro ambizioni.
Dunque (lo dico da cattolico, da militante cattolico che è pronto a dare anche la vita per Gesù Cristo e per la Chiesa) non lasciamo la Chiesa nelle mani di una gerarchia oggi largamente inadeguata al momento grande e drammatico che viviamo.
Non è un caso che Benedetto XVI abbia messo la Chiesa nelle mani della Madonna a Fatima e che in un precedente viaggio in Australia abbia chiesto ai laici, al popolo cristiano, di aiutarlo a estirpare dalla Chiesa il cancro marcio della pedofilia del clero e degli abusi sessuali.
Che non sono un dramma a sé, ma sono la punta dell’iceberg di uno smarrimento generale, di un peccato che comprende tante altre cose. Come quell’ “abuso di autorità” e quel “carrierismo” che il Papa ha denunciato il 26 maggio scorso e che storicamente (anche nei nostri tempi) ha caratterizzato notevole parte della gerarchia.


Rivoluzione
E’ una vera rivoluzione quella che Ratzinger sta cercando di fare. Una declericalizzazione che vuole far risplendere la bellezza del volto di Gesù.
Oggi più che mai perciò è necessario aiutare il Papa che quasi ogni giorno tuona, chiedendo ai prelati e ai preti “penitenza e purificazione”, sottolineando la necessità di sradicare il “carrierismo” e ripetendo “la necessità della giustizia” per le vittime che hanno subito violenze da preti.
Si tratta di aiutare il Papa perché nella Curia romana e fra i vescovi non sembra di vedere schiere di penitenti vestiti di sacco con la cenere sulla testa. O almeno disposti a mettere in discussione seriamente se stessi e le proprie “ambizioni”.
Fra le poche eccezioni c’è il cardinale Bagnasco che nella sua prolusione alla Cei di tre giorni fa ha avuto il coraggio di mettere il dito nella piaga.
E ieri (28/5, ndr) , dopo l’ennesimo richiamo del Santo Padre, ha osato affermare che in Italia vi è “la possibilità” che ci siano state coperture anche di qualche vescovo su casi di abusi sessuali commessi da sacerdoti. “Si tratta – ha detto – di una cosa sbagliata, che va corretta e superata”.
Il linguaggio ovattato e curiale può dar fastidio. Ma la prudenza stessa di questo inedito pronunciamento fa capire quanto forte sia la resistenza a questo umile riconoscimento.
E a questa sacrosanta necessità di fare giustizia. Che, fra l’altro, è il solo atteggiamento che rende poi credibili nel difendere altri preti che magari sono stati calunniati ingiustamente.
Ovviamente adesso si aspettano i fatti. Dovranno essere i vescovi a mostrare cosa significa seguire il papa e a chi si riferisce Bagnasco. Nell’attesa – che ci si augura breve – ci si può cimentare però con i casi già noti. Come quello di Firenze su cui un pronunciamento – e durissimo – della Santa Sede, che ha ridotto allo stato laicale quel personaggio, don Cantini, c’è già.


Scandalo fiorentino
Pronunciamento, arrivato nel 2008, che è anche un pesante giudizio su come ha agito la Curia fiorentina almeno dal 2004.
Eppure non risulta che vi sia mai stato – anche dopo la sentenza di Roma – un umile riconoscimento della propria inadeguatezza (per così dire, con un eufemismo) da parte del cardinale Antonelli che se n’è andato per limiti di età, mentre il vescovo ausiliario Maniago è ancora – incredibilmente – al suo posto.
Non risulta che la Curia di Firenze – le cui gerarchie hanno ripetutamente solidarizzato con se stesse – abbia mai chiesto ufficialmente e solennemente “perdono” alle vittime per quello che hanno subito da un prete.
Vittime che peraltro mostrano una coscienza cristiana commovente: per la loro sconvolgente capacità di perdono e per aver continuato a chiedere provvedimenti seri alla Chiesa come si fa con una madre, senza mai intentare cause civili miliardarie, come è stato fatto in altri Paesi.
Dobbiamo forse sospettare che sia proprio questa loro bontà ad aver provocato la sordità di coloro che dovevano intervenire subito? Si aspettano risposte serie.
Ma ora occorre dar seguito a ciò che Roma ha decretato, chiedendo oltretutto di aver cura materna delle vittime, che invece sembrano ancora essere considerate “nemiche”.
Occorre un grande atto di umiltà. Vorremmo vedere vescovi e cardinali capaci di gesti che la cristianità dei secoli passati sapeva fare (magari anche facendosi da parte: andando a servire in un lebbrosario del Terzo Mondo).
Vorremmo vederli piangere con chi piange, come il Papa a Malta, e inginocchiarsi davanti a coloro che, da bambini, subirono un orrore che portano ancora addosso e che vanno riconosciuti finalmente come il vero volto di Cristo crocifisso e non come nemici.
E’ stato il papa stesso, a Fatima, a dire che le loro sofferenze rappresentano la peggior persecuzione subita dalla Chiesa.


Il Re in ginocchio
Sarebbe bello che questa purificazione penitenziale cominciasse proprio da Firenze, una città di cui Gesù Cristo è stato dichiarato Re, dal Comune, molti secoli fa.
Perché lui, Gesù, il Nazareno, espresse la sua “regalità” proprio così: inginocchiandosi davanti a quei dodici esseri umani che aveva davanti, cioè davanti a ognuno di noi, indegnissimi peccatori. Inginocchiandosi – Lui, il Re dell’universo – davanti a ognuno di noi e lavando a ciascuno i piedi, come – a quel tempo – facevano gli schiavi.
Gesù comandò di essere come il Figlio di Dio “che non è venuto per farsi servire, ma per servire”.
Non è un’esagerazione evocare questo sconvolgente passo del Vangelo perché è stato il Papa stesso, nel discorso del 26 maggio, a citarlo per ribaltare il concetto di “gerarchia” e per rivoluzionare la Chiesa purificandola e rinnovandola.
“Gerarchia”, ha detto il Papa, in genere viene inteso in senso giuridico, come potere e questo – ha detto – è stato “storicamente causato da abusi di autorità e da carrierismo, che sono appunto abusi e non derivano dall’essere stesso dell’autorità gerarchica”.
Il suo significato vero sta proprio in quel gesto di Gesù, nel “servire”. Preti, vescovi, cardinali dovrebbero cominciare a concepirsi come “servi”, non come padroni della fede e della Chiesa.
Il Papa e noi, popolo cristiano, li vorremmo finalmente umili, distaccati da ambizioni, soldi e potere.
Capaci di riconoscere i propri errori e di chiedere perdono. Uomini che puntano alla santità – come ha ripetuto il Papa – non a conservare o conquistare una miserabile poltrona, la cui sciocca gloria dura un attimo e poi è divorata dalle tarme.
Come diceva il grande Tommaso Moro: “è già un pessimo affare dare la propria anima per il mondo intero, figurarsi per la Cornovaglia…”
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