Questo 2010 ha già evidenziato un certa intolleranza verso ciò che è cristiano: l'attentato compiuto in Egitto il giorno 7 di gennaio, che corrisponde al Natale per i cristiani ortodossi copti che ha visto la morte di 9 persone, le scritte provocatorie a Fatima inneggianti l'islam, le persecuzioni verificatesi ad Hanoi e in Malaysia.
Di tutti questi fatti ho cercato di fornire notizia nei post precedenti.
Non si tratta ovviamente dei soli episodi di attacco a chi si professa cristiano, ci sono stati altri episodi, anche non cruenti come questi, ma tutti comunque indicano che il nome cristiano generalmente non è amato.
Sappiamo che la persecuzione da sempre accompagna i seguaci di Cristo, l'ha detto Lui stesso, aggiungendo anche "beati voi quando tutti vi perseguiteranno...".
E questo non per un amore sciocco alla persecuzione o per una masochisitica vocazione al martirio. Tutt'altro. Il cristiano ama la vita, sempre e comunque, anche quando non è bella da vedere o da sopportare. Ma il cristiano la ama ugualmente. La sua e quella degli altri.
Ma ama anche la verità. E la verità è che il senso della vita non è un qualcosa che mi posso dare da solo, che non sono io il padrone della realtà, e che quello che io sono non è riducibile a nessuna ideologia.
Con tutta la fragilità e incoerenza di cui è capace, (e che spesso sono motivo di critica, scandalo e biasimo da parte di chi si professa non credente e non riconosce nessuno al di sopra di se stesso) con tutto il suo limite, dicevo, il cristiano è consapevole che la sua consistenza, la sua identità nasca dal suo aderire a Cristo.
Il destino della esistenza di una persona e di una comunità - ha di recente ricordato Mons. Camisasca in un'omelia in occasione dell'ammissione agli ordini sacri di alcuni giovani - si gioca in quel misterioso e furtivo incontro tra la libertà di Dio e la libertà dell’uomo, ove si combatte la grande battaglia tra bene e male, che si ripete in ogni ora della storia e determina la storia dell’uomo e dei popoli molto più dei grandi consessi nazionali o internazionali.
La mia identità nasce dal mio continuo e rinnovato SI a Cristo attraverso le circostanze della vita. E il cristiano ha la certezza che Dio porta avanti il suo progetto di amore e di salvezza per l'umanità e per ognuno di noi sempre e comunque.
Ed è questa certezza che non si ferma neanche davanti al proprio male e al proprio peccato (che provoca dolore e pentimento, desiderio rinnovato di tornare a Lui, ma non dubbi sul Suo amore a noi) ad essere, secondo me, una delle ragioni dell'avversione che si ha verso il cristianesimo. In campo nazionale perchè in una società priva ormai di riferimenti certi e dove solo il proprio io e il proprio istinto sono i motori del muoversi delle persone che proclama che questo non è vero risulta "antipatico" e in campo internazionale perchè il cristiano è comunque un ostacolo a chi vuole imporre una sua visione del mondo e della realtà.
Ma ogni persecuzione ha comunque come "lato positivo" della medaglia la possibilità di farci chiedere "a che cosa noi teniamo di più nel cristianesimo" e far muovere il cuore a la preghiera verso Cristo. Per dare consistenza sempre maggiore alla nostra identità.
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Tra le braccia di Molly Malone
1 mese fa
Carissimo Andrea con questo post hai toccato un tasto molto doloroso ma anche molto essenziale. Qui si parla dell'identità del cristiano! Quello vero! Quello che non si vergogna di appartenere a Cristo. Come hai ben sottolineato, anche in questo inizio di anno c'è chi si è macchiato di orribili crimini verso il mondo cristiano...Ma da che cosa deriva tanta avversione? La storia ci insegna che le persecuzioni verso i primi cristiani avvennero perché gli ebrei detentori della fede nell'unico Dio, non riuscivano a capire e ad accettare Gesù come il Messia e tanto meno come Figlio di Dio, quindi come Dio. I romani temevano che il diffondersi delle idee cristiane potessero creare tanti proseliti e indebolire la loro autorità...Ma questo mondo attuale,che cosa teme? Dopotutto i cristiani nel mondo sono una minoranza... Ma allora si tratta di qualcosa di diverso: è sempre la Croce di Cristo che continua a rappresentare un pericolo per chi professa un'altra fede o è ateo. Il pericolo di venire in qualche modo conquistati dall'apparente debolezza di un Dio messo in croce di cui i cristiani ne sono il segno vivente. La forza che ha il cristiano di rialzarsi dopo le cadute, la forza di sopportare con amore le tante difficoltà della vita, la forza di non perdere mai la speranza, una speranza fondata proprio in quel Gesù di Nazaret messo in croce ma poi risorto. E' la certezza di trovarsi davanti ad un Dio che sa parlare d'amore. Ma l'identità di un cristiano si trova nel modo di porsi in relazione a questo Dio e al prossimo che dona alla vita una dimensione nuova: quella del servizio. "Sono venuto per servire, non per essere servito» (cf. Matteo 20, 28), essere cioè sempre a disposizione per il bene degli altri», anzi, «diventare un bene per gli altri». La differenza non è piccola: si tratta di passare dal fare qualcosa a favore dei fratelli, ad essere una persona per gli altri, come Gesù è «per noi». Questa è la vera identità del cristiano che, per chi è diverso, continua ad essere motivo di scandalo e quindi da eliminare.
RispondiEliminaMa, Come dici tu, elevare la preghiera del cuore verso Cristo è necessario per dare maggiore consistenza a questa nostra identità. E allora preghiamo!
Un carissimo saluto e ...a presto!