Benvenuti

Questo blog è uno spazio per aiutarsi a riprendere a pensare da cattolici, alla luce della vera fede e della sana dottrina, cosa che la società moderna sta completamente trascurando se non perseguitando. Un aiuto (in primo luogo a me stesso) a restare sulla retta via e a continuare a camminare verso Gesù Cristo, Via Verità e Vita.
Ogni suggerimento e/o contributo in questa direzione è ben gradito.
Affido allo Spirito Santo di Dio, a Maria Santissima, al Sacro Cuore di Gesù e a San Michele Arcangelo questo lavoro di testimonianza e apostolato.
Un caro saluto a tutti e un sentito ringraziamento a chi vorrà contribuire in qualunque modo a questa piccola opera.

S. Giovanni Paolo II

Ci alzeremo in piedi ogni volta che la vita umana viene minacciata... Ci alzeremo ogni volta che la sacralità della vita viene attaccata prima della nascita. Ci alzeremo e proclameremo che nessuno ha l'autorità di distruggere la vita non nata...Ci alzeremo quando un bambino viene visto come un peso o solo come un mezzo per soddisfare un'emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile di Dio... Ci alzeremo quando l'istituzione del matrimonio viene abbandonata all'egoismo umano... e affermeremo l'indissolubilità del vincolo coniugale... Ci alzeremo quando il valore della famiglia è minacciato dalle pressioni sociali ed economiche...e riaffermeremo che la famiglia è necessaria non solo per il bene dell'individuo ma anche per quello della società... Ci alzeremo quando la libertà viene usata per dominare i deboli, per dissipare le risorse naturali e l'energia e per negare i bisogni fondamentali alle persone e reclameremo giustizia... Ci alzeremo quando i deboli, gli anziani e i morenti vengono abbandonati in solitudine e proclameremo che essi sono degni di amore, di cura e di rispetto.

venerdì 4 dicembre 2009

Contributi 195 - L’uomo ferito e il paradosso del Natale

da il Sussidiario

Laura Cioni
giovedì 3 dicembre 2009

«L’uomo oltraggiato ha le sue tenebre, come la donna». Claudel fa dire così a Pietro di Craon nel prologo dell’Annuncio a Maria.
È notte fonda e il buio è nel cielo, sulla terra e nell’anima. Lui costruttore di cattedrali, lebbroso, parte; lei, che aveva respinto la sua violenza, gli dà l’addio.
Presto l’alba sorge e rischiara le loro figure: lui accetta il suo compito, lei attende l’amore cui sembra destinata. Tutto verrà rovesciato in seguito, ma fermiamoci qui.
Non c’è vita che non abbia patito oltraggio. Bastano a dirlo i fatti di cronaca trasmessi ogni giorno dalla televisione, che resta il mezzo più popolare di informazione: vittime, colpevoli, parenti, tutti devono fare i conti con il colpo inferto al proprio senso di giustizia e con il suo conseguente buio.
Basta anche solo la conoscenza delle persone che hanno sempre vissuto nel proprio quartiere, piccolo paese dentro la grande città, quelle che si incontrano nei negozi, per la strada o in chiesa e di cui si sa quel tanto che basta e si parla ancor meno, più per riserbo che per indifferenza.
Gli schiavi di tutti i tempi, i perseguitati, gli handicappati, i poveri, i vecchi patiscono oltraggio. I mendicanti. I bambini soldato. I disoccupati. Le donne, e non occorre pensare alle martiri o alle prostitute, basta guardare la durezza, la noia, la malcelata tristezza su tanti volti femminili noti e sconosciuti, giovani e più anziani, che nessun trucco riesce a nascondere.
Anche numerosi grandi hanno patito oltraggio e a volte esso si è trasfigurato nell’arte.
Il Signore di tutti, Gesù, ha patito oltraggio, nella Passione. Ecce homo, così lo indica Pilato, con la corona di spine e vestito del mantello di porpora. Ma non solo in quei tragici giorni: quanto la sua sensibilità di uomo doveva aver patito l’oltraggio dell’incomprensione e dell’ostilità nei suoi anni terreni.
Siamo dunque in buona compagnia.
La tenebra che accompagna l’oltraggio ha molti nomi: l’orgoglio ferito, la violenza dell’ira, la pretesa della giustizia, la delusione che fiacca la voglia di riprendere progetti e relazioni, il dolore chiuso che si dispera, il lento scivolare nel vizio, la scorza di falsa autodifesa con cui si tenta di parare i colpi, la dimenticanza che avvolge nella nebbia i torti subiti, i tentativi di perdono così fragili e fugaci.
È dentro le tenebre che la voce della Chiesa fa ripetere umilmente con la certezza della verità: «O Dio, Tu sei la mia luce, mio Dio, rischiara le mie tenebre». Ripetere umilmente anche se le tenebre non si diradano e resta la notte.
E attendere con Isaia la venuta della luce: «Farò camminare i ciechi per vie che non conoscono, li guiderò per sentieri sconosciuti; trasformerò davanti a loro le tenebre in luce, i luoghi aspri in pianura».
«Dio è luce e in Lui non c’è tenebra alcuna»: anche nella notte senza stelle il Signore ascolta e prima o poi risponde.
Nella notte di Natale, nell’umiltà del presepe, Gesù ci dice tutto.
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